Referendum Grecia 2015: l’importanza della vittoria del no per Tsipras

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Il referendum in Grecia ha registrato la vittoria netta del no: con 61,3% il fronte dell’Oxi (non in greco) si è imposto sul Nai (sì), fermo al 38,7%. Piazze in festa ad Atene e il premier Alexis Tsipras che festeggia una vittoria personale e politica: ha sfidato la cosiddetta ex troika e ha vinto su tutta la linea. Il successo del no non porterà all’uscita del paese dall’Europa: lo ha chiarito lui stesso nelle prime dichiarazioni. “Abbiamo dimostrato che la democrazia non può essere ricattata. Ora chiediamo un accordo per uscire dall’austerity. Vogliamo un’Europa della solidarietà“, ha spiegato, anche perché “Il ‘no’ non è una rottura con l’Unione Europea“. Il giorno dopo, il premier greco ha ottenuto un’altra vittoria: le dimissioni a sorpresa di Yanis Varoufakis da Ministro delle Finanze, sostituito da Euclid Tsakalotos, già a capo delle delegazione durante le trattative. Una scelta, ha scritto nel suo blog, arrivata per aiutare Tsipras nelle trattative.

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Il premier greco ha giocato la carta del referendum a sorpresa. Nel momento di maggiore stallo nelle trattative, ha forzato la mano e ha rimesso la decisione al popolo greco, sapendo di rischiare molto. Vero che la popolarità del governo non ha subito cali e che Tsipras è stato scelto proprio per le sue politiche anti austerità; tuttavia, il risultato non era scontato, viste e personalità scese in campo per il sì, a partire da Jean-Claude Juncker e Martin Schulz, e la forte campagna mediatica attuata dai molti mezzi d’informazione.

Il popolo greco è quello che più ha pagato le politiche di austerity imposte da UE, Bce e FMI: la disoccupazione e la crisi di liquidità delle banche hanno reso gli ultimi tempi davvero difficili, con le code ai bancomat per prelevare al massimo 60 euro al giorno o meno, visto che i biglietti da 20 euro stanno per finire. Il tempo della pazienza è finito e la vittoria del no lo ha dimostrato anche alle autorità internazionali.

Con il voto, Tsipras ora è più forte: ha dalla sua la volontà popolare e può usarla come arma per essere più forte nei negoziati. A questo si aggiunge l’addio di Varoufakis, osteggiato da buona parte degli interlocutori internazionali per le sue posizioni e per una modalità comunicativa fuori dagli schemi. Sarà difficile per Angela Merkel e il fronte dell’austerità far finta di nulla: ora bisognerà capire come il premier greco voglia usare quest’enorme patrimonio di fiducia che i cittadini gli hanno affidato.

Il giorno del voto

Fin dalle prime ore del mattino si sono formate code ai seggi per votare . Alexis Tsipras, primo ministro e leader del partito Syriza ha votato nel suo seggio numero 661, in un quartiere nel nord di Atene e prima di inserire la scheda nell’urna ha dichiarato: ”Stiamo aprendo la strada per tutti i popoli d’Europa. Oggi la democrazie batte la paura”. Anche Varoufakis ha votato: nei giorni scorsi ha più volte annunciato che, se nel referendum vincerà il sì, si dimetterà: invece, le dimissioni sono arrivate anche con una vittoria schiacciante del no. Lascia anche il leader di Nuova Democrazia, Antonis Samaras, che ha fatto campagna per il sì. La votazione si sono svolte in maniera ordinata: per evitare disordini dopo la chiusura della consultazione, il governo ha deciso di schierare l’esercito.

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E’ stato lo stesso Alexis Tsipras a spiegare che non c’è stata altra scelta di fronte alle offerte che sono provenute dagli altri Paesi europei. A questo punto il Governo è obbligato a rispondere secondo la volontà dei cittadini. Tsipras ha spiegato ai suoi connazionali che l’Unione Europea avrebbe chiesto di accettare dei pesi insopportabili, che secondo lui avrebbero aggravato la situazione del mercato del lavoro e avrebbero determinato anche un aumento delle tasse.

LEGGI IL DISCORSO INTEGRALE DI ALEXIS TSIPRAS ALLA NAZIONE DEL 26 GIUGNO (PDF)

L’Eurogruppo avrebbe rifiutato di prorogare il programma di aiuti e quindi al Premier greco non è restata altra possibilità che far svolgere un referendum. Tsipras è stato molto duro sulle proposte arrivate dai creditori, che ha definito offensive.

Per cosa si votava

Il quesito referendario proposto ai cittadini greci il 5 luglio verteva su un punto: “Deve essere accettato il piano di compromessi proposto dalla Commissione europea, il Fondo Monetario internazionale e la Bce all’Eurogruppo del 26 maggio 2015, composto da due documenti che costituiscono l’intera offerta? Il primo documento si intitola Riforme per il completamento del programma corrente e oltre, il secondo Analisi preliminare della sostenibilità del debito”. I greci avrebbero dovuto votare sì per accettare le misure di austerità proposte dall’Eurogruppo il 25 giugno. Invece, hanno votato per il no, rifiutando queste misure. In ogni caso, non si tratta di uscire dall’eurogruppo: è stato l’ormai ex ministro Varoufakis a spiegare che non è stato un referendum sull’euro, perché questo violerebbe una legge europea.

Perché si votava

I greci sono chiamati a fare sentire la loro voce sulle misure di austerità proposte dall’Unione Europea per fare in modo che la Grecia possa saldare la situazione di debito nella quale si è venuta a trovare. Il Premier Alexis Tsipras ha detto che queste proposte giunte dall’Eurogruppo non possono essere accettate senza interpellare la volontà dei cittadini.

Nel frattempo il Premier ha varato un piano di assistenza agli indigenti, che costerà 200 milioni di euro.

Le file ai bancomat

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Di fronte alla proposta del referendum, i cittadini greci hanno reagito con la corsa all’accaparramento dei contanti. Molti cittadini si sono precipitati a ritirare soldi dai bancomat, temendo che nel giro di poco tempo la situazione possa precipitare. In poco tempo dalle banche della Grecia sono stati ritirati fondi pari a 700 milioni di euro.

Nel frattempo le banche greche continuano ad avere accesso ad un meccanismo di liquidità di emergenza messo in atto dalla Banca Centrale Europea, ma a breve, se Atene non dovesse riuscire a risarcire una maxi rata da 1,6 miliardi di euro al Fondo Monetario Internazionale, questo canale della BCE potrebbe essere chiuso e i contanti finirebbero. La polizia ha messo dei cordoni di sicurezza intorno ai bancomat, anche se non sarebbero stati registrati disordini. Tanti i cittadini che hanno fatto anche le code davanti ai supermercati, per fare scorte di beni di prima necessità, nell’eventualità che anche essi possano venire a mancare.

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