Calabria, ragazza violentata per anni dal branco: ‘Se l’è andata a cercare’

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“Sono vicina alle famiglie dei figli maschi. Per come si vestono, certe ragazze se la vanno a cercare”, questa è la frase shock pronunciata da una donna di Melito di Porto Salvo. La signora faceva riferimento alla vicenda della 13enne violentata ripetutamente per tre anni da un branco di ragazzi nel comune calabrese. Una parte di Melito probabilmente la pensa esattamente come la signora che ha rilasciato questa dichiarazione al TgR. Alla fiaccolata in onore dell’ormai 16enne vittima degli abusi hanno partecipato poche persone.

La 13enne è stata condotta in luoghi appartati e violentata ripetutamente a turno, per ben tre anni. Erano in otto, l’andavano a prendere all’uscita della scuola e abusavano di lei. Ma loro non hanno colpe no, la colpa è tutta della ragazza. E’ l’insensata visione di alcune persone sulla vicenda. Tra gli arrestati Giovanni Iamonte, figlio di un boss della ’ndrangheta, Antonio Verduci, figlio di un maresciallo dell’esercito e Davide Schimizzi, fratello di un poliziotto.
Alla fiaccolata in piazza davanti alla stazione c’erano quattrocento persone, molte arrivate da altri paesi. Poche presenze se si pensa agli oltre 10 mila residenti del comune calabrese. Commenti del tutto fuori luogo arrivano anche dal parroco Benvenuto Malara che in piazza, davanti alle telecamere ha dichiarato: “Purtroppo corre voce che questo non sia un caso isolato. C’è molta prostituzione in paese”.

“Purtroppo mi aspettavo questo tipo di partecipazione”, ha detto il padre della ragazza durante la fiaccolata. “Tante volte avrei voluto andarmene da questa situazione. Non mi piace usare la parola schifo, perché a Melito ci sono cresciuto. Ma se potessi, certo, se non avessi il lavoro, prenderei mia figlia e la porterei lontana. Abbiamo cercato solo di difenderci”. Il papà della vittima sente anche la necessità di giustificarsi, è l’assurdo effetto provocato da alcuni suoi concittadini.
Probabilmente i genitori temevano la reazione del piccolo comune tanto che, quando la ragazza ha scritto un tema sulla sua famiglia e incalzata dalla mamma le ha raccontato gli abusi subiti, la famiglia della vittima ha scelto la strada del silenzio. Non hanno protetto la figlia perché “la rivelazione dei fatti avrebbero provocato un discredito della famiglia e forse avremmo dovuto andare ad abitare in un altro paese”. Anche la cugina, cui la giovane vittima aveva rivelato tutto, ha scelto di tacere. A salvare l’adolescente dal circolo di omertà che l’ha circondata per molto tempo sono state le professore.

“Se l’è cercata”, oppure “ci dispiace per la famiglia, ma non doveva mettersi in quella situazione” e ancora “sapevamo che era una ragazza movimentata, una che non sa stare al suo posto”, è così che una parte di Melito commenta quanto accaduto. “Mancanza di sensibilità” l’ha definita il procuratore capo di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho. A Melito di Porto Salvo si è assistito a un’insensata inversione di ruoli dove gli aguzzini diventano vittime, la ragazza ha dovuto subire anche questa.

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