Radovan Karadzic: condannato a 40 anni per genocidio

Karadzic

Dopo un processo durato 6 anni, Radovan Karadžić, ex presidente della Repubblica Serba di Bosnia, è stato condannato a quarant’anni di carcere, per aver commesso crimini di guerra, crimini contro l’umanità e per aver avuto un ruolo di rilievo nel genocidio dei musulmani bosniaci, avvenuto tra il 1992 e il 1995.

Radovan Karadzic è stato dunque ritenuto colpevole del massacro di Srebrenica del 1995, la strage più grave che l’Europa abbia conosciuto dalla fine della Seconda guerra mondiale, dell’assedio di Sarajevo, della persecuzione dei cittadini non serbi sul territorio bosniaco e di aver utilizzato 284 caschi blu dell’Onu come scudi umani.

In sintesi, l’ ex leader serbo è stato condannato per dieci degli undici capi d’accusa. L’unica imputazione, per la quale non è stato ritenuto colpevole, per insufficienza di prove, è quella relativa all’accusa di genocidio in sette diversi villaggi della Bosnia.

Nel corso del processo Radovan Karadzic ha respinto ogni tipo di accusa, chiedendo altresì dei riconoscimenti ‘per le cose buone’, che avrebbe compiuto. A sua discolpa, ha dichiarato: ‘Ho fatto tutto quello che potevo per evitare la guerra e non ho mai pensato che si potesse verificare un genocidio’. Ha poi aggiunto che ai tempi della strage, non era mai venuto a conoscenza del fatto che migliaia prigionieri di fede musulmana fossero stati uccisi. Infine ha contestato, nello specifico, proprio la definizione di ‘genocidio’ formulata dall’accusa a suo carico, poiché, a suo dire, dietro alla strage non esisteva alcun piano organizzato per eliminare del tutto i bosniaci musulmani: ‘Nessuno tra i leader serbi voleva fare del male a musulmani o croati’.

Radovan Karadzic

Ex Jugoslavia, oggi all'Aia sentenza per Radovan Karadzic

Radovan Karadžić è nato, nel 1945, a Petnjica, un villaggio montenegrino. A 15 anni si trasferì con la famiglia a Sarajevo, dove più tardi conseguì una laurea in psichiatrica. Negli anni ’80 iniziò a lavorare dapprima all’ospedale Koševo di Sarajevo, poi all’ospedale di Vozdovac, uno dei quartieri di Belgrado. E’ sposato con Ljiljana Zelen, anche lei psichiatra, dalla quale ha avuto due figli di nome Sasa e Sonja.

Nel 1985 venne condannato a 3 anni di prigione per frode e appropriazione indebita. Nel 1989 partecipò alla fondazione del Partito Democratico Serbo in Bosnia. A quell’epoca scriveva poesie e aveva il vizio del gioco d’azzardo. Poco dopo venne nominato leader del neo costituito Partito democratico serbo (Sds), a suo dire per volontà del presidente jugoslavo Slobodan Milosevic.

A quel punto, decise di appoggiare il disegno di Milosevic di dar vita ad una ‘Grande Serbia’. Il 12 maggio 1992 venne eletto presidente dell’autoproclamata repubblica serba di Bosnia. E’ allora che iniziò a dare sfogo alla sua natura più cruenta, diventando il simbolo di uno dei capitoli più terribili della guerra: dall’eccidio di più di 8.000 musulmani di Srebrenica nel 1995, ai ripetuti attacchi a Sarajevo, ai campi di concentramento di Prijedor, senza contare le inenarrabili torture, gli stupri e la cosiddetta pulizia etnica in tutta la Bosnia.

Prima della fine della guerra, il 25 luglio 1995, venne accusato di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità per azioni compiute tra l’aprile del 1992 e il luglio del 1995. Radovan Karadžić non si curò minimamente del mandato d’arresto e rimase con la sua famiglia. Anche quando in Bosnia vennero inviati 60.000 soldati della Nato con il solo compito di arrestarlo.

Il 27 giugno 1996, ha preso il via, all’Aja, il processo in contumacia, mentre viene emesso un secondo mandato di cattura. A quel punto, Karadzic, non ha altra scelta che abbandonare ogni suo incarico pubblico e diventa latitante. Prima dell’arresto, riesce a sfuggire diverse volte alla Nato. Dopo ben 12 anni di latitanza, il 21 luglio 2008, viene finalmente arrestato a Belgrado, dove viveva da tempo sotto mentite spoglie: con la sua lunga barba e i capelli bianchi impartiva lezioni di medicina alternativa.

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