Puzza di fritto in casa dei vicini, è reato

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Attenzione a cucinare troppo spesso patatine o fritture di pesce, potreste incorrere in un reato se abitate in un condominio. La Cassazione ha infatti condannato i proprietari di un appartamento, con sentenza 1446/017, per ‘molestie olfattive’. Un reato inquadrato nel ‘getto pericoloso di cose’, articolo 674 del Codice penale. La Suprema Corte, in realtà, non ha fatto altro che confermare la condanna dei primi due gradi di giudizio. Ma ora questa sentenza è destinata a fare giurisprudenza.

Vediamo come si è arrivati a questa decisione. I proprietari di uno stabile sono stati accusati dai condomini residenti al terzo piano di aver provocato continue immissioni di fumi, odori e rumori molesti provenienti dalla loro cucina. Gli accusati si sono difesi parlando di un problema che partiva da lontano – le continue dispute con i vicini – e che con la puzza di frittura aveva poco a che fare, dunque. Niente da fare, la Cassazione non ha ribaltato la decisione dei primi due tribunali.

Gli imputati sono stati dunque dichiarati colpevoli di ‘getto pericoloso di cose’, anche se è complicato pensare agli odori come oggetti. La contravvenzione prevista dall’articolo 674 del Codice penale si è abbattuta come una scure su padelle e forchette. “E’ configurabile anche nel caso di molestie olfattive, a prescindere dal soggetto emittente con la specificazione che quando non esiste una predeterminazione normativa dei limiti delle emissioni, si deve aver riguardo, al criterio della normale tollerabilità di cui all’articolo 844 c.c.”. Va da sé che, in questo caso, la tollerabilità è stata considerata superata. Il ricorso dei proprietari è stato dunque respinto: con le loro fritture, sono stati molesti.

I nasi dei vicini del terzo piano respirano. Per gli amanti del fritto, colesterolo a parte, c’è la possibilità di incorrere ora in un’ammenda fino a 206 euro e nell’arresto fino a un mese. Il codice penale parla chiaro: “Chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone”. Ma anche chi “provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti”.

Il reato c’è se, anche con le finestre chiuse, l’odore raggiunge l’interno dell’appartamento, impuzzolendo i muri interni, le tende e i vestiti. Se la puzza arriva solo nelle ore dei pasti e il vicino la può evitare, chiudendo i vetri, non è reato. Si tratta comunque di un ‘fatto tenue’, per il quale la legge consente il perdono. Il colpevole non subisce la punizione, ma conserva la fedina penale macchiata (di olio, probabilmente). Può essere citato per il risarcimento dei danni e basta. A meno che non sia recidivo.

E’ altrettanto chiaro che i vicini difficilmente mangeranno una frittura di pesce allo stesso tavolo. Magari per fare la pace.

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