Primo Levi, frasi celebri sulla guerra e sul razzismo

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Per ricordare Primo Levi ecco alcune delle sue frasi celebri sulla guerra e sul razzismo. Nato a Torino il 31 luglio del 1919, Primo Levi è stato uno dei testimoni più importanti dello scempio perpetrato dai nazisti nei confronti degli ebrei. Nel suo romanzo più famoso, Se questo è un uomo, considerato ormai un classico della letteratura mondiale del Novecento, lo scrittore racconta, con vivida lucidità, gli orrori patiti nel campo di concentramento di Auschwitz, a cui riuscì miracolosamente a sopravvivere per una serie di circostanze che lui stesso definì fortunate. Tornato in Italia dopo un anno nel lager, dedicò il resto della vita a raccontare le atrocità che aveva visto e subito. Per non dimenticare uno dei testimoni fondamentali di ciò che rappresentò per il mondo l’Olocausto, ecco una selezione di frasi celebri, sul razzismo e sulla guerra, di Primo Levi.

La nostra breve selezione di frasi celebri con cui Primo Levi ci ha parlato di guerra e di razzismo, non poteva non cominciare con i primi versi della poesia Se questo è un uomo, preludio all’omonimo romanzo con cui lo scrittore invita tutti a riflettere sullo sterminio degli ebrei ad opera dei nazisti:

– ‘Voi che vivete sicuri nelle vostre tiepide case, voi che trovate tornando a sera il cibo caldo e visi amici: considerate se questo è un uomo, che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per mezzo pane, che muore per un sì o per un no…’

E ancora, sulle leggi razziali:

– ‘Le leggi razziali furono provvidenziali per me, ma anche per gli altri: costituirono la dimostrazione per assurdo della stupidità del fascismo. Le leggi razziali erano il sintomo di una carnevalata: si era ormai dimenticato il volto criminale del fascismo (quello del delitto Matteotti, per intenderci): rimaneva da vederne quello sciocco.’

Primo Levi nacque a Torino nel ’19 da una famiglia di origine ebrea. Dopo la laurea in chimica, ed una breve esperienza lavorativa a Milano, si unì ad un nucleo partigiano antifascista di stanza in Valle d’Aosta. Poco dopo, nel dicembre del ’43, venne arrestato dai nazifascisti.

– ‘E’ ingenuo, assurdo e storicamente falso ritenere che un sistema infero, qual era il nazionalsocialismo, santifichi le sue vittime: al contrario, esso le degrada, le assimila a sé, e ciò è tanto più quanto più esse sono disponibili, bianche, prive di un’ossatura politica o morale. Da molti segni, pare che sia giunto il tempo di esplorare lo spazio che separa (non solo nei Lager nazisti!) le vittime dai persecutori.’

Il 22 febbraio del ’44 Primo Levi, insieme ad altri 650 ebrei, fu condotto nel campo di Monowitz, uno dei tre campi principali che formavano il complesso di Auschwitz. Qui rimase circa un anno, fino alla Liberazione ad opera dell’Armata Rossa, il 27 gennaio del ’45.

Lo scrittore torinese sopravvisse miracolosamente agli orrori vissuti nel lager e una volta tornato in Italia, nel ’47, diede alle stampe la sua prima opera di narrativa: Se questo è un uomo, uno scarno quanto lucido e dettagliato resoconto di ciò che aveva visto e subito ad Auschwitz. Tra le frasi celebri in cui racconta gli orrori della guerra, queste di seguito sono tra le più incisive:

– ‘Devo dire che l’esperienza di Auschwitz è stata tale per me da spazzare qualsiasi resto di educazione religiosa che pure ho avuto. […] C’è Auschwitz, quindi non può esserci Dio. Non trovo una soluzione al dilemma. La cerco, ma non la trovo’.

– ‘L’Olocausto è una pagina del libro dell’Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria’.

– ‘Il fascismo non era soltanto un malgoverno buffonesco e improvvido, ma il negatore della giustizia; non aveva soltanto trascinato l’Italia in una guerra ingiusta ed infausta, ma era sorto e si era consolidato come custode di un ordine e di una legalità detestabili, fondati sulla costrizione di chi lavora, sul profitto incontrollato di chi sfrutta il lavoro altrui, sul silenzio imposto a chi pensa e non vuole essere servo, sulla menzogna sistematica e calcolata’.

Tra le frasi celebri di Primo Levi vale la pena citare il commento che lo scrittore fece a proposito di Se questo è un uomo, l’opera che sancisce, di fatto, il suo esordio in narrativa:

– (Il libro) ‘era nato fin dai giorni di lager, per il bisogno irrinunciabile di raccontare agli altri, di fare gli altri partecipi.’

Il romanzo venne pubblicato per la prima volta nel ’47, dopo che diverse Case Editrici avevano rifiutato di darlo alle stampe. Dagli anni Sessanta in poi conobbe un successo straordinario, venne tradotto in 40 lingue e pubblicato in tutto il mondo.

E ancora, tra le frasi celebri di Primo Levi sul razzismo e sulla guerra:

– ‘Ognuno è ebreo di qualcuno. Oggi i palestinesi sono gli ebrei di Israele’.

– ‘Sarà bene ricordare a chi non sa, ed a chi preferisce dimenticare, che l’olocausto si è esteso anche all’Italia, benché la guerra volgesse ormai alla fine, e benché la massima parte del popolo italiano si sia mostrata immune al veleno razzista.’

– ‘Quando c’è la guerra, a due cose bisogna pensare prima di tutto: in primo luogo alle scarpe, in secondo alla roba da mangiare; e non viceversa, come ritiene il volgo: perché chi ha le scarpe può andare in giro a trovar da mangiare, mentre non vale l’inverso’.

– ‘Distruggere l’uomo è difficile, quasi quanto crearlo: non è stato agevole, non è stato breve, ma ci siete riusciti, tedeschi’.

– ‘Se dall’interno dei Lager un messaggio avesse potuto trapelare agli uomini liberi, sarebbe stato questo: fate di non subire nelle vostre case ciò che a noi viene inflitto qui.’

– ‘Comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre’.

Primo Levi venne trovato morto, nell’aprile del 1987, sulla tromba delle scale della sua casa a Torino. Resta il dubbio se la morte sia stata accidentale (dovuta ad una caduta) o se si sia trattato di suicidio.
Dopo le sue frasi celebri, infine, vale la pena citare anche alcune delle sue opere più famose, come La tregua (che racconta il viaggio di ritorno in Italia dopo Auschwitz), Storie naturali, Vizio di forma, Il sistema periodico e una raccolta di poesie dal titolo L’osteria di Brema.

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