Poliziotti negli stadi pagati dalle società di calcio? Sono servitori, non servi

«Gli straordinari delle forze dell’ordine impegnate negli stadi devono essere pagati dalle società di calcio, non dai cittadini». Lo ha scritto il Premier Matteo Renzi via Twitter. Ecco verrebbe da dire, ci risiamo. Si perché questo proclama era già stato fatto e numerose volte in passato ma era appunto rimasto uno slogan. Poi la nostra politica, scimmiottando gli inglesi, ma solo nelle parti più convenienti e facilmente copiabili, si sono inventati alcuni provvedimenti tampone e la figura dello “steward” esiliando le Forze dell’Ordine all’esterno delle strutture. «Niente divise negli impianti», si era detto.

Di colpo i nostri ultrà, per decreto, sarebbero diventati gentleman nelle intenzioni di un legislatore che come al solito, aveva dovuto rammendare la normativa, cucendola ad hoc su un vestito fatto a misura per società, gestori degli impianti e la politica.

Daspo, chiusura delle curve, gare a porte chiuse non hanno però eliminato o assottigliato il problema, anzi, in taluni casi si è verificato l’esatto contrario.

Mancanza di spazi adeguati all’interno delle strutture sportive, come – ad esempio – le celle ove rinchiudere immediatamente i fermati, sale per interrogatori immediati, giudizi tempestivi, rendono ancora più complicata la situazione già di per sé caotica.

Ma non è solo questo: gli addetti alla sicurezza interna, (steward) malpagati, male addestrati e per nulla equipaggiati, di fatto rappresentano una figura priva di autorità e sulle scelte di tali figure, operate nella maggior parte dei casi da società esterne, si dovrebbe vigilare meglio per garantire regolarità ed evitare indebite intrusioni o collusioni.

Tutto questo ovviamente ricade sulle società o sui gestori che, nonostante gli introiti percepiti da vendita biglietti, tesseramenti, pubblicità, marketing, sponsor e diritti tv, si dicono oberati da debiti e responsabilità. E allora perché è stato posto l’indice nella loro direzione?

Probabilmente perché ai debiti, reali e frutto non di rado di cattive gestioni manageriali, si contrappone un senso di responsabilità limitato, anzi in molti casi nullo. Negoziano con le tifoserie fornendo appoggi, biglietti, contratti per il controllo dei parcheggi, di siti per la ristorazione, dei servizi di accompagnamenti e tutela vip, risorse per le trasferte, le coreografie e quant’altro.

Se così non fosse, non si capisce perché negli stadi sempre più frequentemente, nel corso di manifestazioni (anche prima o dopo) in caso di disordini in atto o anche solo minacciati, intervengono dei figuri che “parlano e trattano” con i giocatori o con i dirigenti al fine di calmare gli animi e garantire il corretto svolgimento della gara. Chi li ha investiti di tale carica? La Polizia no di certo. E allora?

Che paghino anche la sicurezza ma nella misura in cui è fornita e non come reciterebbe il decreto in esame. In caso di regolarità va bene una percentuale minima sugli incassi, ma qualora si verificano situazioni di criticità – quali scontri, violenze e vandalismi – allora è giusto che paghino gli uomini in divisa per l’apporto dato, con la previsione di una voce di spesa eventuale per danneggiamento mezzi, ferimenti, contusioni, costituzioni di parte civile e parcelle difensive in caso di incriminazioni.

Si perché anche questo tassello è importante al fine di garantire serenità a chi opera, spesso additato come “picchiatore” grazie a una stampa non sempre benevola o obiettiva.

Se un poliziotto eccede dolosamente, sono il primo a puntare il dito, ma se accade nel contesto di scontri violenti allora il discorso cambia perchè entra in gioco anche l’emotività, la conservazione e la difesa dell’integrità fisica. Molto spesso in questi casi, si vede solo quello che si vuole vedere chiudendo non uno ma due occhi su tutto quello che c’è intorno, senza addentrarsi in una debita analisi. E questa non è disinformazione ma cattiva informazione.

E per finire, in via generale, perché non si pensa a ingaggiare, finalizzato e limitato allo scopo, ex appartenenti delle Forze dell’Ordine in quiescenza, ancora validi e attivi, per meglio preventivare o affrontare criticità? Presso le Questure vi sono gli elenchi e i curriculum di ognuno di loro. Un’altra maniera di rivitalizzare operatori che hanno lasciato ma che sarebbero pronti a porsi a disposizione, come recita il loro dna. Costo minimo, ricavo certo.

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