Pensioni più alte dal 2019: cambia il meccanismo di rivalutazione delle pensioni

pensione rivalutazione

Sul tema rivalutazione pensioni ci sono novità per i prossimi anni. Mentre le pensioni nel 2018 torneranno a crescere – anche se in maniera leggera – per via del meccanismo automatico di adeguamento delle pensioni all’inflazione (cioè al tasso di inflazione comunicato dall’Istat nel suo indice dei prezzi al consumo), dal 2019 diciamo addio al blocco delle perequazioni delle pensioni più ricche. Il meccanismo che prevede il sistema di rivalutazioni che penalizza le pensioni più alte scadrà infatti alla fine del 2018. Vediamo allora le novità sui tassi di rivalutazione delle pensioni dal primo gennaio 2018 e come cambia il meccanismo di rivalutazione delle pensioni previsto dalla Legge Fornero, con l’aumento delle rivalutazioni sulle pensioni superiori a 3 volte il minimo e il recupero dell’inflazione per scaglioni, in vigore dal primo gennaio 2019.

Rivalutazione pensioni: le novità del 2018 e del 2019

Stop al blocco della rivalutazione delle pensioni. Il meccanismo di rivalutazione automatica delle pensioni in base all’inflazione è rimasto bloccato per due anni, ma dopo un lavoro di analisi e verifica – anche sulla composizione del paniere che è alla base della rivalutazione pensionistica – a partire dal 1° gennaio 2018 si cambia. La rivalutazione sarà pari all’1,1% sull’importo base, ossia sulle pensioni minime Inps, il cui assegno passa da 501,89 a 507,41 euro mensili. Inoltre si sta verificando la possibilità di far recuperare ai pensionati una parte di quanto perso con una rivalutazione una tantum del montante contributivo, così come previsto dall’accordo già firmato. A occuparsi di questo nuovo meccanismo sulle pensioni un’apposita commissione mista collegata a Eurostat, composta da ministero del Lavoro, sindacati, Inps e Istat.

Attenzione, però, va ricordato che con l’arrivo del 2019 si torna alle vecchie rivalutazioni sulle pensioni per gli assegni superiori a 3 volte il minimo cioè per le pensioni maggiori di 1500 euro circa. In pratica si ‘concede’ un leggero vantaggio per le pensioni più alte rispetto ad oggi: infatti fino al 2018 avranno la rivalutazione al 45% su tutto l’importo.

Questo vuol dire che solo le pensioni fino a tre volte il trattamento minimo otterranno l’aumento dell’1,1% con l’arrivo del 2018. Per tutte le altre tipologie di pensioni le cose cambiano diversamente. Vediamo come.

COS’E’ LA PEREQUAZIONE E COME FUNZIONA LA RIVALUTAZIONE DELLE PENSIONI
La perequazione delle pensioni è l’adeguamento dell’importo del trattamento all’inflazione. Va detto che dal 2011 l’adeguamento, o rivalutazione, della pensione in misura pari al 100% dell’inflazione, è stato applicato soltanto per le pensioni d’importo sino a 3 volte il minimo. Dal 2014 però, sull’intero importo della pensione si applica un adeguamento al costo della vita, quindi, il meccanismo di rivalutazione segue questo schema: per le pensioni fino a 3 volte il minimo, l’adeguamento è pari al 100%; per le pensioni oltre 3 e fino a 4 volte il minimo è del 95%; per le pensioni oltre 4 e fino a 5 volte il minimo è del 75%; per le pensioni oltre 5 e fino a 6 volte il minimo è del 50%; per le pensioni oltre 6 volte il minimo risulta del 45%.

L’INPS ha reso noti i coefficienti di rivalutazione delle pensioni, che determinano dunque determinati aumenti, nello specifico avremo un tasso di rivalutazione dell’1,1% per le pensioni fino a 3 volte il minimo, ossia per assegni pensionistici di importo pari a 1.522,23 euro mensili. Il tasso di rivalutazione è pari all’1,045% per le pensioni fino a 2.029,64 euro mensili (cioè per quelle da 3 a 4 volte il minimo). Il coefficiente di rivalutazione è pari allo 0,825% per le pensioni fino a 2.537,05 euro al mese (cioè quelle da 4 a 5 volte il minimo), che scende a 0,55% per quanto riguarda le pensioni da 5 a 6 volte l’importo base (ovvero fino a 3.044,46 euro al mese). Infine il coefficiente di rivalutazione delle pensioni scende a 0,485% per gli assegni previdenziali mensili superiori a 6 volte il minimo.

Di seguito proponiamo ai nostri lettori alcuni esempi di calcolo delle rivalutazioni delle pensioni minime INPS, come da nuovo decreto. Se il cittadino percepisce una pensione minima lorda mensile di 1.000 euro, l’aumento dell’1,1% sarà di 11 euro, con una pensione di 1.600 euro l’aumento dell’1,045% sarà di 16,72 euro, con una pensione di importo pari a 2.100 euro, l’aumento mensile di 0,825% è pari a 17,33 euro. E così via. Dal 2019 l’adeguamento pieno delle pensioni all’inflazione sarà concesso anche ai pensionati che percepiscono assegni più ricchi.

RIVALUTAZIONE PENSIONI INPS 2014-2015: QUANTO BISOGNA RESTITUIRE?
Dal 2019, in assenza di nuove leggi in proposito, si tornerà al vecchio meccanismo meno penalizzante per le pensioni medio alte, un sistema delle rivalutazioni delle pensioni INPS che funzionava per fasce, o scaglioni. Ossia, le fasce di importo fino a 3 volte il trattamento minimo saranno rivalutate in misura pari al 100% dell’inflazione; per le fasce d’importo tra 3 e 5 volte il minimo si applica il 90% dell’inflazione; per le fasce d’importo superiore a 5 volte il minimo si applica il 75% dell’inflazione.

Dai dati emerge che il vantaggio è percepibile per chi ha diritto a una pensione superiore a 3 volte il minimo. Infatti, se prendiamo ad esempio una pensione pari a 1.800 euro, la rivalutazione pari al 100% dell’inflazione sarà applicata ai primi 1500 euro (ossia 3 volte il minimo), mentre sulla cifra eccedente il trattamento minimo si applicherà una rivalutazione pari al 90% dell’inflazione (invece del 95% dell’inflazione sull’intero importo della pensione).

Per quanto riguarda le rivalutazioni del 2014 e del 2015, è risultata una eccedenza nei pagamenti pensionistici, dovuta a una maggiore rivalutazione degli assegni concessa negli scorsi anni. I calcoli delle pensioni INPS nel 2014-2015 sono stati effettuati seguendo un indice di rivalutazione provvisorio (0,3%), mentre quello definitivo è risultato leggermente inferiore (0,2%). Per questo motivo una parte di pensionati dovrà procedere al rimborso all’Ente della quota eccedente.

Con il 2019, dunque, i pensionati che hanno ottenuto ‘soldi in più’ dovranno restituire quanto dovuto all’INPS in base ai nuovi calcoli. La cifra si aggira sui 15/20 euro e sarà trattenuta direttamente sulla pensione dalla stessa Inps.

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