Patente sospesa perché gay, ora verrà risarcito dallo Stato con 100mila euro

Patente sospesa perché gay

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Gli avevano sospeso la patente perché gay e ora dovranno risarcirlo con una somma non inferiore a 100mila euro. La Corte d’appello civile di Palermo ha dato ragione a Danilo Giuffrida, oggi 35 anni, che nel 2005 si vide sospesa la patente perché dichiarò di essere omosessuale durante la visita di leva. Allora il giovane commerciante decise di portare in tribunale il Ministero della Difesa e dei Trasporti, ottenendo dal Tar una sospensiva visto che “le preferenze sessuali non influiscono in alcun modo sulla capacità del soggetto di condurre con sicurezza veicoli a motori”. Ora, a distanza di 13 anni arriva la parola definitiva e un risarcimento di 100mila euro.

La Corte d’appello civile di Palermo aveva riformato la decisione dei giudici di secondo grado di Catania che, il 10 aprile del 2011, avevano confermato la sentenza del Tribunale del 2008 ma riducendo da 100 a 20mila euro il risarcimento.

La Cassazione, su ricorso dell’avvocato Giuseppe Lipera, ha annullato con rinvio la sentenza sull’entità del risarcimento sottolineando “la gravità del comportamento” dei due ministeri visto che “l’identità sessuale è da ascrivere” al “diritto costituzionale inviolabile della persona” e che Giuffrida è stato vittima di “un vero e proprio e intollerabilmente reiterato comportamento di omofobia”. Per i giudici di Palermo “una somma inferiore ai 100mila euro non sarebbe idonea al ristoro dei pregiudizi subiti”.

“È una vittoria non personale del singolo ma di tutti coloro che ogni giorno sono costretti a sopportare condotte intollerabili che offendono la dignità della persona e dell’individuo, i quali non devono subire discriminazioni in base alle proprie scelte sessuali, specie se tali comportamenti provengono dalle Istituzioni Pubbliche nell’esercizio delle loro funzioni amministrative”, si legge in una nota diffusa da Danilo Giuffrida e il suo legale.

“Speriamo che questa sentenza, ma soprattutto quella della Corte di Cassazione sia un monito non soltanto per le Amministrazioni, ma per qualsiasi rappresentazione della società, sia essa privata o pubblica, in maniera da rendere eguali i diritti della persona e del cittadino, senza subire discriminazioni di nessun tipo, siano esse di genere, siano esse di altra natura, ma sempre di sprezzante riluttanza al nostro senso etico, morale e giuridico”.

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