Partito Democratico e matrimoni gay: la missione di Daniele Viotti [INTERVISTA]

Daniele-Viotti

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Si chiama Daniele Viotti e quando un politico del Partito Democratico incrocia la sua strada sa che passerà dei brutti momenti. Non è un contestatore, è semplicemente un cittadino che pone domande e che pretende risposte. Armato di videocamera chiede al politico di turno quale sia la sua posizione in merito alle unioni gay.
Viotti è un iscritto al PD ed è un esponente dell’associazione gay di Torino Quore. Con alcuni amici ha dato il via a Vorrei ma non posso, una campagna di comunicazione sul matrimonio gay.
Questa volta l’incubo dei politici del PD non porrà domande, ma dovrà rispondere. Di seguito la nostra intervista.

Daniele, da elettore del PD come valuti la candidatura alle primarie di Matteo Renzi?

Nei confronti di Renzi mi pongo con lo stesso atteggiamento che ho verso Bersani: aspetto di conoscere nel dettaglio i contenuti del suo programma. Finora non ho sentito granché. Il mio metro di giudizio si baserà soprattutto su quello che gli sentirò dire in materia di diritti civili.

Parliamo di matrimoni gay: secondo te quale politico “vorrebbe ma non può”?

Tanti vorrebbero manifestare un’apertura verso questo argomento. Ma non possono per paura di perdere qualche voto o per paura che l’elettorato non sia ancora pronto. Eppure secondo me la base del Pd è più avanti dei politici che vorrebbero rappresentarla. Ti faccio un esempio: recentemente il mio movimento ha proposto un sondaggio sui matrimoni gay. Ebbene, il 70% di chi ha risposto si è dichiarato favorevole.

Cosa chiedete alla politica?

Uguaglianza. Vogliamo ricevere lo stesso trattamento delle coppie eterosessuali. Siamo cittadini italiani e tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge. Non capisco quindi il perché di questa discriminazione sul matrimonio.

La sensazione è che alcuni temano che le coppie gay possano portare a un’apertura verso le adozioni. Che ne pensi?

Questo delle adozioni è un falso problema. Secondo le stime in Italia circa 100.000 bambini fanno parte di famiglie omogenitoriali. Si tratta di prendere atto di una realtà che già esiste. La politica può anche decidere di non darci i diritti che ci spettano. Ma non può impedire a una persona omosessuale di fare un figlio. Figlio che va tutelato. E che senso ha che un gay possa procreare, ma non adottare?

Angela Merkel ha invitato gli omosessuali a fare coming out. Anche Obama è sensibile all’argomento. Perché in Italia tira un’aria diversa?

E’ lo stesso discorso di prima: in Italia c’è paura. I politici hanno paura che l’opinione pubblica non sia pronta e quindi temono di perdere voti. E poi hanno paura di perdere l’appoggio del Vaticano. Sia chiaro, non ce l’ho con la Chiesa: il Vaticano farà sempre da freno nel campo dei diritti dei gay, su questo non ci si deve stupire. Il problema è che la politica ha tradito il proprio ruolo. Io mi interesso di politica da molti anni. Vengo dal Pds, poi sono transitato per i Ds e ora sono approdato al Pd. I grandi vecchi ci hanno insegnato che il dovere della politica è educare i cittadini e far crescere la società. Ecco, il Pd ha tradito questa missione.

Esattamente un anno fa qualcuno pubblicava una lista di politici gay e omofobi. Come vedi questo genere di outing coatto?

Questi tipi di outing forzati non mi piacciono affatto. Chi cerca prove sull’omosessualità di qualcuno per costringerlo a fare outing farebbe meglio, piuttosto, ad adoperarsi affinché la gente trovi le condizioni per fare un sereno coming out. Quell’operazione è stata decisamente sgradevole.

In questi link maggiori informazioni sulle iniziative di Quore e della campagna Vorrei ma non posso.

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