Parcheggio per disabili, l’occupazione abusiva dei vigili provoca un caso

parcheggio disabili

L’occupazione abusiva dei parcheggi per disabili è uno tra i comportamenti più incivili nel bestiario automobilistico; perché non solo ruba il diritto di qualcun altro a parcheggiare, ma lo ruba a chi ha gravi problemi di movimento, causandogli così un ulteriore peggioramento della sua già critica condizione. Il fatto è ancora più grave quando gli abusivi sono dei pubblici ufficiali. E’ accaduto molte, troppe volte. Tuttavia è recentemente salito alle cronache un episodio molto controverso, che coinvolge soprattutto gli eccessi dei social network. Vediamo di che si tratta.

La notizia è stata riportata dal quotidiano Il Gazzettino, nella sezione on line della cronaca di Treviso. Su Facebook c’è un profilo chiamato “Fotografa l’impostore”. Ospita appunto foto e segnalazioni di parcheggi occupati abusivamente, soprattutto ma non solo da parte di veicoli appartenenti ad enti pubblici. Lo scorso marzo, scrive il giornale veneto, era stata pubblicata su quel social network una foto che ritraeva un’auto della Polizia locale di Treviso in sosta appunto su un’area riservata ai disabili in quella città. La descrizione che accompagnava la foto sosteneva che gli agenti erano andati a prendere un caffé in una pasticceria vicina.

La notizia si diffuse rapidamente, lo stesso sindaco di Treviso, Giovanni Manildo, chiese spiegazioni, sul profilo apparvero numerosi commenti. Alcuni di questi contenevano, secondo quanto si riporta, veri e propri insulti. Attualmente non si vede più traccia sul profilo Facebook di quella foto, né dei relativi commenti. Tuttavia 45 agenti della Polizia locale trevigiana hanno raccolto i commenti più offensivi e hanno dato mandato ad un legale di presentare in Procura una querela per diffamazione e ingiurie contro chi li ha scritti. Gli agenti fanno sapere che quel posto per disabili non era stato autorizzato e che loro avevano parcheggiato lì perché erano intervenuti per regolare il traffico in seguito ad un incidente accaduto nelle vicinanze.

Non abbiamo gli elementi per stabilire chi abbia ragione. Questo sarà il compito del giudice; certamente ha torto chi insulta e diffama, soprattutto quando lo fa nascondendosi dietro l’anonimato. In questa sede è opportuno riepilogare gli aspetti generali di queste faccende. Innanzitutto le norme sulla sosta.

Il Codice della strada dedica due articoli al divieto di sosta e fermata dei veicoli. L’articolo 158 elenca una lunga serie di situazioni illecite. Il comma 2, al punto g, in particolare prescrive che fermata e sosta sono vietate “negli spazi riservati alla fermata o alla sosta dei veicoli per persone invalide di cui all’art. 188 e in corrispondenza degli scivoli o dei raccordi tra i marciapiedi, rampe o corridoi di transito e la carreggiata utilizzati dagli stessi veicoli“.
Per i trasgressori c’è una multa da 78 a 311 euro se motoveicoli o ciclomotori, da 84 a 335 euro per gli altri, oltre alla perdita di due punti dalla patente. L’articolo 188 è dedicato appositamente a circolazione e sosta di veicoli al servizio di persone invalide e dice che l’uso dei posti riservati deve essere autorizzato dall’ente proprietario della strada, quindi il Comune.

I mezzi in dotazione ad enti pubblici non sono esenti da queste regole, nemmeno i veicoli delle forze dell’ordine, tranne in un caso: una situazione di emergenza, in cui però deve essere acceso il lampeggiante blu o la sirena. Lo dice l’articolo 177 del Codice della strada, comma 1.

E veniamo alla questione più delicata della diffamazione. Gli insulti sono sempre esistiti, ma con l’avvento dei social network il loro impatto è aumentato in modo esponenziale. Poiché Facebook è il social network di gran lunga più diffuso, diffamare attraverso le sue pagine provoca il danno più grave per chi viene offeso
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La diffamazione è un reato. Il codice penale, articolo 585, definisce la diffamazione come offesa della reputazione altrui. La reputazione nel significato giuridico giuridico è il senso della dignità personale nell’opinione degli altri. Ci sono multe da 258 a 2.582 euro, inoltre si rischiano gli arresti domiciliari fino a trenta giorni e l’obbligo di prestare lavoro di pubblica utilità fino a tre mesi. Anche insultare attraverso internet, social network compresi, rientra nella diffamazione. Lo hanno confermato diverse sentenze della Cassazione.

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