Papa Francesco in Armenia, prima nazione cristiana ma anche terra di genocidio

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Per la prima volta dalla sua elezione Papa Francesco è in Armenia per il suo 14esimo viaggio apostolico internazionale, prima di lui fu Papa Giovanni Paolo II a recarvisi nel settembre del 2001. Bergoglio ha voluto essere presente in occasione del 1700esimo anniversario del cristianesimo in Armenia. In quell’occasione, Wojtyla scrisse una lettera apostolica sul battesimo del popolo armeno, esortando la popolazione a rialzarsi dalla sofferenza che veniva da anni di regime totalitario.

L’Armenia è la prima nazione cristiana della storia, ma è anche una terra segnata da un genocidio e spezzata dalle continue tensioni del Caucaso. Anche per questo da tempo Papa Francesco aveva espresso il desiderio di visitare tutta la regione caucasica. Il viaggio è stato quindi diviso in due tappe (l’ultimo fine settimana di giugno in Armenia, e dal 30 settembre al 2 ottobre in Georgia e Azerbaigian): “Per diversi motivi – ha spiegato il portavoce della Santa Sede padre Lombardi – tra gli altri perché il patriarca georgiano doveva essere a Creta in questi giorni“, per il concilio panortodosso, al quale però non ha più presenziato.

Armenia, Papa Francesco saluta la folla dopo la Santa Messa

Il punto è che i rapporti tra Armenia e Azerbaigian sono tesi dato che si contendono a suon di conflitti armati l’enclave del Nagorno-Karabakh. E inoltre l’argomento ”genocidio” non va molto giù alla Turchia che non ha mai ammesso i numeri del massacro dei cristiani ad opera dell’Impero Ottomano, che si è consumato tra il 1915 e il 1916 (un milione e mezzo di morti). Il termine ‘genocidio’ ha aperto anche nel corso del briefing un dibattito: da poco anche la Germania ha riconosciuto il massacro armeno, ma quando Papa Francesco pronunciò questa parola in occasione del centenario del ‘Metz Yeghern’, la Turchia in risposta ritirò per mesi l’ambasciatore presso la Santa Sede.

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Il Papa è giunto a Yerevan venerdì 24 alle 15. Dopo la preghiera alla cattedrale apostolica di Etchmiadzin con il saluto al Catholicos Karekin II, ha incontrato il presidente Serz Sargsyan e le autorità civili, tenendo un discorso davanti al corpo diplomatico. La mattina di sabato 25 ha poi visitato il memoriale del Metz Yeghern, il Tzitzernakaberd Memorial Complex, la ‘fortezza delle rondini’. Sarà piantata una pianta e qui Bergoglio incontrerà i discendenti dei perseguitati superstiti ospitati a Castel Gandolfo, dove per molti anni vi fu un orfanotrofio armeno per tutti coloro che erano fuggiti dalle persecuzioni dell’Impero Ottomano.

Vengo tra voi per sostenere ogni sforzo sulla via della pace e condividere i passi sul sentiero della riconciliazione“, ha detto il papa al popolo armeno definendosi un “pellegrino” nell’anno del Giubileo. “La vostra storia e le vicende del vostro amato popolo – ha aggiunto – suscitano in me ammirazione e dolore“: ammirazione, “perché avete trovato la forza di rialzarvi sempre, anche da sofferenze che sono tra le più terribili che l’umanità ricordi; dolore, per le tragedie che i vostri padri hanno vissuto nella loro carne“. “Ai ricordi dolorosi – ha osservato – non permettiamo di impadronirsi del nostro cuore; anche di fronte ai ripetuti assalti del male, non arrendiamoci“.

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Sempre sabato Francesco è stato a Gymuri, in piazza Vartanans, per celebrare la messa con il rito latino, alla presenza del Catholicos Karenin II, patriarca della chiesa armena apostolica. Gyumri fu distrutta nel terremoto che colpì il Paese nel 1988. La piazza, che può contenere fino a ventimila persone, si è riempita di fedeli. “L’amore concreto – ha spiegato – è il biglietto da visita del cristiano: altri modi di presentarsi possono essere fuorvianti e persino inutili, perché da questo tutti sapranno che siamo suoi discepoli: se abbiamo amore gli uni per gli altri“. “C’è bisogno di cristiani che non si lascino abbattere dalle fatiche – ha aggiunto – e non si scoraggino per le avversità, ma siano aperti e disponibili, pronti a servire“. Di uomini che “di fatto, e non solo a parole, aiutino i fratelli in difficoltà“, di “società più giuste nelle quali ciascuno possa avere una vita dignitosa e in primo luogo un lavoro equamente retribuito“. Nel pomeriggio è prevista poi la visita della cattedrale armeno apostolica delle Sette Piaghe e la cattedrale armeno cattolica dei Santi Martiri. In serata, di nuovo a Yerevan, l’incontro ecumenico e la preghiera per la pace, l’evento per il quale è prevista la maggiore partecipazione.

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Domenica 26 giugno, ultimo giorno della visita, il Papa incontrerà i 14 vescovi cattolici armeni nel Palazzo apostolico ad Etchmiadzin e parteciperà alla liturgia nella Cattedrale armeno apostolica. Dopo il pranzo, l’incontro con i delegati e benefattori della Chiesa armena apostolica. Prima del rientro in Vaticano il Papa pregherà nel monastero di Khor Virap, luogo del pozzo in cui, secondo la tradizione, fu tenuto prigioniero per anni il fondatore del cristianesimo in Armenia, Gregorio l’Illuminatore. Qui Francesco libererà delle colombe in direzione del monte Ararat, nel territorio che storicamente aveva fatto parte dell’Armenia e dove, secondo l’Antico Testamento, si incagliò l’Arca di Noè. In serata la cerimonia di congedo prima di imbarcarsi sull’aereo di ritorno, che atterrerà alle 20.45.

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