Palio di Siena e maltrattamenti sui cavalli: i casi famosi

palio siena

Si tratta di una delle manifestazioni più antiche che vanno in scena nel territorio italiano, eppure il Palio di Siena continua a suscitare polemiche e malumori ogni anno che passa, a causa dei continui maltrattamenti sui cavalli che ciclicamente vengono messi in risalto dai media, attraverso le denunce degli animalisti e i video sul web che hanno incrementato la sensibilità dell’opinione pubblica sul tema. A dispetto delle proteste, la tradizionale competizione nella città toscana continua ad essere disputata ogni anno, sebbene i numeri parlino chiaro: la Lav ha dichiarato nel 2011 che ogni anno, a Siena come in altre competizioni simili sul nostro territorio, sono numerosi i cavalli feriti o morti per quanto accade in queste gare.

Secondo i numeri raccolti dall’associazione che si batte per la tutela degli animali, fino al 2011 risultavano essere morti ad esempio 49 cavalli a Siena, a cui bisogna aggiungere gli equini feriti, e allargando lo spettro dell’analisi risaltano altri casi, dal palio di Ferrara a quello di Asti, dove sono deceduti 11 cavalli a partire dal 2003. Ma quello di Siena resta il caso più eclatante, con diverse vicende di maltrattamenti che sono salite alla ribalta delle cronache.

Processo per maltrattamenti

Una delle tappe cruciali per comprendere la mutata prospettiva sul Palio di Siena è il processo che nel 1999 portò alla condanna in primo grado di tre persone, il veterinario, il capitano e il barbaresco della contrada dell’Onda. Con la condanna venne inflitta anche una multa di 3 milioni di lire, a causa dei maltrattamenti che sarebbero stati effettuati nei confronti del cavallo Lobis Andrea, tra cui anche una presunta somministrazione di farmaci dopanti. Tuttavia, a causa dell’insufficienza di prove, il processo si concluse con un’assoluzione, ma la vicenda ebbe allora una certa eco mediatica, accendendo forse per la prima volta davvero i riflettori su quanto accade in pista e dietro le quinte.

Doping e taroccamenti

palio cavallo foto repertorio

Non bastassero le frustate, le urla e il percorso che risulta essere inadeguato per i cavalli, ciclicamente si torna a parlare di doping al Palio di Siena: nel 2010 un altro procedimento venne infatti aperto dai magistrati contro 8 proprietari di cavalli per la presenza di tracce di sostanze proibite. Ma esistono altre forme di ‘truffe’ che per legge rientrano nei maltrattamenti animali: è il caso della vicenda che ha visto coinvolti nel 2015 un proprietario e un fantino, che secondo le accuse avrebbero manipolato i microchip di tre cavalli da corsa per farli correre in Piazza del Campo.

Periclea ed altri incidenti

Le gare del Palio sono spesso funestate da incidenti che provocano ferite gravi e in diversi casi anche la morte dei cavalli coinvolti, come testimoniano le numerose immagini della competizione filmate dalle televisioni che riprendono l’evento. Quello che molta opinione pubblica non sa, o non sapeva fino a poco tempo addietro, è che anche le prove delle gare possono provocare le medesime, tragiche conseguenze: la vicenda più tristemente nota in questo senso è quella della cavalla Periclea, una femmina di 7 anni infortunatasi in una delle batterie della tratta la mattina del 29 giugno 2015, e successivamente soppressa dai veterinari dopo aver riscontrato la gravità delle fratture riportate.

Prima di Periclea, l’ultimo infortunio mortale era stato quello di Messi, un baio di 6 anni, deceduto il primo luglio 2011 a seguito di un incidente durante la quarta prova della corsa, mentre il 2 luglio 2010 si era infortunato Giove Deus, che era uscito dal tufo sanguinando sopra la corona di uno zoccolo, e abbattuto un mese dopo circa. E più indietro nel tempo ricordiamo quando al Palio del 16 agosto 2004 morì Amoroso, un baio di 8 anni deceduto sul colpo dopo aver urtato un bandierino, e poi Alghero, Big Big, Braccio di Ferro, una lunga lista di vittime come in una guerra. Solo che a morire non sono uomini ma cavalli, e ancora per troppi questo è un sacrificio accettabile, in nome di un divertimento barbaro e crudele.

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