Obiezione di coscienza e aborto: Italia e Europa a confronto

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Obiezione di coscienza e aborto: due parole che in sempre più casi vanno a braccetto sia in Italia che in altri paesi d’Europa. Ma esattamente cosa significa obiezione di coscienza? Con questo termine s’intende la possibilità di rifiutare ad adempiere a un dovere previsto per legge nel caso in cui ciò comporti un’azione contraria alle proprie convinzioni etiche, religiose o morali.

L’obiezione di coscienza è legata al caso dell’aborto da quando nel 1978 l’interruzione volontaria di gravidanza è stata ammessa per legge: da quella data abortire non è stato più considerato un reato penale perseguibile, ma si è introdotta la possibilità dei sanitari coinvolti nell’intervento di esercitare il loro diritto di obiezione di coscienza.
Anche l’aborto è però un diritto fondamentale delle donne che in Italia e in Europa è sempre più minacciato dall’altissimo numero di medici obiettori di coscienza o da leggi restrittive. Nel 2016 in Polonia è stato in discussione in parlamento un disegno di legge che prevedeva un divieto pressoché totale all’interruzione di gravidanza anche nei casi di stupro (entro la 12esima settimana), di malformazione del feto e di pericolo per la vita della madre nel caso di non interruzione della gravidanza. Dopo una protesta in piazza svoltasi alla fine di ottobre 2016 però la proposta di legge è stata cancellata, rimanendo così in vigore la legge precedente, seppur molto restrittiva, che permette l’aborto almeno nei tre casi particolari citati.

Obiezione di coscienza e aborto in Italia. La legge 194

In Italia l’obiezione di coscienza è normata dalla legge n. 194 del 22 maggio 1978, Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza (art.9) ed è prevista solo per l’interruzione di gravidanza volontaria (IGV) e non per l’aborto terapeutico.
Secondo quanto previsto dalla legge i soggetti aventi il diritto di sollevare l’obiezione di coscienza sono tutti i componenti del personale sanitario (medici, veterinari, farmacisti, levatrici, infermieri, assistenti sanitari) e quello che esercita attività ausiliarie (massaggiatori, odontotecnici, ortopedici). Esercitando questo diritto il personale sanitario può non prendere parte a tutte le fasi necessarie all’intervento di aborto (dai documenti e certificati fino alle procedure mediche vere e proprie per l’IGV) ma non all’assistenza sanitaria prima e dopo l’aborto stesso. Il medico o infermiere obiettore non può però esercitare obiezione di coscienza nel caso in cui l’intervento medico sia indispensabile per salvare la vita della donna che si trova in una situazione di pericolo imminente per la sua salute e incolumità. Lo stesso Codice di Deontologia medica (art. 43/3) afferma che anche in caso di aborto il medico obiettore non deve venir meno al suo dovere primario inerente «alla relazione di cura nei confronti della donna».

Aborto volontario e aborto terapeutico. Le differenze

L’aborto volontario o interruzione volontaria di gravidanza (IVG) può essere effettuata entro i primi 90 giorni di gestazione ed è scelto liberamente dalla donna per motivazioni personali (giovane età, condizioni economiche difficili, stupro) che portano a considerare la gravidanza in questione indesiderata. L’IVG, detta anche aborto provocato, può avvenire tramite farmaci abortivi (aborto farmacologico) o veri e propri interventi invasivi (aborto chirurgico).

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L’aborto terapeutico o interruzione terapeutica di gravidanza (ITG) è normato dalla medesima legge 194. Questa consente l’intervento sanitario anche dopo i primi 90 giorni di gestazione e in generale fino alla 22esima settimana nel caso in cui la gravidanza o il parto comportino un grave rischio per la vita della donna oppure il nascituro presenti importanti malformazioni o anomalie che possono essere di grave pericolo per la salute fisica e psichica della madre. L’aborto terapeutico è un parto vero e proprio e richiede l’assistenza del medico, dell’ostetrica e dell’anestesista: dopo l’induzione tramite farmaci inizia il travaglio che può durare molte ore e infine si ha l’espulsione del feto.

Interruzione volontaria di gravidanza e SSN. Cosa succede se in un ospedale pubblico sono presenti solo medici obiettori?

Secondo quanto previsto dalla stessa legge 194 del 78 il Sistema Sanitario Nazionale è tenuto ad assicurare che tutte le procedure necessarie all’interruzione volontaria di gravidanza si possano svolgere nelle strutture ospedaliere e nelle case di cura autorizzate. Quindi nel caso il personale sanitario assunto sia costituito esclusivamente da medici obiettori di coscienza è la singola Regione che dovrà controllare e sopperire a questa carenza e trasferire il personale in altre strutture. Nel caso non fosse garantito tale servizio, per le donne che hanno intenzione di abortire chiedendo un IVG si vedono costrette a rivolgersi a un’altra struttura ospedaliera che si può trovare però anche a notevole distanza dal luogo in cui vivono. Quindi per interrompere una gravidanza indesiderata – nei termini previsti dalla legge – si vedono costrette a spostarsi da regione a regione, o peggio, a rivolgersi a cliniche clandestine.

In media in Italia in solo il 60% degli ospedali con reparto di ginecologia e ostetricia è possibile effettuare un’interruzione volontaria di gravidanza. Le Regioni con la maglia nera in questo senso sono il Molise e la provincia autonoma di Bolzano: meno del 30% delle strutture ospedaliere presenti nel territorio effettuano la IVG. Nelle altre regioni d’Italia invece la percentuale di ospedali dove si può effettuare un IVG oscilla dal 30 all’80% e in particolare in Valle d’Aosta, Liguria, Toscana e Umbria supera il 90%.

Obiezione di coscienza e aborto. I numeri in Italia

Facendo riferimento alla relazione annuale del Ministero della Salute del 26 ottobre 2015 sull’attuazione della Legge 194 del 1978, con dati relativi al periodo 2013 – 2014, in media 7 medici ginecologi su 10 in Italia sono obiettori di coscienza, quindi più di due su tre. Questa percentuale supera l’80 o anche il 90% specialmente nelle Regioni del Sud Italia (93.3% in Molise, 90.2% in Basilicata, 87.6% in Sicilia, 86.1% in Puglia, 81.8% in Campania, 80.7% nel Lazio e in Abruzzo). Nella provincia autonoma di Bolzano il numero di medici obiettori raggiunge quasi il 93%. Anche per quanto riguarda anestesisti e personale non medico i numeri degli obiettori di coscienza sono molto alti, sempre in particolare al sud, e in continua crescita: in media in Italia poco meno del 50% sono obiettori, ma nelle regioni meridionali la percentuale sale al 70-80%.

Un numero così elevato e crescente di obiettori di coscienza che ha procurato all’Italia nel 2014 una sentenza da parte del Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa che ha imputato al nostro Paese la violazione dei diritti delle donne che intendono abortire volontariamente entro i primi tre mesi di gravidanza. La risposta non ha tardato ad arrivare: lo scorso 24 maggio una delegazione italiana tra cui un rappresentante del Ministero della Salute, ha presentato dati più aggiornati sull’applicazione della legge 194 che hanno messo in luce come il numero di medici e infermieri non obiettori, sia a livello nazionale che per le singole ASL, sia adeguato con il numero di interruzioni volontarie di gravidanza e gli eventuali problemi nell’accesso alla procedura di IVG potrebbero essere riconducibili “ad una inadeguata organizzazione territoriale” delle singole strutture e dell’accorpamento di questo servizio in solo alcuni ospedali (come indicato nella relazione ministeriale). Questi “sviluppi positivi” sono stati accolti dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa e a luglio di quest’anno si è risolta positivamente la fase del procedimento contro l’Italia con l’impegno però per il nostro Paese di portare aggiornamenti sulla situazione il prossimo anno, come riportato sul sito del Ministero della Salute.

Obiezione di coscienza e aborto in Europa

Differente è la situazione in Europa per quanto riguarda l’obiezione di coscienza in caso di aborto. Per esempio in Francia una legge rende obbligatorio che tutti gli ospedali pubblici offrano il servizio di interruzione volontaria di gravidanza.

In Inghilterra è ammessa l’obiezione di coscienza ma solo il 10% dei medici è obiettore di coscienza e dichiarandosi tale non può fare parte del personale delle strutture di pianificazione familiare. Esistono inoltre centri di prenotazione per IVG aperti 24 ore su 24 e 7 giorni su 7.

In Svezia e in Finlandia il diritto di obiezione di coscienza non esiste. In particolare in Svezia gli specializzandi in ginecologia e ostetricia che si dichiarano contrari all’aborto per motivi etici o religiosi vengono orientati verso altre specializzazioni.

Rimanendo sempre nei paesi scandinavi, in Norvegia solo uno studente su 10 si dichiara obiettore di coscienza.

Il Portogallo invece supera l’Italia con una media di medici obiettori di coscienza che raggiunge l’80%.

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