Nel campo palestinese in Libano continuano feroci scontri e sale il bilancio delle vittime

Nel campo profughi palestinese di Ein el-Hilweh, vicino alla città di Sidone nel Libano meridionale, sono scoppiati violenti scontri tra gruppi armati rivali. I combattimenti, che perdurano da tre giorni, hanno provocato almeno nove morti e decine di feriti tra i residenti del campo. L’esercito libanese ha circondato e sigillato l’area mentre gli scontri proseguivano nonostante gli sforzi di mediazione.

Campo palestinese in Libano
Libano, campo profughi palestinese Ayn al-Hilweh – Nanopress.it

Le autorità libanesi e palestinesi stanno cercando di negoziare un cessate il fuoco per porre fine ai combattimenti ed evitare ulteriori vittime. La situazione nel campo rifugiati in Libano resta tesissima dopo i violenti scontri armati degli ultimi giorni.

Accesi scontri nel campo profughi palestinese di Ein el-Hikweh in Libano

La giornalista Zeina Khodr di Al Jazeera, ha riferito dall’esterno del campo, che ospita 55.000 rifugiati palestinesi, lunedì pomeriggio di una visibile intensificazione dei combattimenti nelle ultime ore, che si presentano feroci.

Ha aggiunto: “Questo ha davvero le caratteristiche di una crisi umanitaria“. Secondo il racconto della reporter decine di famiglie sono riuscite a fuggire dal campo densamente popolato, ma molte altre sono rimaste intrappolate all’interno, perché è diventato troppo pericoloso andarsene, e pertanto hanno deciso di rifugiarsi anche nelle moschee.

I violenti scontri armati tra i gruppi rivali hanno messo in difficoltà estrema i residenti del campo profughi. Le condizioni di vita sono già abitualmente precarie e al limite, ma ora più che mai si assiste a una vera emergenza umanitaria.

Le autorità del Libano stanno cercando di trovare una soluzione pacifica per fermare le ostilità e permettere assistenza alla popolazione inerme.

L’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, ha sospeso le operazioni di aiuto e servizi all’interno del campo profughi a causa degli scontri armati.

Secondo quanto riferito dall’Associated Press, un portavoce dell’esercito libanese ha comunicato che il numero delle vittime degli scontri di lunedì è salito a nove morti, mentre sarebbero almeno 37 le persone rimaste ferite.

La sospensione degli aiuti umanitari e l’aumento delle vittime rendono ancora più critica la situazione per i residenti del campo, intrappolati negli scontri tra gruppi armati rivali. Le autorità libanesi e l’ONU stanno cercando una soluzione pacifica per ripristinare condizioni sicure nel campo profughi.

Gli scontri sono iniziati sabato, dopo che un uomo ha attuato un agguato a un membro di un gruppo armato ma nella colluttazione è rimasto ucciso un altro uomo che lo accompagnava.

Dopo questo episodio, sono scoppiati scontri a fuoco domenica, nei quali è stato ucciso un generale di Fatah e tre accompagnatori, ovviamente come risposta al precedente attacco.

Nonostante gli annunci di cessate il fuoco, i combattimenti sono proseguiti senza sosta. Una donna fuori dal campo ha descritto come disastrosa la situazione attuale, con famiglie disperse e assenza di sicurezza.

Un residente fuggito ha riferito di interi quartieri distrutti e di proiettili ovunque. Dopo una apparente calma fino a mezzanotte, dalle due del mattino gli scontri sono ripresi ancora più intensi.

La popolazione sta pagando il prezzo più alto delle violenze, con vittime e distruzioni. È necessario un cessate il fuoco effettivo per porre fine a quella che appare una vera emergenza e le associazioni umanitarie hanno sollevato immediatamente il problema, esposto in realtà già in precedenza. Nonostante ciò la tensione è altissima e non sembra esserci ancora un percorso da seguire per ripristinare equilibrio.

Ein el-Hilweh è stato realizzato in Libano nel 1948 per ospitare i profughi provenienti dalla Palestina, in fuga dopo la nascita di Israele. Dal 1969 c’è un accordo che impedisce all’esercito libanese di entrare nei campi. Ora però alcuni funzionari hanno chiesto un intervento militare per riprendere il controllo, dopo gli scontri.

Il deputato Gemayel ha invocato il disarmo dei campi e la loro custodia da parte dell’esercito. I palestinesi in Libano hanno diritti limitati per lavoro e proprietà, vivino solitamente in estrema povertà.

Secondo Rami Khouri dell’Università Americana di Beirut, la violenza è un effetto ricorrente del conflitto arabo-israeliano e dell’occupazione della Palestina. La situazione è complessa e le autorità libanesi faticano a riportare la calma negli accampamenti dove vivono i rifugiati.

Il Libano sta attraversando un momento delicato che mostra una profonda crisi sociale ed economica, che sta attanagliano il Paese e sembra non giungere a una conclusione. Mentre la tensione sale si è concluso il mandato alla banca centrale del Libano di Salame e ciò ha sollevato timori e apprensione per il futuro.

Dopo 30 anni si conclude il mandato di Salame alla Banca Centrale libanese

Dopo 30 anni ininterrotti come governatore, termina oggi il mandato di Riad Salame alla guida della Banca centrale del Libano.

Salame è stato nominato nel 1993, due anni dopo la fine della sanguinosa guerra civile che aveva dilaniato il Paese dal 1975 al 1991.

La sua uscita di scena rappresenta un duro colpo per il sistema finanziario e politico libanese, già provato dalla gravissima crisi economica in corso, la peggiore della storia del Libano. Il Paese è reduce da mesi di stallo istituzionale, senza Presidente della Repubblica e con un governo dimissionario guidato ad interim dal premier uscente Najib Miqati.

Proprio Miqati ha dichiarato che, nonostante le minacce di dimissioni, i quattro vice governatori della Banca Centrale sono rimasti al loro posto e si assumeranno la responsabilità di guidare l’istituto in questa delicata fase di transizione.

Ex capo della Banca Centrale del Libano Salame
Ex capo della Banca Centrale del Libano Salame – Nanopress.it

La priorità è evitare il tracollo definitivo della lira libanese e ripristinare un minimo di stabilità per un sistema bancario e finanziario al collasso, anche se la fine dell’era Salame difficilmente porterà miglioramenti nel breve termine.

Il funzionario è una figura controversa dato che in Libano ma anche in altri Paesi è accusato di presunti crimini finanziari che risalgono agli anni 2000. È stato per 30 anni il custode degli equilibri tra leader confessionali libanesi e attori internazionali. A lungo stimato, dal 2019 è indicato come corresponsabile del collasso del sistema bancario libanese, palesatosi poi con il crollo della lira.

La fine della sua era segna uno spartiacque, ma secondo gli esperti non porterà miglioramenti nel breve termine. Il Libano è quindi senza Presidente, con un governo dimissionario e una crisi economica devastante.

Secondo gli analisti la situazione è gravissima e servono riforme strutturali e stabilità politica per evitare il tracollo definitivo della lira e del sistema finanziario. La guida della Banca Centrale è un tassello cruciale in questo contesto che vede il Libano attraversato dalla peggiore crisi mai vista.

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