Mutui casa, cambia la norma sull’esproprio per chi salta le rate: continuano le proteste il M5S

 Banche

Il governo cede sulla norma dei mutui casa e il rischio esproprio per chi salta le rate. Il gruppo del PD in Commissione Finanze ha presentato una bozza di modifiche al testo, che recepisce una direttiva europea del 2014, portando da 7 a 18 il numero di rate consecutive per cui si rischia l’esproprio della casa ipotecata. Inoltre, la clausola dell’inadempienza diventa facoltativa e solo per i contratti futuri: solo con il parere di entrambi i contraenti la clausola può essere inserita. Le modifiche però non hanno fermato la protesta del M5S che, nel pomeriggio di giovedì 3 marzo, ha spostato il sit-in sotto la sede del Ministero delle Finanze e sono stati ricevuti dal sottosegretario Paolo Baretta. “Diamo a Padoan 24 ore per dirci che ritira il decreto legislativo sui mutui altrimenti continueremo la nostra battaglia“, ha dichiarato il vicepresidente M5s della Camera Luigi Di Maio, sceso in strada con parlamentari e componenti del direttorio grillino. “Il provvedimento deve essere ritirato, punto e basta“.

Le proteste del M5S erano iniziate con l’arrivo alla Camera del question time sulla norma. Le avvisaglie c’erano tutte, lanciate sul web dallo stesso movimento, contrario al recepimento della direttiva europea per la gestione delle inadempienze nei mutui con ipoteca. Il primo passo è stato bloccare il corridoio e la porta della Commissione Finanze della Camera, con tanto di muro umano e striscioni al grido “Giù le mani dalla casa“: riaperta la sala, la riunione è durata poco per via delle proteste ed è stata aggiornata al 3 marzo. La protesta è proseguita in Aula, durante la seduta: dai banchi dei grillini sono partite le urla e sono stati esposti molti cartelli, costringendo il vicepresidente Luigi Di Maio a interrompere il dibattito e a espellere 3 esponenti del M5S ( Marco Brugnerotto, Ivan Della Valle e Nicola Bianchi) ed Emanuele Fiano del PD che era andato al banco della presidenza per protestare.

Lo stesso Di Maio, svestito il ruolo istituzionale da vicepresidente della Camera, ha rincarato la dose. “Questa norma oggi non si voterà grazie alla nostra azione di blocco della Commissione. Domani proveremo a fermarla in altro modo. Al diavolo la correttezza istituzionale, con la casa non si scherza!“, tuona fuori dall’Aula. “Il parere della Commissione non è vincolante, quindi il governo, se davvero vuole dialogare, o lo ritira, o lo cambia o lo cancella“. Il M5S si candida a fare quello che Podemos ha fatto in Spagna, usando l’impignorabilità della prima casa anche per chi salta le rate del mutuo come volano per le elezioni.

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#LaCasaNonSiTocca In questi tre anni siamo stati il vostro scudo. Abbiamo provato a fermarli in tutti i modi.Oggi la…

Pubblicato da Luigi Di Maio su Mercoledì 2 marzo 2016

Era stato proprio Di Maio a dare inizio alle proteste. “Renzi, #semitocchilaCasa degli italiani sarà un Vietnam dentro e fuori il Parlamento”, aveva scritto il vice presidente, ma tute le opposizioni hanno gridato allo scandalo (Giorgia Meloni l’ha definita “l’ennesima porcata a favore delle banche“), mentre tecnici di Camera e Senato hanno puntato il dito contro alcuni punti critici. Davvero c’è il rischio che la banca si porti via la casa se si saltano sette rate?

L’intervento dell’ABI: ‘Vale solo per il futuro’

Nel dibattito è intervenuta anche l’Abi. Secondo l’Associazione bancaria, la nuova norma riguarderebbe solo i contratti futuri e non quelli già esistenti. “Non riguarda fatti del passato ma la possibilità e l’eventualità per il futuro“, ha dichiarato il presidente Antonio Patuelli, a margine di un convegno alla Luis. “Non c’è il rischio di avere la casa pignorata, è una direttiva europea, non è stata richiesta dall’Abi“, ha spiegato. “Ho studiato il documento del governo che recepisce la direttiva e non riguarda fatti passati ma eventualità, possibilità per il futuro. E’ una cosa lasciata alla libera contrattazione tra famiglie e istituti bancari e non riguarda il passato e i crediti deteriorati“, ha concluso, ricordando che in Italia esiste anche un fondo salva-mutui presso il Tesoro e che, in ogni caso, la nuova norma non è stata richiesta dalle banche.

La nuova norma

La Commissione Finanze della Camera sta discutendo una modifica al Testo Unico bancario che darebbe alle banche la possibilità di espropriare la casa a chi salta sette rate del mutuo: in questo modo, l’istituto non passerebbe da un giudice ma potrebbe venderla in tempi brevi, rientrando del capitale erogato. La modifica si è resa necessaria per il recepimento di una direttiva europea, la 2014/17 sui contratti di creditoe sulla trasparenza dei contratti tra banche e clienti privati, argomento caldo visto quanto si è venuto a creare con il caso Banca Etruria e simili.


Cosa prevede la norma in discussione

Obiettivo della norma è snellire le procedure per l’inadempimento del consumatore, regolato dal nuovo articolo 120-quinquesdecies del Testo Unico Bancario. Il testo prevede che, in caso di mancato pagamento di sette rate del mutuo anche non consecutive, il creditore può avvalersi delle procedure per “gestire i rapporti con i consumatori in difficoltà nei pagamenti” inserite nel contratto stipulato a inizio del finanziamento: dopo sette rate mancanti, la banca rientra in possesso dell’immobile ipotecato per venderla, incassando quanto dovuto per rientrare dal finanziamento e dando al debitore l’eventuale incasso extra della vendita.

La norma va a modificare una pratica già in essere dal 1993, ossia il rientro dell’immobile ipotecato alle banche in caso di mancati pagamenti del mutui. Il testo è stato pensato per snellire le procedure, come hanno scritto nella loro relazione i tecnici. A oggi, è necessario un passaggio davanti a un giudice affinché un istituto di credito entri in possesso di un bene ipotecato. In media ci vogliono 7 anni, con spese legali anche per chi non è riuscito a pagare il mutuo. Inoltre, con tempi così lunghi, la casa arriva sul mercato con un valore più basso o finisce alle aste giudiziarie, andando a deprezzarsi. Si incassa meno (anche il debitore) e con tempi quasi biblici. Alle banche va ancora peggio: uno dei motivi di sofferenza è proprio la difficoltà di fare cassa su beni per cui hanno già fatto investimenti.

I punti contestati
La tematica è molto tecnica e nasconde diverse insidie. Partiamo dalla retroattività che, pur non contenuta nella direttiva europea, potrebbe rientrare nella norma. La relazione dei tecnici di Camera e Senato indica al 21 marzo 2016 il termine del recepimento a livello nazionale, anche per contratti già in essere. La clausola insomma potrebbe essere inserita a posteriori: su questo punto sono in molti a chiedere chiarimenti e al momento, non è chiaro cosa si deciderà di fare.

C’è un però. Nella relazione tecnica, il nuovo articolo 120-quinquesdecies del Testo Unico Bancario, al comma 3 (quello più contestato) indica che entrambi le parti devono essere d’accordo nell’inserire la clausola al momento dell’erogazione del finanziamento o successivamente. Anche se venisse richiesto dopo, sia chi ha contratto il mutuo sia chi lo eroga devono essere parimenti d’accordo e solo allora si potrà saltare il Tribunale. La perizia dell’immobile sarà effettuata solo da un perito terzo che dovrà andare bene a entrambi le parti. Retroattività o meno, il punto chiave è questo: chi chiede un mutuo deve essere d’accordo e firmare la clausola.

È qui che entra il problema reale del sistema bancario. Come i casi delle banche interessate dal decreto Salva Banca hanno dimostrato, come si può escludere che chi chiede un mutuo sappia cosa sta firmando?

Altro punto critico è quella della par condicio tra contraenti e tra creditori. Vediamo il primo.
La norma nasce anche per la tutela dei debitori e andrebbe a confermare il cosiddetto “patto marciano”, non definito per legge ma d’uso da sempre: chi non riesce a pagare, perde il bene ipotecato ma ha delle garanzie come la scelta di un perito terzo e il ricevimento del guadagno extra dalla vendita del bene. Ciò detto, la forza contrattuale di una banca è molto più forte di quella di un semplice cittadino e si potrebbe arrivare a un “risultato coercitivo” anche con tutte le cautele del caso (il “patto concessorio”, eliminato dal codice civile).

I tecnici sottolineano un altro problema, le parità di condizioni per diversi creditori. Il testo dà infatti priorità alle banche: nel caso di un bene aziendale, la banca sarebbe la sola ad avere indietro i soldi investiti, mentre altri creditori (fornitori e altro) dovrebbero mettersi in fila.

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