Montecitorio quanto mi costi: al bar della Camera si alzano tutti i prezzi

Camera Matteo Renzi beve cappuccino

Da ora in poi i deputati dovranno razionare le loro amatissime mandorle tostate e salate per gli aperitivi alla buvette della Camera. Anche i prezzi non saranno più quelli di una volta: il caffè costerà 90 centesimi (e non 80), i dolci mignon 75 (e non 60) e un aperitivo analcolico o alcolico passerà da 4 a 4,50 euro. Compass Spa, società che ha preso in gestione il bar di Montecitorio, fa sapere Repubblica, ha deciso di correre ai ripari e rimediare al buco delle entrate che si è creato da quando hanno preso l’appalto a settembre. Così, dopo la stretta nei controlli per i politici scrocconi, assenteisti dello scontrino, adesso è la volta del rialzo dei prezzi: tutte strategie per evitare di dover licenziare qualcuno a causa della “bella vita” degli onorevoli.

Il caso dei mancati scontrini è solo l’ultimo dei provvedimenti presi dalla società che ha in gestione la famosa buvette. Quello che si prospettava come un buon affare per la Compass si sta trasformando in una specie di piccolo incubo: tra una settimana lavorativa extra corta, prezzi favorevoli e clienti che non pagano, il rischio è che si debba licenziare i lavoratori pur di rientrare nelle spese. Per la buvette sarebbe una prima assoluta visto che, fino allo scorso settembre, il personale del bar era assunto da Montecitorio.

Così, si è deciso di mettere mano al piano acquisti e rivalutare i prezzi del servizio, a partire da uno dei grandi classici, le mandorle salate che gli onorevoli consumano da decenni insieme agli aperitivi e in quasi ogni ora della giornata. Quelle della buvette vengono acquistate in un bar nei pressi di Montecitorio, con un costo di circa 40 euro al chilo: un po’ troppo come snack da sgranocchiare in grandi quantità.

Meno mandorle salate e acquisti mirati ai soli 3 giorni della settimana in cui si ha il pieno: lunedì i deputati devono rientrare a Roma e in pratica non c’è nessuno, venerdì partono da Roma e di nuovo non c’è nessuno. Di fatto, si lavora dal martedì al giovedì e così anche per gli acquisti si dovrà studiare un nuovo piano, onde evitare di gettare al vento chili di cibo solo perché i deputati lavorano (in pratica) tre giorni alla settimana.

L’aumento dei prezzi non sarà facile da digerire per gli onorevoli, abituati a servizi extra a prezzi stracciati: per i deputati sarà comunque una bel bagno di sana realtà.

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