Michele Bravi scrive una lettera agli allievi di Amici prima dell’inizio del serale

Michele Bravi sarà il nuovo giudice del serale di Amici, accanto a Giuseppe Giofrè e Cristiano Malgioglio. Prima di registrare la prima puntata, il cantante ha voluto scrivere una lettera agli allievi del talent, attraverso cui ha cercato di incoraggiarli, ma anche di spiegare cosa significherà per lui ricoprire questo ruolo. Ecco il testo.

Michele Bravi
Michele Bravi – Nanopress.it

Michele Bravi, nonostante la sua giovanissima età (ha 28 anni), nella sua vita ha già vissuto di tutto: ha percorso salite, discese, ha sperimentato la fama, ma ha rischiato seriamente di sperimentare anche l’oblio, ha avuto tanto da dire, ma ha anche smesso di parlare. Insomma di esperienze l’artista ne ha già collezionate tante e forse è da queste – almeno da alcune di loro – che attingerà per ricoprire il ruolo di giudice del serale di Amici.

Michele Bravi giudice del serale di Amici

Michele Bravi sarà il nuovo giudice di Amici a partire dal 18 marzo. Ormai è ufficiale ed è risaputo. Fa sorridere se pensiamo che lui è uscito da un talent – che era però X Factor, quindi ben diverso da questo per vari motivi – e che, proprio dopo quella “fase” della sua vita, era stato dichiarato “morto” (artisticamente, si intende) dalla sua casa discografica.

Sì, perché all’epoca Michele aveva solo 18 anni, era appena maggiorenne quando decise di mettersi alla prova e di misurare il suo talento davanti a un pubblico vastissimo come quello di X Factor. Era giovanissimo, forse non troppo sicuro di sé – come, del resto, gran parte dei suoi coetanei – e neanche consapevole a pieno della sue capacità (idem con patate).

Questo è un po’ il prezzo da pagare quando la fama arriva presto: tutte le persone diventate famose entro i 20 anni sanno – e ce lo potranno confermare – che quando si è molto giovani il successo va maneggiato con cura. Nel senso che è come un cristallo preziosissimo: il suo valore è inestimabile, ma è fragilissimo e in un nanosecondo potrebbe rompersi in mille pezzi, sgretolarsi del tutto e non tornare mai più come prima.

Abbiamo visto tantissime meteore arrivare dai talent, diventare famosissime inizialmente e poi sparire. Le luci della ribalta, si sa, possono spegnersi da un momento all’altro senza passare per la fase in cui si affievoliscono: l’interruttore è sempre lì che aspetta di essere premuto, soprattutto oggi, che i social stanno rendendo possibile a chiunque assaporare la dolcezza del successo immediato.

Questo sarebbe accaduto a Michele Bravi senza troppi se e troppi ma se solo lui non avesse avuto l’intelligenza, la determinazione e la caparbietà adatta per poter sfondare tutte le porte di un mondo in cui troppo spesso sono chiuse a chiave a tripla mandata.

E così il cantante, neanche ventenne, quindi praticamente quasi adolescente, fu ritenuto artisticamente morto tutto d’un tratto e all’improvviso, dopo pochissimi anni di fuoco, si trovò a essere circondato da una fiammella appena accesa. Cosa fece lui? Si armò di legna e tanta pazienza, ebbe la giusta intuizione al momento giusto, si rimboccò le maniche e si diede da fare. Non ebbe tempo per autocommiserarsi, per piangersi addosso, per lamentarsi (poi che lo abbia fatto in privato almeno all’inizio non lo sappiamo, ma sarebbe anche normale): decise di ricominciare, ripartendo da sé stesso.

Pensò così di aprire un canale YouTube che per lui divenne immediatamente un tramite con i suoi fan, un mezzo per farsi conoscere anche come essere umano e non solo come cantante, ma anche per conoscere nuovi volti noti, per avvicinarsi al suo pubblico, scendere dal piedistallo dorato su cui l’avevano collocato gioco forza dopo la vittoria a X Factor e iniziare a navigare nello stesso mare di tutti i comuni mortali, con cui si collocava ormai praticamente sullo stesso piano. Non era più (solo) un artista Michele a quel punto della sua carriera, era (soprattutto) una persona.

Forse fu proprio quella dimensione più umana che lo rese, se possibile, ancora più amato: per la gente lui era quasi un amico, una persona a cui ispirarsi, a cui volere bene.

Arrivò così Sanremo, dopo anni di alti e bassi, trascorsi perennemente sul filo del rasoio.  Era il 2017 e Bravi decise di cantare in una location esclusiva come l’Ariston il suo “Diario degli errori”: si mise a nudo davanti a una platea così vasta, senza paura di essere giudicato, con la sola voglia di condividere la sua vita, di riversare quel bagaglio di avventure già così colmo nonostante la sua giovanissima età (all’epoca aveva soli 22 anni) su quel palco così celebre e di lasciarlo alla mercé di tutti.

Da lì, sembrava che la sua crescita – professionale e personale – fosse inarrestabile. Iniziarono a susseguirsi singoli, live, successi. Nessuno poteva immaginare quello che sarebbe poi successo circa un anno e mezzo dopo. Era il 22 novembre del 2018 quando il cantante rimase coinvolto in un incidente stradale, nel quale una motociclista di 58 anni perse la vita. Non vogliamo parlare del processo penale a suo carico, di quello si è parlato già troppo e basta dire che la giustizia ha fatto il suo corso. Vale la pena parlare del suo (nuovo) buio.

Quello che accadde quella sera, infatti, cambiò per sempre anche la sua di vita: fermo restando che Michele non si è mai definito una vittima (e ci mancherebbe altro, siccome una donna è morta e una famiglia quindi si è distrutta), quell’episodio lo scosse talmente tanto da impedirgli anche solo di parlare per diversi mesi. Figuriamoci se avrebbe potuto mai cantare.

Passò circa un anno e anche allora il cantante decise di non darsi per vinto: ripartì ancora e ancora da sé stesso. Una delle prime persone a tendergli la mano fu proprio Maria De Filippi, la prima che gli chiese semplicemente di cantare, come affermerà poi proprio lo stesso Michele. Il palco sarà quello di Amici Speciali e sullo stesso – anche se in un’altra forma – è tornato diverse volte negli anni in qualità di giudice “per un giorno”.

Michele Bravi
Michele Bravi – Nanopress.it

Adesso, però, le cose stanno cambiando: il suo impegno non sarà più sporadico, ma sarà quasi quotidiano: ogni settimana, infatti, lo vedremo protagonista del serale, accanto ad altri due volti d’eccezione.

La lettera indirizzata agli allievi del talent

Michele Bravi formerà il trio di giudici del serale di Amici: accanto a lui ci saranno Giuseppe Gioffrè e Cristiano Malgioglio. Tre personalità diversissime tra loro, tre talenti differenti, tre background anche diametralmente opposti. Bravi, però, prima di registrare la prima puntata – che andrà in onda il 18 marzo – ha voluto mandare un messaggio (a mezzo Instagram) agli allievi che sarà chiamato a giudicare per almeno un paio di mesi.

“Cari ragazzi di Amici, io sarò una delle tre persone sedute sulla poltrona rossa a guardarvi nel vostro primo grande spettacolo. È finalmente arrivato il momento in cui dovete restituire la sicurezza che vi hanno regalato tutte le persone che hanno speso anche solo un secondo delle loro giornate per capire cosa avevate da raccontare”: inizia così la sua “lettera”.

E continua così: “Il pubblico sarà, per voi che state diventando professionisti, una delle più grandi storie d’amore della vostra vita. Se durante le puntate pomeridiane anche gli spettatori erano illuminati dai riflettori, col serale la luce sarà solo per voi. Non dimenticate mai di illuminare chi vi ascolta e guarda, non abbiate mai paura di dare spudoratamente agli altri tutto quello che è ammassato dentro di voi. E anche quando vi sembrerà di non avere nulla, non abbiate paura di darlo tutto quel nulla. Tutti hanno qualcosa da dire, noi abbiamo la fortuna sacra di avere anche qualcuno che ci ascolti. Non possiamo che esserne grati”.

In effetti Bravi sa bene quanto sia bello avere qualcuno che lo ascolti: proprio lui che ha sempre avuto qualcosa da raccontare e che poi ad un tratto si è trovato a restare letteralmente senza voce, lui che è stato illuminato dalla più accese delle luci, ma che ha anche sperimentato il buio più profondo, lui che ha attraversato innumerevoli up and down nella sua carriera, lui che sa cosa significhi percorrere una strada fatta di salite ripidissime, dossi continui, ostacoli apparentemente insormontabili.

Nella sua lunghissima missiva, poi, il cantante parla anche della sua visioni delle canzoni e delle esibizioni: per lui non ne esistono di belle e di brutte, ma quello per cui differiscono – sempre per lui, sia chiaro – è la loro capacità di essere comprese, decifrate, assorbite. Ma sia chiaro: questo è assolutamente soggettivo, bisogna parlare la stessa lingua anche musicale per poter essere capiti.

E infatti poi si legge: “Spero di potervi comprendere e decifrare sempre. Se non dovesse accadere, non pensate mai che il mio possa essere un giudizio negativo, sarà soltanto la richiesta di uno spettatore che cerca di dirvi ingenuamente: ‘Spiegalo anche a me, fai entrare anche me’. Conosco la vostra euforia perché come voi sono nato con questa assurda presunzione di avere delle cose da dire, di raccontare una storia nella speranza che la mia esperienza individuale potesse diventare uno sfogo universale, aperto a tutti. Ed è una presunzione meravigliosa”.

La stessa “presunzione” è quella che lo portò a Sanremo per la prima volta nel 2017 con il succitato Diario degli errori, ma è anche quella che gli ha permesso di rimettersi in carreggiata entrambe le volte, sia dopo che la casa discografica aveva dichiarato il suo decesso artistico, che dopo il decesso reale della motociclista nell’incidente che lo ha coinvolto in prima persona. Quella “presunzione” in pratica gli ha permesso di rinascere più e più volte, di non rassegnarsi mai, di continuare a camminare per raggiungere i suoi obiettivi.

Infine l’artista cita Pier Paolo Pasolini: “Le parole di Pasolini sulla scrittura mi hanno sempre ispirato, ve le regalo nella speranza che vi indichino la strada. Lui diceva che perché un libro possa essere d’aiuto a chi legge deve essere stato prima di tutto d’aiuto a chi l’ha scritto. E credo che questo valga per ogni forma d’arte. Buono spettacolo”.

E quindi buono spettacolo anche a te Michele, perché la tua forza di volontà ti ha automaticamente fatto meritare ancora di più il ruolo che ricopri.

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