Luigi De Magistris: «Contro la camorra ci saremmo aspettati di più dal Governo» – INTERVISTA

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«Ci saremmo aspettati un rafforzamento delle forze dell’ordine sul territorio, visto che abbiamo segnalato da almeno un anno e mezzo questo inizio di una recrudescenza omicidiaria». Lo denuncia chiaramente il Sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, a NanoPress.it e aggiunge: «Però devo dire che il Governo, sul piano del rafforzamento significativo delle forze dell’ordine, non ha dato segnali particolarmente incisivi così come ha fatto per l’Expo di Milano piuttosto che per altri fenomeni accaduti nel nostro Paese».

Qual è la reale situazione di Napoli in questo momento?

«Da diversi mesi c’è una recrudescenza omicidiaria nella nostra città. Negli ultimi anni, infatti, la Magistratura e le Forze dell’Ordine hanno drasticamente disarticolato le organizzazioni camorristiche con arresti, processi e condanne; inoltre si è radicato un movimento dell’antimafia sociale dei fatti imponente in tutti i quartieri e con la mia elezione a sindaco di Napoli è cessato ogni tipo di interlocuzione tra la camorra e la politica che governa la città.

Quindi il quadro è un quadro di giovanissimi che, con modalità anche violente e pericolose, cercano di dimostrare con prove muscolari, fatte anche con armi da fuoco, che loro si candidano a essere i futuri punti di riferimento di nuove organizzazioni camorristiche. Tentano di dimostrare che il territorio è loro, che la piazza di spaccio è piazza di spaccio e non deve essere altro. Quindi le modalità sono violente, ma il livello di pericolosità politico, istituzionale, economico e finanziario è più debole rispetto a diversi anni fa.

L’antidoto principale per contrastare questa ondata è, da una parte, il rafforzamento a livello qualitativo e quantitativo delle forze dell’ordine, che ovviamente fanno un lavoro importante nella nostra città ma avrebbero bisogno di un rinforzo governativo che sinora non è arrivato. Dall’altra parte, bisogna lavorare sempre di più, come si sta cercando di fare, per un radicale cambiamento culturale. L’esercito pertanto può essere utile per presidiare gli obiettivi sensibili in modo da liberare energie alle Forze dell’Ordine, ma le mafie non si sconfiggono con le Forze Armate».

Se questi sono ragazzi che stanno facendo una sorta di braccio di ferro tra di loro, ma sono economicamente più deboli degli storici clan napoletani, sono più più pericolosi ma anche più facilmente combattibili?

«Molto ossigeno si sta togliendo alle organizzazioni camorristiche come erano intese una volta. Qui erano predominanti organizzazioni camorristiche che avevano una potenza istituzionale, politica, economica e finanziaria, mentre ora le organizzazioni sono state profondamente colpite e il fatto che anche – ripeto e lo voglio ricordare – il livello politico si sia schierato e si schieri contro la camorra è un fatto assolutamente non usuale nel nostro Paese, nel Mezzogiorno e nella stessa nostra città. Le mafie sono diventate forti perché sono diventate fortissime dal punto di vista politico istituzionale economico e finanziario. Quindi, andando a togliere quell’ossigeno, le organizzazioni criminali diventano sicuramente meno forti e meno potenti.

Questo non significa che queste baby gang e questi episodi siano meno gravi e pericolosi. Non vanno sicuramente sottovalutati, ma gli stessi collaboratori di giustizia dicono che si tratta di colpi di coda, seppur molto pericolosi, di fenomeni camorristici che sono stati duramente colpiti in questi anni».

Se ci troviamo in questa situazione perché le forze repressive hanno funzionato talmente bene tanto da portare all’assenza di personaggi carismatici nell’organizzazione criminale, cos’è che non ha funzionato?

«Non è che la camorra cessa o cesserà da un giorno all’altro. Come tutti i fatti umani, come la mafia, ha avuto un’origine e avrà una fine, ma non potremo sapere quale sarà sarà la fine fin quando non cresceranno le opportunità di lavoro. Il lavoro, infatti, deve essere garantito a tutti, come sancisce anche l’art. 1 della Costituzione. Non potremo sapere quale sarà la fine, fin quando non si riescono ad avere processi sempre rapidi e la certezza della pena. Fin quando per anni e anni non si sono fatte assunzioni nelle Forze dell’Ordine e oggi c’è un’età media di 59 anni nella polizia, fin quando si tagliano, come si è tagliato in questi anni, tutte le linee di finanziamento al sociale, alla scuola, alla cultura, è evidente che tutto questo non accelera la fine della camorra.

Ecco perché io dico che i risultati che sono stati raggiunti sono risultati significativamente rilevanti: dobbiamo pensare che la rivoluzione culturale che si sta mettendo in campo è tutta made in Naples. Cioè tutta fatta con energia dei cittadini, con energie nostre, senza nessun tipo di sovvenzione e di aiuto, così come le politiche della scuola e del sociale le abbiamo mantenute in campo nonostante i tagli clamorosi che ci sono stati.

Perciò da qui a pensare che la fine della camorra e la fine degli omicidi sia dietro l’angolo ce ne vuole. Però il lavoro che io vedo fare sul territorio mi incoraggia molto, perché se vedo le scuole, se vedo gli operatori sociali, se vedo la cultura, se vedo la sensibilità, ma se vedo lo schieramento delle persone, dei movimenti e delle associazioni quando si fanno le manifestazioni, mi fa anche pensare che si sta molto abbassando la soglia dell’indifferenza.

Credo, per chiudere, che ci voglia anche più controllo del territorio, perché taluni di questi episodi accadono in quei territori dove lo Stato non è particolarmente presente. Ci saremmo aspettati in questi mesi, visto che abbiamo segnalato da almeno un anno e mezzo questo inizio di una recrudescenza omicidiaria, un rafforzamento delle forze dell’ordine sul territorio, così come abbiamo ottenuto un piano di rafforzamento della video sorveglianza nella nostra città, che sicuramente è utile nella prevenzione e nella individuazione dei responsabili di reati. Però devo dire che il Governo, sul piano del rafforzamento significativo delle forze dell’ordine, non ha dato segnali particolarmente incisivi così come ha fatto per l’Expo di Milano piuttosto che per altri fenomeni accaduti nel nostro Paese».

Quale prevede che sia la conclusione di questa guerra attualmente in corso?

«Innanzitutto sono assolutamente persuaso che noi vinceremo questa battaglia. Sono venti anni che faccio questo, l’ho fatto 15 anni da magistrato e oggi lo faccio da sindaco, e se avessi qualche dubbio non sarei rimasto a combattere all’interno delle istituzioni dopo anche i colpi che mi hanno inferto quando stavo in Calabria nel contrasto alla ‘ndrangheta. Sono anche convito del fatto che quando c’è un silenzio assoluto non vuol dire che la camorra o le mafie sono state sconfitte. L’organizzazione mafiosa più potente in Italia, e forse non solo in Italia, che è la ‘ndrangheta, spara molto poco, quasi per nulla, e quindi credo che a Napoli sia in corso una rivoluzione politica, economica, culturale e sociale che ha di gran lunga fatto avanzare il momento della fine della camorra per come l’abbiamo conosciuta forte nella nostra città».

Quindi pensa che questo sia il momento giusto perché si possa ridimensionare molto il potere della camorra a Napoli?

Assolutamente sì.

Esclude, invece, la possibilità che si venga a verificare una nuova pax mafiosa tra i vari clan?

«Io non posso sapere cosa all’interno delle organizzazione criminale hanno in mente di fare e cosa ipotizza di fare. Quello di cui posso essere certo, è che fin quando io sarò sindaco di Napoli la camorra non è e non sarà padrona di questa città, non avrà la forza politica e istituzionale per atteggiarsi a padrona della città, quindi sarà un’organizzazione criminale, e in quanto tale verrà contrastata come organizzazione criminale innanzitutto da chi è preposto a contrastare l’organizzazione criminale, cioè forze dell’orine e magistratura.

Noi da parte nostra stiamo facendo un grande lavoro che toglie proprio una serie di elementi di forza che ha avuto la camorra nella nostra città e che oggi non ha più, cioè quello di potersi aggiudicare lavori pubblici e gare d’appalto perché colludeva con la politica, o che aveva attraverso la politica locale agganci i luoghi istituzionali».

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