Legalizzare la cannabis: abbandono scolastico in agguato

Marijuana libera, cannabis legale, sdoganare lo spinello. Ma a certe condizioni, ovviamente. Non si parla d’altro in questi giorni dopo che ben 218 politici, praticamente un quinto del Parlamento, hanno sottoscritto una proposta di legge che andrà adesso in discussione. La canna libera piace in modo trasversale: la proposta è stata avanzata da esponenti Pd, M5s, Sel, Misto, Fi e Sc.
Ci sono mille motivi per cui, si dice, conviene legalizzare la cannabis e li accennerò in modo veloce perché si tratta davvero di argomenti triti e ritriti.
Legalizzare la cannabis potrebbe portare dei vantaggi per “togliere miliardi alle mafie”, “perché l’alcol è legale quindi che senso ha proibire gli spinelli”, “perché ne sono stati dimostrati i benefici terapeutici”, “perché tanto le sigarette fanno male come le canne”, perché ormai la canna l’hanno provata tutti quindi che senso ha proibirla”, “perché così si alza il Pil”, “perché uno spinello non ha mai ammazzato nessuno”. Eccetera eccetera eccetera… Tutti argomenti plausibili e rassicuranti.
Io personalmente ho i miei dubbi e vi spiego perché.

I ragazzi che si fanno le canne spesso diventano dei somari. Uno studio australiano spiega come una buona fetta dei giovani abbandoni gli studi a causa dello spinello. Non si possono fare i compiti se si è rintronati dal fumo, né svegliarsi di buon’ora per andare a lezione. Vi racconterò la storia di 7 amici alle prese con scuola e università. 7 amici cresciuti insieme. Li chiamerò con i nomi dei miei compositori preferiti per garantire il loro anonimato.

Chopin‎ a 15 anni suonava il pianoforte a livello professionale ed era fra i più bravi della classe. Quando ha scoperto le canne, i suoi voti sono crollati, è riuscito a diplomarsi per un pelo e dopo la scuola ha provato inutilmente a frequentare prima una facoltà scientifica e poi una umanistica. Infine ha lasciato sia gli studi che la musica, anche perché le canne non gli bastavano più ed è passato a ben altro. Drogarsi è diventato un impegno a tempo pieno.
Mozart fumava già dalla scuola media. Poi ha lasciato il liceo pubblico per uno privato perché non riusciva a tenere gli occhi incollati sul quaderno. “Sì, ma io mi faccio solo mezza cannetta dopo pranzo!”, diceva. Anche per lui le canne sono state solo l’inizio. Dopo il diploma ha provato con l’università, ma non è riuscito a dare nemmeno un esame. E’ rimasto disoccupato fino ai 33 anni. Poi di lui ho perso le tracce.
Debussy ha avuto una storia identica a quella di Mozart, finché non è andato a lavorare all’estero e di lui non ho saputo più nulla.
Grieg ‎è partito da una canna ed è morto 16 anni più tardi dopo una vita di autodistruzione.
Beethoven ha lasciato l’università e dopo qualche anno da perdigiorno ha trovato un lavoretto per tenersi impegnato.
Bach ha lasciato l’università e ha trovato un lavoro normale.
‎Per me stesso sceglierò lo pseudonimo di Albinoni. Albinoni non aveva una passione per il fumo: gli dava il voltastomaco, i brividi e lo mandava in confusione. Per questo fumava poco, solo in compagnia e ha smesso presto perché tutto sommato preferiva la birra. E’ stato l’unico a riuscire a finire l’università. E ora sta scrivendo questo articolo.
Non eravamo degli sbandati abbandonati a loro stessi. Eravamo figli di dirigenti pubblici e di professionisti. Ma ci annoiavamo, eravamo deboli, ci sentivamo inadeguati e cercavamo una tregua. Questa è la mia esperienza, per quello che vale.

In conclusione, credo che una società non dovrebbe solo preoccuparsi di imporre divieti o di controllare i consumi delle sostanze. Ma dovrebbe capire il motivo per cui la gente preferisce passare il tempo libero sballandosi e proporre alternative, modelli edificanti, opportunità di aggregazione e di intrattenimento. E non è retorica. E’ la mia vita.

(Foto Alexodus)

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