L’anziana che assisteva è morta da 10 anni, ma la badante continua a intascarne la pensione

Nonostante sia morta da 10 anni, la badante dell’anziana ha continuato a intascarne la pensione. Denunciata per appropriazione indebita.

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L’anziana donna di cui si prendeva cura era venuta a mancare una decina di anni fa, eppure una residente di Vittoria (Ragusa) continuava a percepire la pensione.

Questa persona aveva sottratto illegalmente oltre 150.000 euro. A scoprire questa attività fraudolenta è stato il Comando provinciale dell’Economia di Ragusa, in collaborazione con la locale Procura.

Ha continuato a intascarne la pensione

Secondo l’accusa, la badante ha sfruttato la morte della pensionata nel maggio 2012 e si è avvantaggiata di un’errata mancata trascrizione dell’atto di morte da parte dell’INPS per un malfunzionamento tecnico del sistema informatico.

Ciò ha consentito alla badante di effettuare prelievi periodici dal conto deposito intestato al defunto, da giugno 2012 a maggio 2022, e di sottrarre 154.450 euro destinati alla reversibilità della pensione e all’invalidità.

A seguito delle indagini è stata accusata di appropriazione indebita e, successivamente, il Tribunale di Ragusa ha emesso ordinanza di sequestro dei suoi conti correnti e immobili.

Cosa rischia la badante

L’art. 646 del Codice Penale istituisce il reato di abuso d’ufficio, che punisce chi indebitamente si appropria per profitto proprio o di terzi di denaro o di cose mobili altrui, anche se ne aveva il legittimo possesso.

L’appropriazione indebita è un reato che consiste nell’appropriazione indebita di beni mobili o di denaro affidato a un soggetto tramite rapporto di lavoro, contratto o altra forma di obbligo di restituzione.

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In altre parole, l’appropriazione indebita è quando qualcuno non restituisce un bene mobile o denaro ricevuto e li trattiene e li utilizza per sé o per altri, senza alcun legittimo motivo o specifica autorizzazione del legittimo proprietario.

L’appropriazione indebita è un reato punibile con la reclusione da un minimo di due a un massimo di cinque anni, unitamente alla multa da euro 1.000 a euro 3.000, a querela della persona offesa.

Nel caso in cui il reato abbia ad oggetto oggetti depositati per necessità, la pena è aumentata in proporzione.

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