La lettera di una figlia di un Carabiniere alla professoressa che urla contro la Polizia

Scontri Torino: docente sospesa in foto con M5s, polemiche

[didascalia fornitore=”altro”]Ansa[/didascalia]

“Cara professoressa, ti parla la figlia di un appartenente alle forze dell’ordine. Tu che gli urli ‘dovete morire’: sappi che ogni volta che mio padre si allaccia gli anfibi e si chiude il cinturone ho davvero paura che qualcuno lo faccia morire”. Inizia così la lettera aperta che la figlia di un Carabiniere ha inviato a Lavinia Flavia Cassaro, la docente che a Torino ha insultato le Forze dell’Ordine poste a controllo del corteo degli antagonisti contro il leader di CasaPound Simone Di Stefano. “Dovete morire. Vigliacchi, mi fate schifo”, ha urlato l’insegnate, ripresa dalle telecamere con una bottiglia in mano e in stato di evidente alterazione. L’insegnate è stata sospesa ed è in attesa dei provvedimenti chiesti dai suoi superiori; nel frattempo è arrivata la risposta di chi vive ogni giorno accanto a un servitore dello Stato.

La lettera è stata diffusa dal CoCeR, organismo di rappresentanza sindacale dei Carabinieri, ed è stata ripresa dai maggiori media, diffondendosi sul web. Come si legge nella nota emessa dal CoCeR, pur ritenendo l’episodio “una voce isolata”, si è scelto di diffondere lo scritto per “la grande lezione di educazione civica” che rappresenta.

[facebook code=”https://www.facebook.com/vito.alo.cocer.marina/photos/pcb.1570799992955064/1570799632955100/?type=3&theater”]

“Forse tu non sai cosa vuol dire”, continua la lettera. “Tu non sai cosa vuol dire vivere di turni, vivere di imprevisti, di compleanni in cui nelle foto ci sono tutti: tranne lui. Del pranzo di Natale che diventava freddo a forza di aspettarlo. Del cuscino vuoto accanto a mia madre. Del freddo, del sonno, del sangue sulla strada, degli insulti che gente come te ogni giorno rivolge a chi indossa una divisa”.

“Cara professoressa, hai mai provato ad accarezzare la stoffa della giacca di un poliziotto o di un carabiniere? Sai non è di un cotone morbido, non è il lusso che tutti credono che lo Stato regali a quegli uomini e a quelle donne in divisa”.

“Cara professoressa, tu sai che mentre auguravi a quei ragazzi la morte, a casa c’erano i loro bambini che si erano appena addormentati e che si aspettavano di vedere i loro papà il giorno dopo come tutti i giorni? Lo sai che c’erano madri, fidanzate e mogli che in quel preciso momento stavano pensando a loro? E stavano pensando se magari potevano avere troppo freddo là fuori?”

“Non sono dei mostri come li dipingete. Ma sono persone. Le stesse persone che chiamate a tutte le ore se avete bisogno di aiuto, e loro anche se voi gli augurate le morte vengono ad aiutarvi: perché hanno giurato di esserci, e quella divisa che tanto odiate rappresenta anche questo”, le ricorda.

“C’è chi della propria divisa ne fa un abuso, come ovunque c’è la mela marcia e sono concorde nel punirlo adeguatamente secondo le leggi, ma non per questo bisogna augurare il male a tutti coloro che indossano una divisa. Perché io nonostante tutto non auguro del male a nessuno e mai lo farò, perché mi hanno insegnato il rispetto per la vita di tutti”.

“Così – conclude la lettera- cara prof, ora vai e guarda negli occhi tuo padre e tuo marito/compagno/ fidanzato che sia (se ne hai uno), guardali negli occhi e cerca solo di immaginare cosa si possa provare: a sapere che tanta gente come te augura la morte a quegli uomini che per noi sono la vita”.

Impostazioni privacy