Italiano ostaggio in Mauritania: la storia di Cristian Provvisionato

Cristian Provvisionato

Un italiano si trova da otto mesi, senza motivo, ostaggio in un carcere in Mauritania. La storia di Cristian Provvisionato è quella di un pasticcio internazionale che la Farnesina ancora non riesce a risolvere. E a rimetterci è la vittima, un 42enne di Cornaredo, in provincia di Milano, che rischia problemi di salute.
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Provvisionato, dipendente di una ditta indo-tedesca, si trovava per lavoro a Nouakchott, capitale dello stato africano. Dopo un paio di settimane tranquille, il 1 settembre è stato arrestato senza reale motivo. L’accusa, di truffa ai danni della sicurezza del governo locale, non è mai stata formalizzata. L’uomo, ascoltato più volte dalle autorità con l’aiuto di un interprete, si trova di fatto ostaggio del governo della Mauritania senza nessun capo di imputazione, senza assistenza legale durante gli interrogatori e senza aver avuto la possibilità di apparire davanti a un giudice. Da otto mesi.

Una lunga odissea che vede protagonista anche sua madre. Doina Coma è andata a trovarlo solo due volte, a febbraio, e non l’ha trovato in buone condizioni: “L’ho riconosciuto solo quando si è alzato in piedi ed è venuto verso di me, era un fuscello. Per otto mesi ha mangiato solo amidi e non ha avuto l’insulina, lui che è diabetico. Temo per la sua salute, ma ho cercato di dargli coraggio”. In una foto postata sulla pagina Facebook “Libertà per Cristian Provvisionato”, che conta quasi 7mila iscritti, si nota quanto l’uomo sia dimagrito.

Provvisionato

Secondo gli avvocati Vinicio Nardo e Giovanni Pasceri, che si stanno adoperando per la liberazione, le stesse autorità locali sarebbero convinte della sua innocenza. Eppure la situazione non si sblocca. “L’impressione è che ci sia un contrasto tra la ditta e il governo locale, che impedisca la liberazione – spiega la madre – Sanno bene che non è colpevole, non è stato aperto alcun dossier su di lui. Ma è recluso in piena violazione dei diritti umani, non può nemmeno telefonare. Prima che giudiziaria, questa è una questione umanitaria”.

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