Italiano Medio, l’esordio cinematografico stupefacente di Maccio Capatonda

Italiano medio di Maccio Capatonda

Attendevo con ansia di andare a vedere al cinema Italiano Medio, il primo film di Maccio Capatonda, un po’ perché sono fan di Marcello Macchia sin dai tempi dei finti trailer e dei finti reality di Mai dire…, e un po’ perché in generale non amo la comicità italiana e pensavo che questa pellicola potesse fare davvero la differenza in questo genere cinematografico del Bel Paese.

Da grandi aspettative, però, sarebbero potute derivare anche grandi delusioni: la trama sarebbe stata all’altezza? Le gag e i giochi di parole sarebbero stati gli stessi già sentiti in anni di sketch o già visti in due stagioni di Mario? Fortunatamente le risposte a queste domande sono Sì e No. Italiano medio non sarà probabilmente il film dell’anno, ma mi ha stupito perché è divertente, incalzante e decisamente un ottimo prodotto cinematografico. Con qualche rimando ai suoi lavori precedenti, uno su tutti L’uomo che usciva la gente, Marcello Macchia, in arte Maccio Capatonda, è riuscito a espandere le sue storie, creando un piccolo universo demenziale e grottesco che non potrà non appassionare il pubblico.

Affiancato dagli immancabili Herbert Ballerina, Ivo Avido e Rupert Sciamenna, Maccio racconta la storia di Giulio Verme, ambientalista convinto che sogna di cambiare il mondo senza però combinare mai nulla di concreto. In un momento di crisi, accetta dal vecchio compagno di scuola Alfonso una pillola che gli ridurrà le funzionalità cerebrali dal 20 al 2%. Da quel momento in poi la sua vita cambia radicalmente, portandolo a pensare solo a divertirsi, alle donne alla notorietà e all’aspetto fisico. Servirà anche a fargli capire che talvolta certi comportamenti possono essere più fruttuosi di altri, in un’alternanza di momenti alla Dr Jekill e Mr Hyde, resi egregiamente da un cambio radicale della fotografia nelle scene dell’uno o dell’altro.

Quello che differenzia questa commedia dalle altre dello stesso genere è sicuramente il finale: il protagonista non precipita lungo il baratro per poi risalire e riaffermarsi come un superuomo, non rimesta nel buonismo e nel populismo del “volemose bbene”, ma mostra uno spaccato di quello che è davvero l’italiano medio, di quello che è ognuno di noi solo perché la società, internet e la televisione glielo consentono. Giulio Verme è un antieroe e il film lascia lo spettatore con molto amaro in bocca.

Maccio Capatonda, alla sua prima esperienza alla regia, è riuscito a fare ciò che finora solo Robert Rodriguez aveva realizzato: ha trasformato un finto trailer in un film, e l’ha fatto egregiamente, senza rinunciare al suo umorismo bastardo e che non guarda in faccia nessuno. Decisamente da vedere!

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