Italia rifiuti free: il punto della situazione sulla differenziata

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Una petizione per un’Italia rifiuti free: a lanciarla è Legambiente, che contestualmente fa il punto sulla raccolta differenziata dei rifiuti: sono trascorsi 16 anni ormai dall’approvazione del decreto Ronchi, che ha cambiato le abitudini degli italiani rivoluzionando il sistema di raccolta e gestione. Legambiente fornisce alcuni numeri importanti, sfatando anche il mito di un Meridione arretrato su questo punto: tra i 1293 comuni che hanno superato il 65 per cento di differenziata, pari a circa otto milioni di italiani, vi sono molti situati nel Mezzogiorno d’Italia.

Tuttavia le cose non vanno bene ovunque: a livello regionale si registrano forti ritardi, con cittadini che pagano imposte altissime mentre vengono utilizzate ancora discariche per smaltire l’immondizia, modalità che alimenta la possibilità di traffici illeciti e impedisce lo sviluppo di un ciclo virtuoso fondato sul riciclaggio.

Riciclaggio e riduzione dei rifiuti

Secondo il Rapporto rifiuti di Ispra, nel 2012 è finito sotto terra il 39 per cento dei rifiuti urbani: parliamo di 11,7 milioni di tonnellate complessive, pari a 196 chilogrammi a persona. Sebbene la normativa europea, pienamente recepita dalla legislazione italiana, preveda che le discariche siano uno strumento residuale, ne risultavano attive ancora 186: è l’eterna emergenza italiana, che dalla Campania al Lazio, passando per diverse altre realtà della penisola, impediscono di fare al Paese il salto decisivo verso prevenzione, riciclaggio e recupero, il solo ciclo virtuoso nel delicato tema dello smaltimento dei rifiuti. La Commissione europea ha infatti avviato diverse procedure d’infrazione sulle discariche, e se non verranno attivati nel breve termine le attività di bonifica ambientale, fioccheranno multe salatissime.

Come evitare dunque il conferimento in discarica? Legambiente propone un nuovo sistema di incentivi e disincentivi, per fare in modo che prevenzione e riciclo risultino convenienti anche dal punto di vista economico, rispetto al recupero energetico e allo smaltimento in discarica, e premiare chi produce meno rifiuti.

I numeri della ‘rivoluzione verde’

A dispetto dei falsi miti, in testa ai comuni ‘ricicloni’ ci sono città del sud come Salerno al 65 per cento, e Andria al 70, mentre le migliori performance regionali appartengono a Sardegna e Marche, arrivando al 50 per cento di differenziata grazie alla raccolta porta a porta. Nelle zone dove la ‘rivoluzione verde’ va a gonfie vele, si registrano impianti innovativi come i digestori anaerobici per produrre compost ed energia rinnovabile, ed efficaci campagne locali sulla prevenzione che hanno portato ad una minore produzione di rifiuti.

Le Regioni in ritardo

La maglia nera per il riciclaggio va a realtà regionali quali Sicilia, Puglia e Calabria, ma anche in Liguria e Valle d’Aosta: al sud si sconta una carenza di impianti per trattare l’organico, e va male la riduzione dei rifiuti in generale. Anche sui controlli la situazione è preoccupante: dopo il referendum sui monitoraggi ambientali del 1993, il sistema di Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente si è andato strutturando in maniera diseguale, con punte di eccellenza alternate a gravi carenze. I costi altissimi di questi ritardi lo pagano i cittadini, che pagano una tassazione alle stelle, oltre che per l’ambiente e la salute, con la criminalità organizzata che lucra sulle discariche e lo smaltimento dei rifiuti tossici. La Terra dei Fuochi è sotto gli occhi di tutti, ma in altre zone d’Italia vi sono situazioni analoghe ancora non evidenziate a sufficienza dai media.

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