Inventori morti poveri, gli esempi e i nomi più famosi

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[didascalia fornitore=”altro”]Da sinistra: Ladislao Biro, Antonio Meucci, Nikola Tesla e Charles Goodyear[/didascalia]

Menti geniali e brillanti che, con le loro scoperte, hanno garantito il progresso al mondo: eppure alcuni inventori famosi sono morti poveri o vittime delle loro stesse invenzioni. Ricercatori, studiosi, appassionati che si sono rivelati pionieri in campi come la tecnologia, spesso non sono riusciti a godere del frutto delle loro invenzioni, o perché non in grado di brevettarle o perché furono altri a trarre beneficio (e denaro) dalle loro scoperte. Volete saperne di più? Ecco alcuni degli inventori più famosi morti poveri o in condizioni economiche decisamente modeste. Quanto mento, rispetto a ciò che il loro genio è riuscito a concepire.

Ladislao Biro

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László József Bíró, ispanizzato in Ladislao José Biro, è (tra gli inventori famosi morti poveri) colui che progettò uno degli strumenti che più usiamo al giorno d’oggi: la penna a sfera. Di origine ungherese (nacque a Budapest nel 1899) studiò prima Medicina (scoprendo, tra l’altro, di avere un certo talento per l’ipnosi, cosa che apprezzarono diversi medici, che cominciarono a rivolgersi a lui per farsi aiutare con i loro pazienti) per dedicarsi poi ad alcune sue passioni: fece il pittore, lo scultore, il giornalista e il pilota d’automobili. Fu proprio il dover scrivere parecchio che indusse Biro a cercare qualcosa che fosse più pratico di una comune stilografica, che oltre a macchiare di continuo necessitava di frequenti ricariche: osservando dei bambini giocare con le biglie, notò che queste, rotolando sull’acqua, lasciavano una scia uniforme e regolare. Perché non applicare quel principio anche ad una penna?
Dopo diversi tentativi, e con l’aiuto del fratello György, Biro mise a punto il suo prototipo – una piccolissima sfera su cui scorreva l’inchiostro, fatta di acciaio, e messa in una cavità alla fine di un tubo stretto che conteneva l’inchiostro – e dopo poco tempo brevettò la sua penna. In Argentina (dove si trasferì rimandendovi fino alla morte) brevettò un nuovo prototipo e, dopo averne ceduto la licenza al Governo Britannico prima e alla statunitense Eversharp Faber dopo, tornò a dedicarsi alla pittura. In realtà, gli affari per Biro andavano male: la penna aveva costi di produzione molto alti e, all’inizio, non ebbe grande successo; questo tuttavia non impedì ad un certo Marcel Bich (che, di fatto, ha reso celebre nel mondo la penna a sfera) di acquistarne il brevetto, per produrre esemplari più pratici usando materiali meno costosi.
Ladislao Biro, che mise a punto un’invenzione che rivoluzionò, da quel punto in poi, il modo di scrivere, non godette affatto dei proventi della sua trovata: negli anni successivi ebbe una vita assai modesta, dedicandosi quasi esclusivamente alla pittura. Mise a punto un centinaio di invenzioni (tra cui il prototipo di una lavatrice e un cambio meccanico automatico per auto) che non gli permisero tuttavia di morire nell’agio: probabilmente per via della sua incapacità nel gestire gli affari, non si arricchì mai (a differenza di Bich) con la sua invenzione e morì (quasi) povero a Buenos Aires il il 24 ottobre 1985.

[npleggi id=”https://www.nanopress.it/cultura/2018/01/12/pittori-famosi-morti-poveri-gli-esempi-e-i-nomi-piu-illustri/196365/” testo=”Pittori famosi morti in povertà”]

Antonio Meucci

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Quella di Antonio Meucci, è la storia (avventurosa) di una mente geniale, tra le più brillanti del XIX secolo. Nonostante ciò, anche il celebre scopritore toscano è, tra gli inventori morti poveri, uno degli esempi più famosi. Nato a Firenze nel 1808, trascorse la sua vita tra l’Italia, Cuba e New York ed il suo nome, oltre che ad un’infinità di invenzioni, è legato a quella del telefono, con tanto di querelle andata avanti per oltre un secolo. Prima studente all’Accademia di Belle Arti a Firenze, poi sostenitore dei Movimenti per l’Unità d’Italia, Meucci svolse diversi lavori fino al trasferimento a Cuba a seguito di una compagnia teatrale. Qui rimase per ben 15 anni, dedicandosi a studiare meccanica, chimica ed elettromagnetismo: fu proprio nel corso di un esperimento del genere che realizzò, quasi casualmente, il primo prototipo di telefono. Ma furono proprio le sue scarse condizioni economiche che non gli permisero (nonostante 30 diversi modelli realizzati) di brevettare la sua invenzione: per depositare il brevetto, infatti, servivano 250 dollari, ma Meucci si limitò a versarne solo 10.
Qualche tempo dopo fu Graham Bell (consulente dell’American District Telegraph Co. di New York, a cui Meucci chiese a suo tempo un finanziamento) a brevettare un apparecchio simile a quello dell’inventore italiano. Ne conseguì una delle dispute giudiziarie più complesse della storia americana, su cui si espressero diverse corti dando ragione una volta all’uno, una volta all’altro. Ma Meucci non sopravvisse abbastanza per vedersi attribuita la paternità di un’invenzione straordinaria, dato che morì a Staten Island, piuttosto povero, il 18 ottobre del 1889. Sarà più di un secolo dopo, l’11 giugno del 2002, che il Congresso degli Stati Uniti d’America riconoscerà definitavemente Antonio Meucci come l’unico inventore del telefono.

Nikola Tesla

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Parlando di inventori famosi morti poveri, Nikola Tesla è, forse, l’esempio più significativo. Nato a Smiljan in Croazia nel 1856, sulla morte (così come su tutta la sua vita) aleggia il mistero, o quanto meno sul giorno esatto in cui morì: convenzionalmente, infatti, lo si fa coincidere con quello in cui un’inserviente dell’Hotel New Yorker, dove Tesla alloggiava, ne ritrovò il cadavere, il 7 gennaio del 1943.
Oggi, lo si considera come uno dei geni dimenticati del XX secolo, con un ingegno fuori dalla norma ed un carattere a dir poco bizzarro: oltre ad assumere atteggiamenti compulsivi come calcolare il volume del contenuto dei piatti o delle tazzine di caffè, contare i passi mentre camminava o ripetere alcune attività in modo che le ripetizioni fossero divisibili per tre, rifiutò per ben due volte il Nobel per la Fisica poiché – spiegò – non aveva interesse né volontà di successo personale. A lui si devono alcune invenzioni che, come le precedenti, hanno cambiato la vita dell’essere umano (dal motore in corrente alternata – l’alternatore – alla trasmissione delle onde radio), ma la sua vita, così come la sua straordinaria intelligenza, sono, ancora oggi, avvolte dal mito: quel che sappiamo è che, per via delle sue idee spesso giudicate prive di interesse pratico, fu costretto (oltre che a dichiarare bancarotta nel ’17) anche a vendere ciò che possedeva, passando dal prestigio di un potenziale Premio Nobel all’essere considerato pazzo e per di più povero in canna. Visse molti anni in totale solitudine, allontanato dall’alta società americana (era emigrato negli States nel 1884) e dagli amici più fidati. Lontano dai lussi cui era abituato, morì povero in un modesto albergo di New York. Aveva 87 anni.

[npleggi id=”https://www.nanopress.it/cultura/2016/12/31/scrittori-morti-poveri-i-grandi-della-letteratura-tra-talento-e-sregolatezza/157319/” testo=”Scrittori morti poveri: i grandi della letteratura tra talento e sregolatezza”]

Charles Goodyear

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Tra gli esempi e i nomi più famosi di inventori morti poveri, infine, c’è anche Charles Goodyear, il cui cognome richiama alla mente i celeberrimi pneumatici. In realtà, Goodyear non è stato il fondatore dell’industria produttrice delle suddette gomme ma colui che, nel XIX secolo, scoprì il processo di vulcanizzazione della gomma, un processo, ancora oggi, utilizzato nella produzione di pneumatici.
Charles Goodyear nacque a New Haven, negli Stati Uniti, il 29 dicembre del 1800 ed ebbe da sempre una grande passione per la gomma. Ciò che più lo appassionava era migliorarne la resistenza alle alte temperature e dopo una serie infinita di esperimenti (molti condotti in carcere, dove finì per via dei troppi debiti) riuscì nel suo intento: mescolando gomma liquefatta e zolfo rovesciò casualmente il composto su una stufa rovente notando, che una volta raffreddata, la sostanza era morbida ma resistente. Nacque così, in modo fortuito, il processo di vulcanizzazione della gomma. Poiché era poco portato per gli affari (e le condizioni economiche in cui versava erano tutt’altro che agiate – pare che spesso chiedesse aiuto ai vicini per mangiare e, alla morte di uno dei figli, fu lui stesso a scavare la fossa per inumare la salma) brevettò la sua invenzione piuttosto tardi, quando già molti ‘rivali’ avevano presentato brevetti simili: pur vincitore nei procedimenti legali che seguirono, Goodyear non ebbe mai benefici economici dalla sua straordinaria scoperta, anzi: impossibilitato a pagare le spese processuali, morì l’1 luglio del 1860 lasciando ai suoi eredi ben 200mila dollari di debiti.
Anche Charles Goodyear, dunque, benché scopritore di un metodo che avrebbe rivoluzionato le abitudini umane, è tra gli inventori famosi morti poveri ma, nonostante ciò, ebbe a suo tempo anche qualche soddisfazione: oltre ad essere ospite, nel 1851, all’Esposizione Mondiale di Londra, fu insignito della Legione d’Onore, l’onorificienza più importante conferita dalla Francia.
A 38 anni dalla morte di Goodyear, infine, l’imprenditore statunitense Frank Seiberling fonda la Goodyear Tire and Rubber Company, celeberrima azienda produttrice di pneumatici, così chiamata in onore del geniale inventore.

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