Interdizione dai pubblici uffici per Berlusconi: significato e conseguenze

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L’interdizione dai pubblici uffici per Berlusconi comporta il fatto che il Cavaliere non potrà candidarsi, come era nelle sue intenzioni, alle prossime elezioni europee. Dopo 5 ore di camera di consiglio, i giudici della Cassazione hanno deciso di respingere il ricorso dei legali dell’ex Premier nell’ambito della ridefinizione della pena accessoria successiva alla condanna nel processo Mediaset. Proprio per questo nei prossimi due anni Berlusconi non potrà godere del diritto di elettorato attivo e passivo. Ricordiamo che la condanna Mediaset è dovuta a frode fiscale, falso in bilancio, appropriazione indebita e creazione di fondi neri gestendo i diritti tv.
Già con la sentenza di primo grado del processo Ruby si era deciso per l’interdizione, oltre che per i 7 anni di reclusione per il Cavaliere.

I giudici della terza sezione penale hanno affermato che sono irrilevanti le questioni di incostituzionalità delle norme tributarie sostenute dalla difesa di Berlusconi. Intanto si aspetta per il 10 aprile la decisione sulla possibilità che il Cavaliere venga affidato ai servizi sociali. Ma quale è il significato del termine interdizione? Cosa comporta? E soprattutto, quali sono le conseguenze per Berlusconi?

Dopo la condanna nel processo Mediaset, con il successivo no al legittimo impedimento, per il Cavaliere è arrivata anche l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, più ‘qualche’ anno di galera, se la Giunta per le autorizzazioni del Senato desse il via libera dopo una sentenza avversa della Cassazione. Ma in cosa consiste l’interdizione, e come può influire una decisione del genere sulla vita di un uomo politico come Silvio Berlusconi?

Interdizione perpetua dai pubblici uffici: significato

Nell’ordinamento giuridico italiano, un provvedimento di interdizione viene emesso da un qualsiasi tribunale nei confronti di un imputato reo, con una sentenza passata in giudicato, e di cui si è stabilita una certa incapacità. Questa pena accessoria prevista dall’articolo 28 del codice penale italiano. L’interdizione priva il condannato del diritto di elettorato attivo e passivo, di ogni pubblico ufficio e di ogni incarico non obbligatorio di pubblico servizio. Il condannato all’interdizione non può più svolgere attività in qualità di tutore o di curatore, non può più avvalersi dei gradi e delle dignità accademiche, nonché della possibilità di esserne insignito. Nel caso in cui l’interdizione fosse stata temporanea (non esiste solo la interdizione perpetua) la durata minima prevista era di un anno e quella massima di 5 anni.

Perchè l’interdizione per Berlusconi

Nel caso di Berlusconi, ovviamente non si parla di interdizione per incapacità di intendere e volere, ma si fa riferimento all’abuso nella amministrazione. In più, in questo caso, l’interdizione consegue alla condanna di un reato realizzato mediante abuso di poteri o violazione di doveri inerenti alla pubblica funzione o al pubblico servizio, o come pena accessoria per alcuni reati contro la pubblica amministrazione. Nello specifico, per Silvio Berlusconi – imputato al processo Ruby – sono stati chiesti, come pena dal pubblico ministero Ilda Boccassini, sei anni di reclusione e interdizione perpetua dei pubblici uffici. Il Cavaliere è imputato, in questo caso, con l’accusa di prostituzione minorile e concussione. Boccassini ha citato l’articolo 319quater che disciplina la ‘induzione indebita a dare o promettere utilità‘, formula che ha sostituito la concussione dopo la riforma Severino dell’anno scorso.

Le conseguenze per il Cavaliere

Alla fine dell’udienza del processo Ruby, in cui Boccassini ha enunciato la sua requisitoria con la richiesta di condanna per Berlusconi, l’ex premier è stato forse sorpreso, perchè nè lui, nè i suoi avvocati si aspettavano questa entità delle pene richieste, che è stata giudicata eccessiva per i reati ipotizzati. Il carcere non sarebbe un vero problema, però: gli anni di pena, se confermati, andrebbero scontati con l’indulto. Questo significa che fino al 2018-2019 l’ex premier non si potrebbe più candidare a elezioni politiche nè fare parte del Parlamento. Cadrebbe così anche lo scudo dell’immunità parlamentare.

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