Ilva Taranto, polveri killer sulla città: il dossier di PeaceLink

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Taranto soffoca sotto il giogo dell’Ilva e delle sue polveri killer: a corroborare una tesi già ottimamente sostenuta da studi e dati sulla loro incidenza, giunge ora il dossier di PeaceLink pubblicato nel settembre 2016 e incentrato sulle conseguenze sanitarie delle migliaia di polveri provenienti dall’acciaieria. L’Ilva di Taranto emette ogni anno diversi tipi di polveri che si depositano sulla città, sfuggendo oltretutto alla rilevazione delle centraline: ecco perché, grazie a questo report, i dati risultano ancora più inquietanti rispetto a quanto già in precedenza era noto sull’argomento, e ulteriormente confermato da uno studio epidemiologico successivo condotto dalla Regione Puglia sugli effetti delle esposizioni ambientali, secondo cui vi è una comprovata relazione causa effetto tra le polveri e il danno sanitario.

Non toccate quelle polveri‘ si intitola il dossier pubblicato in Rete da PeaceLink, che concentra la sua attenzione in particolare sulle polveri nere cariche di sostanze tossiche che vengono assorbite dalla pelle e che non vengono via con i detergenti domestici, in quanto occorrono per eliminare i residui prodotti industriali, da officina. Dunque secondo l’associazione non sono soltanto le già note polveri rosse, provenienti dal parco minerali ILVA e che devono tale colore alla presenza di ferro, a ricadere sulla popolazione tarantina, ma soprattutto le ancora più nocive polveri nere, che hanno un raggio d’azione fino a cinque chilometri dallo stabilimento.

Composizione polveri nere

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Cosa sono queste polveri nere? Scendendo maggiormente in dettaglio, la loro composizione è dovuta a una miscela di inquinanti provenienti dal processo produttivo, che si formano pre pessere precisi durante i processi di sinterizzazione del ferro e poi nella fase di produzione della ghisa. Il loro grado di tossicità è molto più elevato delle altre polveri per il numero di agenti inquinati presenti, dalle diossine ai metalli pesanti, passando per gli IPA: inoltre essendo più ‘pesanti’ delle Pm10, non vengono rilevate dalle centraline, perché il particolato che fuoriesce dallo stabilimento è di varie dimensioni, con cui la popolazione entra in contatto in modi differenti, contaminando l’ambiente a più livelli.

Precauzioni sanitarie

La popolazione dovrebbe adottare delle precauzioni per diminuire i rischi a livello sanitario, spiega ancora il dossier: in particolare ne vengono suggerite due che riguardano il vivere quotidiano delle persone. Innanzitutto per chi abita nel raggio d’azione delle polveri killer, come il quartiere Tamburi, è consigliato di evitare di entrare in casa con le scarpe, dato che vi si depositano i materiali inquinanti che cadono sulle strade, sui balconi e sui palazzi cittadini. Ma questo non basta: sarebbe necessario infatti anche eseguire pulizie domestiche con guanti di nitrile, riconoscibile dal colore azzurro, oppure quelli di poliuretano ad uso industriale, per evitare il contatto con gli inquinanti organici.

Danni dell’inquinamento

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Gli effetti dell’inquinamento sulla salute dei cittadini di Taranto è già stata ampiamente dimostrata da uno studio del 2013 che ha stabilito una correlazione statisticamente significativa fra emissioni industriali e morti, con un incremento percentuale del rischio di mortalità naturale del 2,66 per cento registrato per ogni incremento di 1 microgrammo al metro cubo di PM10 di origine industriale, mentre per la mortalità respiratoria l’aumento è dell’8,39 per cento per ogni incremento di 1 microgrammo al metro cubo di PM10 di origine industriale. Sempre da altri studi epidemiologici emergono tracce di metalli pesanti nel cuoio capelluto, a rischio anche la salute dei reni, con un +17 per cento registrato tra fra gli uomini, e +8 per cento fra le donne, e infine forte incidenza di tumori alla tiroide sui 44 siti di interesse nazionale per la bonifica, evidenziato a Taranto come anche in altre città dall’Istituto Superiore di Sanità. Ma più in generale si nota come la curva della mortalità si alzi o si abbassi significativamente a seconda dell’attività dell’acciaieria.

I danni dell’inquinamento a Taranto hanno avuto l’ennesimo rilancio mediatico dopo la pubblicazione dei dati shock nell’ottobre 2016 dello studio condotto dalla Regione Puglia, che nell’area di Taranto ha acclarato una associazione tra gli agenti inquinanti e ricorso alle cure ospedaliere per molte delle patologie analizzate dagli scienziati, patologie tumorali, respiratorie, renali e cardiovascolari, con particolare preoccupazione per l’aumento delle malattie respiratorie tra i bambini. In buona sostanza più l’Ilva produce più i cittadini di Taranto si ammalano, se è vero che questo studio ha dimostrato che una riduzione dell’inquinamento ha portato ad un calo della mortalità e della contrazione delle medesime patologie analizzate: l’Ilva uccide, e le prove a sostegno aumentano ogni giorno di più.

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