Ilva di Taranto, le tappe di un processo infinito

Ilva di Taranto

Dopo l’annullamento del primo maxi processo all’Ilva di Taranto a causa un vizio di forma, nel maggio 2016 si è ripartiti dall’udienza preliminare in Corte d’assise del nuovo processo, purtroppo seguita da ulteriori rinvii: il primo a luglio, per un difetto di notifica nei confronti di un imputato, e il secondo su richiesta della difesa di Fabio Riva – già vice presidente del gruppo siderurgico e imputato, insieme ad altri, di associazione a delinquere finalizzata al disastro ambientale – per gravi motivi di salute. Sono state quindi nuovamente rinviate a giudizio le 44 persone e le tre società (Ilva, Riva Fire e Riva Forni Elettrici) già coinvolte nell’inchiesta ”Ambiente Svenduto” sul presunto disastro ambientale causato dal Polo Siderurgico pugliese. Accusati, insieme alla proprietà, anche dirigenti dell’azienda (ufficiali e occulti) che rischiano l’imputazione per associazione a delinquere, disastro ambientale, avvelenamento di sostanze alimentari e omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro. A processo anche politici e capi di commissioni ministeriali che avrebbero consentito all’Ilva di inquinare, seminando malattie e morte (11.550 decessi, con una media di 1650 morti all’anno). Il processo è stato aggiornato al 6 dicembre.

La nullità del processo per vizio di forma La Corte d’assise di Taranto aveva deciso di annullare lo scorso dicembre 2015 il rinvio a giudizio di 44 indagati nell’ambito del maxi processo all’Ilva di Taranto stabilendo che gli atti emessi dal tribunale non erano validi. Questo per via di un vizio formale riguardante la mancata assegnazione di un difensore d’ufficio a una decina di imputati che si sono presentati in un’udienza senza legali. Per questa violazione del diritto di difesa sancito dalla Costituzione il processo all’Ilva è ricominciato da capo e l’udienza preliminare per svolgere nuovamente il procedimento giudiziario è stata stabilita in data 17 maggio 2016. L’udienza è stata poi subito aggiornata al 18 luglio, giorno in cui la Corte d’Assise del Tribunale di Taranto, presieduta da Michele Petrangeli ha stabilito che il processo ‘Ambiente Svenduto’ sul presunto disastro ambientale prodotto dall’Ilva, restasse a Taranto, respingendo la richiesta di spostamento a Potenza avanzata dall’avvocato Pasquale Annicchiarico, difensore di Nicola Riva.

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Gli imputatiAnche questo nuovo processo ancora in corso è a carico delle tre società che operavano all’Ilva, (Ilva spa, Riva Fire e Riva Forni Elettrici) e dei 44 imputati che avevano scelto di essere giudicati con il rito ordinario, tra i quali ricordiamo i proprietari Nicola e Fabio Riva (figli di Emilio), l’avvocato del Gruppo Riva Franco Perli, l’ex direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso, l’ex responsabile delle relazioni istituzionali Girolamo Archinà, l’ex consulente della procura Lorenzo Liberti, l’ex governatore della Regione Puglia Nichi Vendola, il sindaco di Taranto Ippazio Stefano e Donato Pentassuglia, ex assessore regionale alla sanità del Pd, accusato di favoreggiamento nei confronti di Archinà. I cinque imputati che avevano invece scelto di essere giudicati con rito abbreviato non rientrano in questa lista, dato che i difensori di fiducia erano presenti durante le udienze e per loro il procedimento iniziale non era stato annullato. A giudizio vanno anche Luigi Pelaggi (ex capo della segreteria tecnica del ministro dell’Ambiente), l’ex presidente della Provincia Gianni Florido, e Dario Ticali, ex presidente della commissione ministeriale che rilasciò l’autorizzazione integrata ambientale alla fabbrica.

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Le accuseLe accuse per gli imputati vanno dall’avvelenamento delle acque o di sostanze alimentari all’associazione per delinquere finalizzata al disastro ambientale al getto pericoloso di cose, dall’omissione di cautele sui luoghi di lavoro, alla concussione (l’ex governatore Nichi Vendola è accusato di concussione aggravata per aver fatto pressioni su Giorgio Assennato, direttore di Arpa Puglia), oltre a falsa testimonianza e favoreggiamento. Fabio Riva e l’ex consulente della procura Lorenzo Liberti sono accusati anche di corruzione in atti giudiziari per aver versato, secondo i pubblici ministeri, una tangente di 10mila euro volta a modificare in meglio una perizia sull’Ilva.

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Nell’ottobre 2016 è stato modificato il capo d’imputazione contestato alle tre società Ilva, Riva Fire e Riva Forni Elettrici, che rispondono ai sensi della legge 231 che disciplina la responsabilità amministrativa delle imprese. I pm hanno meglio descritto le condotte sostenendo che Riva Fire esercitava attività di controllo sull’Ilva attraverso il contratto di servizio tra Riva Fire e la stessa Ilva e il contratto con la tesoreria centralizzata. Circostanza che, secondo i pm, aveva determinato “un’attività di gestione di Riva Fire nei confronti di Ilva”. Il processo è stato aggiornato al 6 dicembre.

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