Il più grande dolore di Dario Fo: lo stupro fascista contro Franca Rame

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Dici Dario Fo e pensi a Franca Rame. Sposati dal 1954, fondatori della loro compagnia teatrale nel 1958, hanno condiviso tutto, il successo sul palcoscenico e la passione politica, le gioie della vita di coppia e della famiglia e i dolori più estremi. Dario Fo e Franca Rame sono passati attraverso una violenza folle, il rapimento e lo stupro che lei subì nel 1973 a opera di un manipolo di neo fascisti, per cui nessuno ha mai pagato. Franca Rame è riuscita a sublimare l’esperienza orribile della violenza e l’ha condensata in un monologo, intitolato “Lo Stupro”, per raccontare non solo il suo dolore di donna, violata nell’intimo, ma quello di tutte le donne che hanno subìto violenza. Era una violenza così profonda che non riuscì a condividerlo neanche con il marito finché non decise di usare l’unica arma a sua disposizione: la parola.

Il rapporto tra Franca Rame e Dario Fo è davvero qualcosa di diverso dal solito. Non è stata solo l’amore e la passione ad averli uniti per tutta la loro vita: l’arte era il collante delle loro vite, la linfa che nutriva la quotidianità di coppia. Dividerli era quasi impossibile ed è per questo che Franca Rame venne violentata: colpire lei significava colpire lui.

Siamo nei primi anni Settanta a Milano. Sono gli anni della violenza e del terrorismo, lei e Dario Fo sono attivi con l’associazione “Soccorso Rosso” per la vita nelle carceri e si sono esposti, lei in prima persona, sul caso Pinelli. La coppia è tra le più in vista nel denunciare le violenze e i metodi brutali della polizia, nonché le infiltrazioni di ambienti neo fascisti. Il loro teatro non è solo comicità, è denuncia, è politica: sono la voce teatrale della sinistra.

Il 9 marzo 1973 Franca Rame sta tornando a casa quando cinque uomini la rapiscono e la chiudono in un furgone dove la violentano a turno e la seviziano: le spaccano gli occhiali, la tagliano con una lametta, la bruciano con le sigarette. Dopo ore di violenze la lasciano per strada, intontita, stremata.

Per due anni non ne parla con nessuno, poi nel 1975 scrive il monologo “Lo Stupro”, inserito nello spettacolo “Tutta casa, letto e chiesa”: con parole taglienti, crude nella loro semplicità, racconta la violenza con un ritmo e una forza che lasciano senza fiato. Alle prime rappresentazioni, alcune donne in sala svengono.

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Tengo con la mano destra la giacca chiusa sui seni scoperti. È quasi scuro. Dove sono? Al parco. Mi sento male… nel senso che mi sento svenire… non solo per il dolore fisico in tutto il corpo, ma per lo schifo… per l’umiliazione… per le mille sputate che ho ricevuto nel cervello… per lo sperma che mi sento uscire” […] “Senza accorgermi, mi trovo davanti alla Questura. Appoggiata al muro del palazzo di fronte, la sto a guardare per un bel pezzo. Penso a quello che dovrei affrontare se entrassi ora… Sento le loro domande. Vedo le loro facce… i loro mezzi sorrisi… Penso e ci ripenso… Poi mi decido… Torno a casa… torno a casa… Li denuncerò domani“.

È solo un estratto del testo (qui in versione integrale). Lei dice di essersi ispirata a un fatto di cronaca letto sul giornale, per due anni non ne ha parlato neanche a casa, ma ora ha trovato la forza di denunciare e lo fa ancora nascondendosi dietro la finzione del teatro. Nel 1987 lo recita in tv davanti alle telecamere della Rai nel corso della trasmissione “Fantastico” di Adriano Celentano e confessa: è lei la vittima di quello stupro, lei che ha subìto quella violenza.

Per quel barbaro attacco non ci sono colpevoli. Tra il 1987 e il 1988, due fascisti e volti noti della criminalità milanese, Angelo Izzo e Biagio Pitaresi, rivelano al giudice Salvini che lo stupro fu eseguito da una squadra neofascista con l’ordine di “punire” Franca Rame che venne dall’Arma dei Carabinieri. Si fanno nomi e cognomi ma il reato è prescritto: nessuno ha mai pagato per quello stupro.

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