Il Giro d’Italia a Belfast non dimentica e non vuole iniziare

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Il Giro è iniziato. O forse non ancora, perché siamo a 1300 km dai confini e a 2300 km da Bari dove finalmente diventerà “d’Italia”. Adesso siamo in Irlanda del Nord, a Belfast, dove le nuvole corrono veloci come jet e il tempo cambia in un respiro, dove hanno salutato il Titanic e non l’hanno mai più visto tornare, dove producono ottima birra “artiginale” senza la “a”. Belfast sembra sospesa e la sua colonna sonora è attutita. Non puzza più di odio e bombe solo in superficie e la bandiera inglese non è che faccia impazzire i suoi abitanti, tanto che sulla collina appena dietro la città capeggia una giga-scritta “Fine dominio britannico”, in italiano. Questo Giro è iniziato con due strati di pelle: la prima è quella algida e arrossata degli irlandesi del nord che hanno invaso le strade per applaudire ai ciclisti con grande calore. La seconda è quella fredda e malinconica di notizie e ricorrenze poco allegre.

C’è un numero che compare a ogni Giro, da due anni a questa parte, ed è il 108 che Wouter Weylandts aveva attaccato alla sua maglietta quando due 9 maggio fa si schiantò in discesa verso Rapallo. Oggi nessuno l’ha dimenticato così come nessuno dimenticherà Paola Argelli e Marzio Gazzetta, due giornalisti del ciclismo scomparsi tra oggi e ieri in situazioni drammatiche.

Ma la tristezza non riuscirà a fermare il Giro perché qui si trasformano le difficoltà in opportunità, come il coraggioso che incontra la salita che quasi lo disarciona, ma non si spaventa, anzi la sfrutta come un trampolino per attaccare la maglia rosa. E così gli altoparlanti si riaccenderanno e ritorneranno a parlare italiano, le ragazze ricominceranno a ballare, la gente riprenderà a battere sui cartelloni al passaggio degli atleti. La festa ricomincerà. Compariranno sull’asfalto le scritte irriverenti (e quelle volgari, ma simpatiche), ci saranno litigi e gioie, delusioni e vendette, fotofinish e ultimi km a ricordare una vita intera per poi tirarsi su la zip e staccare le mani dal manubrio verso il cielo.

Il Giro inizierà, piano piano, ma come buona parte delle gemme che l’Italia si è trovata tra le mani senza essersele guadagnate non sarà sfruttato come merita. Ma in fondo non importa: continuerà a brillare e a emozionare solo per chi lo desidera.

Ci apprestiamo a vivere questa manciata di migliaia di chilometri, presi da dentro un sacco fino a riempire il pugno e lanciati sul planisfero europeo in modo sistematicamente disordinato, con granelli scappati troppo a nord e troppo poco a sud. Tre settimane di accenti che cambiano di ora in ora, come i piatti tipici; un mese scarso di escursioni termiche e un catalogo di abbronzature e pance ballonzolanti a bordo salite. Il 97esimo Giro ci attende sussurrando dolci promesse all’orecchio, per poi lasciarsi maliziosamente rincorrere all’interno di un giardino misterioso.

video realizzato con una Nikon 1 V2

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