Ikigai, ovvero la bussola della felicità

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[didascalia fornitore=”altro”]Foto di My Good Images/Shutterstock.com[/didascalia]

Quali sono le prime parole che pronunciate ogni mattina appena vi scrollate i sogni dai capelli? La sveglia che suona al mattino vi trafigge sadicamente con le sue lancette implacabili o sancisce l’inizio di una nuova meravigliosa sfida? Questo post è rivolto a chi la mattina si sveglia esausto e scoraggiato. Ma è rivolto anche e soprattutto ai giovani la cui storia è ancora tutta da scrivere.
Da secoli il gusto per l’esotismo porta la cultura occidentale ad appropriarsi, metabolizzare e banalizzare numerosi concetti filosofici e religiosi provenienti dall’Oriente. Concetti più o meno antichi e profondi vengono così riassunti in libelli di poche pagine o in tutorial di YouTube pronti al consumo in tram, in spiaggia o sul gabinetto.
Oggi facciamo scempio dell’Ikigai, un concetto che arriva dal Giappone e sul quale in molti hanno ricamato creando un merchandise di libri, articoli (come questo che state leggendo) ed anche T-Shirt.

Ikigai può essere tradotto come “ragione di vita” o anche come “motivo per alzarsi dal letto ogni mattina”.

Partendo dall’Ikigai sono state prodotte numerose guide e tutorial. Noi abbiamo scelto la versione più variopinta e immediata:

Ikigai

[didascalia fornitore=”altro”]Immagine di Kishore B/Shutterstock.com[/didascalia]

L’Ikigai, presentato in questa forma, è la perfetta intersezione di quattro elementi:

  • ciò che amiamo fare
  • ciò di cui il mondo ha bisogno
  • ciò per cui possiamo essere pagati
  • ciò in cui siamo bravi

Passando dalla spiritualità alla pratica, l’Ikigai in questa forma può essere un’ottima stella polare per le migliaia di 18enni ai quali ogni anno viene chiesto di scegliere come dovranno passare i prossimi 50 anni della loro vita accademica (prima) e lavorativa (poi). Io sono uno di quelli che, concentrandosi esclusivamente su se stesso, da ragazzo ha scelto la propria carriera puntando solo sul primo punto, facendo un salto nel buio: ho scelto il mio futuro scommettendo su ciò che amavo fare e tutto sommato mi è andata bene. Ma si è trattato in gran parte di fortuna.

L’Ikigai, dicevamo, è composto da quattro punti cardinali. Analizziamoli uno per uno.

CIO’ CHE AMI FARE – Ragazzi, partite da ciò che vi è più familiare (voi stessi) e assecondate il vostro ego ipertrofico. D’altra parte a 18 anni siete voi stessi il centro del vostro mondo. Domandatevi cosa vi piace fare e cosa ritenete potrebbe piacervi fare per il resto dei vostri giorni.

CIO’ DI CUI HA BISOGNO IL MONDO – Adesso cercate di mediare inserendo un’altra variabile: la carriera non si sceglie solo per sentimento, ma anche col cervello. Toglietevi dalla testa che qualsiasi scelta facciate, comunque vada, sarà un successo. Al contrario, una scelta sbagliata rischia di incastrarvi in un vicolo cieco dal quale sarà difficile e doloroso riemergere. Ogni anno vengono pubblicati diversi rapporti che mostrano quali sono le professioni più richieste dal mercato del lavoro. Date un’occhiata al report Almalaurea e al rapporto Istat. Non si tratta esclusivamente di imborghesirsi abbracciando un lavoro sicuro: si tratta di onorare la società in cui tutti noi viviamo offrendole qualcosa di cui essa ha effettivamente bisogno.
Attenzione: siete in Italia, una nazione iperburocratizzata dove gli scienziati sono ridicolizzati e trattati a pesci in faccia e dove una laurea triennale in Scienze Politiche vale più di dieci master in Fisica Nucleare, semplicemente perché permette di accedere ai concorsi pubblici valevoli per parcheggiarsi a vita in qualche ente. Per cui rendetevi conto che la vostra percezione delle cose può essere influenzata dal contesto bizantino ed autoreferenziale in cui siete cresciuti.

CIO’ PER CUI PUOI ESSERE PAGATO – E’ una diretta conseguenza del punto precedente, sulla quale direi di non soffermarci.

CIO’ IN CUI SEI BRAVO – Per abbracciare una carriera occorre avere anche una particolare inclinazione. Chi ha difficoltà a mantenere la concentrazione per più di 30 minuti potrebbe magari diventare uno splendido falegname, ma sarebbe certamente un cattivo autista o un pessimo chirurgo. Chi riconosce di avere scarsa elasticità mentale potrebbe forse diventare un eccellente burocrate, ma sarebbe un pessimo commissario di Polizia. E così via.

IN CONCLUSIONE però ricordiamoci che tutto ruota anche attorno a cosa intendiamo per Felicità: per noi la Felicità è quella proposta dall’influencer di turno tatuato, brandizzato, palestrato e lampadato? O cerchiamo la felicità delle piccole cose? La Felicità è un concetto molto personale e non sindacabile, ma forse vale la pena fare un salto di 9400 km, trasferendoci dal Giappone alla Grecia, e portando le lancette del tempo indietro di 2400 anni: secondo Erodoto l’uomo più felice del mondo non era Creso, il ricchissimo sovrano della Lidia, ma l’ateniese Tello, un uomo che aveva vissuto abbastanza da generare dei figli e da conoscere i figli dei suoi figli, che aveva vissuto una vita decorosa e che era morto in guerra per difendere la sua patria.

La felicità non è un traguardo, ma una scelta.

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