Ignazio Marino assolto, le motivazioni: ‘Superficialità ma nessun reato’

Ignazio Marino


Dopo tre mesi sono arrivate le motivazioni dell’assoluzione di Ignazio Marino per il caso scontrini, quello da cui era partita la spallata finale del Pd per farlo dimettere da sindaco di Roma. Quello per cui“i romani sono stati violentati”, come si era sfogato il “marziano”. Rischiava tre anni, un mese e dieci giorni di carcere. Era questa la richiesta della procura di Roma per l’ex sindaco, a processo per gli scontrini falsi alle cene pagate con la carta di credito comunale e per la vicenda della onlus Immagine. Per la prima vicenda era accusato di peculato e falso, per la seconda di truffa ai danni dell’Inps. Dopo un anno in cui l’immagine di Marino è stata distrutta e una Capitale già nel baratro è stata costretta a tornare alle urne, è arrivata l’assoluzione da entrambe le accuse. Rispettivamente, “perché il fatto non sussiste” e “perché non costituisce reato”. Ed ecco infine le motivazioni della sentenza: da parte di Marino ci sono state “imprecisione e superficialità”, ma non ha commesso alcun reato.

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Il gup Pier Luigi Balestrieri ha motivato la sentenza in 54 pagine. “Il giudicante ritiene che le evidenze siano insufficienti per ritenere l’indubitabile prova dell’uso privatistico da parte di Marino delle risorse pubbliche affidategli attribuite attraverso la carta di credito”: è uno dei passaggi principali con cui il giudice afferma che non ci sono prove sufficienti per stabilire che Marino usava a fini personali le risorse pubbliche. “Appare evidente che eventuali errori” nelle “dichiarazioni giustificative non sono suscettibili di rivestire alcuna rilevanza in questa sede penalistica potendo tutt’al più costituire indice di un sistema organizzativo improntato a imprecisione e superficialità”: il sistema degli scontrini era dunque superficiale, caotico e pieno di errori, ma non al punto di rappresentare reato penale.

L’assoluzione di Marino
L’assoluzione era arrivata il 7 ottobre. Appena appresa la notizia, Marino aveva lasciato visibilmente commosso piazzale Clodio accompagnato dai suoi legali: “Sono felice me lo aspettavo, sapevo di essere innocente. Di fronte ad accuse così infamanti di media e politica molto pesanti è stata finalmente ristabilita la verità. Desidero sottolineare come anche nei momenti più bui di questa vicenda io non ho mai cessato di credere alla giustizia”. Si chiude così una vicenda che era costata al “marziano” il Campidoglio: fu il motivo principale delle dimissioni da sindaco di Roma. “Non come segnale di debolezza o addirittura di ammissione di colpa per questa squallida e manipolata polemica sulle spese di rappresentanza e i relativi scontrini”, spiegò allora (ottobre 2015). Dimissioni ritirate in seguito alla vicinanza espressa dai suoi sostenitori, ma inutilmente: a seguito delle dimissioni di massa di 26 consiglieri comunali, pochi giorni dopo decadette comunque da sindaco. Il caso contribuì inoltre a distruggerne immagine e credibilità politica, sia ad opera degli avversari politici che di molti compagni di partito. Distruzione che adesso, alla luce della completa assoluzione, risulta ingiusta.

La conferenza stampa: “Romani violentati”
Poche ore dopo l’assoluzione Marino si era tolto più di un sassolino dalla scarpa durante una conferenza stampa in diretta sul suo profilo Facebook: “Il giudice oggi ha confermato quella fiducia che ho sempre avuto nella giustizia. Siamo ad un anno di distanza da quando mi dimisi sotto pressioni politiche e mediatiche gravissime, infanganti, offensive. Un anno fa nella nostra Capitale la democrazia è stata lesa e centinaia di migliaia di romani sono stati violentati nella scelta che avevano fatto da un piccolo gruppo di classe dirigente”.

Il “marziano” aveva risposto per le rime a Matteo Orfini. Il commissario del Pd romano poco prima aveva commentato l’assoluzione precisando che “non chiedemmo le dimissioni per la vicenda scontrini ma per la sua incapacità a risolvere i problemi di Roma”. Marino, dandogli del bugiardo: “Orfini? Non me la sento di commentare parole che appartengono più ai libri di Collodi che alla realtà drammatica che la nostra città ha vissuto in questo ultimo anno”.

Parlando dei risultati raggiunti dalla sua giunta: “Ha chiuso Malagrotta, ha aperto nuove fermate della metropolitana e ha avviato un piano di rientro e potrei fare molti altri esempi. Durante la mia giunta il debito pubblico di Roma è sceso di 12 mila euro al giorno se questo non vuol dire ben governare…”.

Sul futuro: “Sento il dovere di contribuire per quel che potrò. Ho il dovere morale di continuare a impegnarmi per il mio paese e per la mia città”.

Sul suo successore: “Non commento il lavoro della Giunta Raggi. Posso dire solo che in alcuni settore specifici come quello dell’ambiente io ho avuto persone straordinarie che sono state rapidamente allontanate. Credo davvero che sia importante che in questa città tutte le forze perbene lavorino insieme perché questa è la Capitale del nostro Paese. Mi auguro che la Raggi si impegni come me per il bene di Roma”.

Le accuse
Il Comune di Roma, parte civile nel processo a rito abbreviato, aveva chiesto a Marino un risarcimento di 600mila euro: 100mila per danno funzionale, 500mila per danno d’immagine. 56 le cene sospette alla base dello scandalo degli scontrini falsi: secondo l’accusa Marino avrebbe pagato 12.700 euro di conti complessivi con la carta di credito comunale, per cene consumate “generalmente nei giorni festivi e prefestivi, con commensali di sua elezione, comunque difformi dalla funzione di rappresentanza dell’ente”.

Avrebbe inoltre, aggiungono gli inquirenti, dato “disposizioni al personale addetto alla sua segreteria affinché formasse le dichiarazioni giustificative delle spese sostenute per le cene, inserendovi indicazioni non veridiche tese ad accreditare la natura istituzionale dell’evento, ed apponendo in calce alle stesse la sua firma”. Fino a “redigere atti pubblici attestanti fatti non veri e recanti la sua sottoscrizione apocrifa”, come spiegano i pm Roberto Felici e Pantaleo Polifemo.

Marino era imputato anche per la gestione della onlus Immagine, di cui era presidente. La società, che si occupava di aiuti sanitari ai paesi poveri, avrebbe truffato l’Inps attraverso assunzioni fittizie tra il 2012 e il 2014. Oltre all’ex sindaco sono coinvolte altre tre persone, sempre con l’accusa di truffa.

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