Guerra all’Isis: chi partecipa? Favorevoli e contrari

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La comunità internazionale si è riunita a Parigi per definire la strategia globale nella guerra all’Isis, i Paesi partecipanti si sono impegnati a sostenere con tutti i mezzi necessari il nuovo governo iracheno nella sua battaglia contro i jihadisti. Barack Obama già nei scorsi giorni aveva chiarito che l’obiettivo è “quello di smantellare lo Stato Islamico in modo che non sia una minaccia per l’Iraq, per il Medioriente e per gli Stati Uniti“. Gli Usa dichiarano guerra all’Isis organizzando un’offensiva diplomatica, oltre che prevedendo una intensificazione dei raid aerei sulle zone interessate. Il fronte anti Isis si compatta con la formazione di un’ampia coalizione composta da oltre quaranta nazioni per sconfiggere le milizie jihadiste ultra-radicali dell’Isis.

Il vertice dell’Alleanza è necessario per creare una partnership globale per combattere l’Isis.

Mogherini ha poi ribadito che l’Italia ha deciso l’invio di armi, munizioni e soprattutto l’invio di materiale “per il sostegno umanitario, che è una priorità“.

L’aviazione francese ha invece lanciato oggi la sua prima missione contro i jihadisti dello Stato Islamico.

Obama ha affermato che “Uno dei nostri obiettivi è portare la Nato a lavorare insieme a noi per creare una partnership sul piano regionale, che possa combattere non soltanto l’Isis“, ma anche le altre organizzazioni terroristiche.

Il problema dei jihadisti dello Stato islamico, è tornato a ribadire, è un problema che non potrà essere risolto in tempi rapidi.

In merito al sostegno internazionale all’Iraq e in particolare all’aiuto fornito ai peshmerga curdi, il presidente Usa ha detto: “Dobbiamo essere più sistematici e più concentrati sul modo in cui lo stiamo facendo“. E in questo quadro ha ideato una nuova strategia di attacco in Iraq e Siria.

La strategia di Obama

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Citando fonti dell’amministrazione statunitense, il New York Times scrive che Barack Obama sta preparando una campagna contro l’Isis in Iraq e in Siria articolata in tre fasi, la prima dei quali già in atto (i raid aerei, che finora sono stati 160). La seconda fase, con l’aiuto del nuovo governo, servirà all’addestramento ed equipaggiamento delle forze militari irachene, dei combattenti curdi e forse anche di alcuni gruppi sunniti. La fase finale sarà la definitiva distruzione dell’esercito islamico. Il tutto potrebbe durare almeno tre anni. I ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno deciso di accogliere la richiesta delle autorità regionali curde in merito al fornire urgentemente del materiale militare. L’Unione Europea, quindi, è stata concorde sulla necessità di armare i curdi assediati in Iraq, richiesta che era stata portata avanti anche dal ministro Mogherini e dal ministro degli Esteri francese. L’UE sottolinea la necessità di intervenire urgentemente, per aiutare le popolazioni in difficoltà, e non solo i cristiani perseguitati. I pareri sono stati concordi anche per quanto riguarda gli aiuti umanitari da fornire ai profughi e per lo stabilire un ponte aereo con l’Iraq del Nord.

Gli Usa rispondono all’Isis con un video

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Il titolo del video made in Usa, pubblicato su Facebook e Youtube, è Welcome to the “Islamic State” land (ISIS/ISIL), Benvenuti nella terra dello Stato islamico, e fa parte della campagna Think again, Turn Away, Ripensaci, vieni via. E’ rivolto principalmente agli islamisti che vivono negli Usa, gli stessi che sono obiettivo delle campagne di reclutamento degli estremisti islamici. Utilizzando le stesse immagini di propaganda del gruppo terroristico, il Dipartimento di Stato Americano rispondere così alla guerra di propaganda online, seguita alla consegna, all’indirizzo americano, di almeno due video in cui si vedono cronisti e giornalisti americani decapitati dai jihadisti.

La posizione dell’Italia

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L’Italia ha confermato il suo no a un intervento militare in loco, ma ha sottolineato la necessità di favorire un cambiamento nello stato delle cose. Federica Mogherini, nella conferenza di Parigi, ha ribadito che “l’Isis non è uno Stato ma un’organizzazione terroristica” e come tale deve essere fermata. “Gli Usa hanno deciso di fare raid aerei, noi abbiamo scelto un’altra strada“, ha spiegato dal canto suo il ministro della Difesa Roberta Pinotti, sottolineando che “l’idea di oggi è che dobbiamo sostenere e rafforzare gli attori locali che possono fermare l’Isis all’interno dei loro territori“. In quest’ottica Pinotti ha citato l’invio di armi ai curdiin accordo con le autorità irachene“. Successivamente – si è chiesta Pinotti – cosa altro potrebbe dare l’Italia? “Noi abbiamo, per esempio, aerei da rifornimento, che non sono un bene molto diffuso, capacità addestrative, e queste sono le cose che possiamo mettere in campo, ma ad oggi gli strumenti che sono stati decisi si fermano a quelli noti, non ci sono altre previsioni rispetto a quelle già assunte” ha concluso. A questo punto ci si chiede a cosa serva avere a disposizione e pagare, quindi, gli F35.

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L’Europa nella lotta all’Isis

Dopo Parigi, l’Europa ha trovato una strada comune e condivisa nella lotta contro l’Isis. Sono rientrate le prime spaccature che avevano percorso il Continente sulla decisione degli Stati Uniti di intervenire anche militarmente per fermare l’avanzata dello Stato Islamico. La Germania con Angela Merkel aveva dato pieno appoggio al presidente Obama: “La lotta contro l’Isis deve essere decisa e senza incrinature da parte di tutti coloro che si oppongono alla repressione di quanti la pensano diversamente e alla barbara distruzione delle minoranze“, ha affermato la cancelliera tedesca. “Tutti noi, persone di tutte le religioni, faremo fronte agli estremisti ed islamisti“. Anche la Francia si è riavvicinata agli USA. “Siamo di fronte a una minaccia terroristica che riguarda l’insieme dei nostri paesi e dunque il nostro compito è difenderci“, ha spiegato il ministro degli Esteri Laurent Fabius nel confermare che Parigi farà la sua parte per fermare “con ogni mezzo“, lo Stato Islamico.

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