Giorgio Napolitano, critiche al suo mandato e al suo operato politico

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Come tutti i protagonisti dello scacchiere politico, anche Giorgio Napolitano è stato oggetto di critiche per il suo lungo operato da Presidente della Repubblica, in particolare da parte di alcune forze come il Movimento 5 Stelle. Ora che piove su di lui un’accusa di impeachment avanzata dal movimento di Grillo, proviamo a ripercorrere per grandi linee alcuni dei principali capi d’imputazione nei confronti del due volte Capo di Stato della Repubblica italiana.


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Se volessimo tradurle in breve, le tante critiche che soprattutto negli ultimi anni sono state riservate all’indirizzo di Napolitano si possono tradurre nell’idea che come Presidente lui sia stato un giocatore in campo invece che un arbitro, venendo di fatto meno al ruolo di garante della Costituzione.

Il mancato controllo di costituzionalità

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Uno dei poteri riservati al Presidente della Repubblica è quello di rinviare una legge alle Camere in caso si profilino possibili rilievi di incostituzionalità. Un potere che Napolitano in buona sostanza non avrebbe mai utilizzato, di fatto avallando tutte le leggi presentate al suo cospetto, soprattutto dal governo Berlusconi: divenne sintomatica la risposta spazientita del capo dello Stato ad un cittadino che gli fece questa osservazione, sostenendo che se non avesse firmato una legge il governo gliela avrebbe riproposta tale e quale senza che lui potesse bloccarla. Napolitano ha spesso utilizzato il tacito strumento della moral suasion per modificare le leggi prima ancora che i testi arrivassero sulla sua scrivania, un modo di agire che ha diviso nettamente l’opinione pubblica tra favorevoli e contrari. Tra le leggi più criticate tra quelle promulgate da Napolitano durante i governi Berlusconi, vi è il Lodo Alfano poi giudicato incostituzionale da parte della Corte costituzionale nell’ottobre del 2009.

Altre leggi promulgate sotto accusa

Sono state diverse le leggi firmate da Napolitano che hanno suscitato aspri dibattiti. In occasione della promulgazione del cosiddetto Scudo fiscale, l’Italia dei Valori ha criticato Napolitano per aver firmato una legge che a loro avviso era un favore ad evasori e riciclatori di denaro sporco. Il leader del partito Antonio Di Pietro tornò alla carica poche settimane prima delle elezioni regionali italiane del 2010, quando Napolitano firmò un decreto per riammettere le liste PDL in Lazio e Lombardia, escluse per irregolarità: in quell’occasione Di Pietro chiese la messa in stato d’accusa del Presidente Napolitano. Altre promulgazioni criticate e discusse hanno riguardato la legge sul legittimo impedimento di premier e ministri, alcuni decreti e leggi a firma del Guardasigilli Mastella, la legge cosiddetta ‘salva-Pollari’, la norma della legge finanziaria che ha raddoppiato l’Imposta sul valore aggiunto a Sky, e i due pacchetti sicurezza del ministro Maroni accusati di contenere norme anti-immigrati.

Il presunto complotto contro Berlusconi sostituito dal governo Monti

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Lo scoop del Corriere della Sera nel febbraio 2014, che ha pubblicato un’anticipazione di un libro del giornalista Alan Friedman, secondo cui Giorgio Napolitano avrebbe incontrato Mario Monti mesi prima delle dimissioni di Silvio Berlusconi come premier nel novembre 2011, ha generato una nuova polemica nei confronti del capo dello Stato, accusato di aver complottato per defenestrare il leader eletto dal popolo. In una lettera allo stesso quotidiano, Napolitano si è difeso sostenendo che si trattava di un normale colloquio per verificare l’eventuale disponibilità di Monti, visto che la situazione dell’Italia era già grave e il governo Berlusconi era entrato in crisi mesi addietro con la fuoriuscita di Gianfranco Fini e dei suoi uomini dalla maggioranza. Ma Forza Italia insiste a sostenere che si è trattata di un complotto, che Napolitano ha tramato nell’ombra per sostituire il loro leader con il governo tecnico, in accordo con le cancellerie internazionali e le banche.

La trattativa Stato-Mafia

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Un altro fronte di critiche molto forti che hanno investito Giorgio Napolitano riguardano alcune intercettazioni nell’ambito della presunta trattativa Stato-Mafia, la supposta negoziazione tra Cosa Nostra e pezzi di Stato per far cessare le stragi del 92-93: tra gli indagati c’è anche Nicola Mancino, che telefona al Quirinale per avere notizie sull’inchiesta. Sui giornali finiscono i colloqui avuti con il consigliere giuridico Loris D’Ambrosio, ma cominciano a trapelare indiscrezioni su altre intercettazioni di telefonate tra Mancino e Napolitano: la querelle tra Procura e Quirinale finisce davanti ad un giudice che ordina la distruzione delle telefonate, e di cui non si viene a conoscenza del contenuto. La Procura di Palermo ha chiesto alla fine del 2013 al Presidente Napolitano di deporre in tribunale come teste sugli avvenimenti di quel periodo: con una lettera indirizzata alla Corte d’Assise di Palermo, il Presidente della Repubblica ha chiesto di essere cancellato dall’elenco dei testimoni e di non avere nulla da dichiarare riguardo ai fatti oggetto dell’inchiesta. ‘Non ho da riferire alcuna conoscenza utile al processo, come sarei ben lieto di potere fare se davvero ne avessi da riferire‘, scrive Napolitano in un passaggio della lettera, anch’essa oggetto di aspre polemiche di parte dello schieramento politico e dell’opinione pubblica.

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