Genny ‘a Carogna diffidato e indagato: così lo Stato tenta di recuperare la faccia?

“Il modo migliore per recuperare una figuraccia? Farne una ancora più grande!” Sembra essere questa la soluzione scelta dalle autorità italiane, istituzionali e calcistiche, per ridarsi una faccia e un po’ di dignità dopo averla completamente persa allo Stadio Olimpico di Roma lo scorso 3 maggio durante la finale di Coppa Italia fra Napoli e Fiorentina.

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Dopo averlo usato per pacificare una situazione che altrimenti non si sarebbe risolta facilmente, per salvare la faccia le autorità prima vietano a Genny ‘a Carogna, al secolo Gennaro De Tommaso, di andare allo stadio per i prossimi 5 anni e poi addirittura lo indaga per “scavalcamento e invasione di campo” e per violazione delle norme su “striscioni o cartelli incitanti la violenza o recanti ingiurie o minacce”.

È vero ed è vergognoso che Genny ‘a Carogna indossasse una maglietta che inneggiava all’assassino di un poliziotto, ma è pur vero che chi esibiva quella maglietta non solo è stato fatto entrare allo stadio ma addirittura le istituzioni ci hanno trattato facendo finta, perché in quel momento gli faceva comodo, di non vedere la scritta. E chissà quante altre volte Genny o i suoi compagni saranno andati allo stadio con magliette di quel tipo e, solo perché non hanno avuto l’importanza mediatica che invece le istituzioni hanno dato a Genny il 3 maggio, non sono stati puniti né sanzionati.

È vero anche che Genny ha scavalcato una cancellata per poter colloquiare con Hamsik, impropriamente nominato portavoce delle istituzioni italiane, ma è anche vero che è proprio da quella cancellata, da quella specie di confine fra i cittadini e le istituzioni su cui poi si è seduto, che Genny ha ascoltato le autorità e ha calmato i suoi. Perché mentre era seduto lì sopora nessuno gli ha intimato di scendere, ma ora quelle stesse persone lo indagano?

Nonostante il Questore di Roma Massimo Maria Mazza si sia affrettato a negare la trattativa della Polizia con Genny ‘a Carogna, ormai non ci sono infatti più dubbi sul fatto che le autorità abbiano concordato con gli ultras l’inizio della partita. È evidente che il dirigente di P.S. presente sul posto e le altre autorità, comprese quelle calcistiche, non siano andate a chiedere il permesso per iniziare la partita a Genny ‘a Carogna, ma – come ha testimoniato l’ispettore del CONI nella sua relazione sulla partita – si siano in qualche modo assicurati che, una volta iniziata la partita, la curva del Napoli avrebbe smesso con i disordini.

La certezza che sarebbe terminato il lancio di bombe carta, fumogeni e altri oggetti incendiari sul campo era necessaria anche per l’arbitro, unica altra autorità – oltre al dirigente della Polizia di Stato incaricato di coordinare il servizio – che avrebbe potuto rinviare o addirittura annullare la disputa della partita.

In un “paese normale”, quindi, il dirigente della Polizia e l’arbitro avrebbero deciso se far iniziare la partita senza chiedere assicurazioni di buona condotta alla tifoseria: se questa avesse proseguito nell’inutile protesta, le autorità avrebbero preso le dovute decisioni conseguenti, quali annullare la partita, caricare ed arrestare i tifosi violenti, rinviare la partita a data da destinarsi e soprattutto a porte chiuse.

Ma questo in Italia non è possibile perché annullare la partita vuol dire creare un danno economico alle società calcistiche, caricare i tifosi attirerebbe troppe critiche anche se questi stanno sfasciando lo stadio e soprattutto non sempre le forze dell’ordine hanno la possibilità (principalmente come numero di persone a disposizione e visto che nel Bel Paese è proibito l’uso dei cavalli che invece ha avuto tanto successo in Gran Bretagna) di fronteggiare le tifoserie.

Così la mediazione, in un paese come l’Italia, è diventata necessaria e l’uomo chiave è stato – per quanto sia difficile ammetterlo – Genny ‘a Carogna, che ha placato gli ultras e si è fatto portavoce della tifoseria della curva con le istituzioni. La polemica è, però, imperversata in Italia e anche oltre i confini nazionali, senza capire che la vera pietra dello scandalo non è Gennaro De TOmmaso che, bene o male, ha fatto il suo, quanto il fatto che le istituzioni abbiano dovuto rivolgersi a lui per risolvere il problema (più o meno come quando i servizi segreti andarono in carcere da Raffaele Cutolo a chiedere di intercedere con le Brigate Rosse che avevano sequestrato Ciro Cirillo, anche se poi i camorristi dovettero concedere ai terroristi l’omicidio del Commissario Ammaturo).

Ed è proprio per nascondere e per tacere questa vergogna che ora lo Stato e le istituzioni che lo rappresentano stanno correndo ai ripari, addossando tutte le colpe su chi prima è stato usato e sfruttato per risolvere la questione. Personalmente non me ne frega nulla se Genny ‘a Carogna non potrà più andare allo stadio o se addirittura dovesse essere arrestato (anzi potrei anche esserne felice), ma temo che un atteggiamento così voltagabbana delle istituzioni possa allontanare sempre di più quei cittadini dallo Stato e avvicinali ancora di più a personaggi se non altro equivoci.

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