Fiat si trasferisce in Olanda, John Elkann: ‘Finisce la vita precaria’

La Fiat ha deciso di trasferirsi in Olanda, ad Amsterdam. E’ stata tenuta l’ultima assemblea ordinaria in Italia, prima del trasferimento. Il presidente John Elkann ha affermato che con l’acquisto di Chrysler finisce la vita precaria. Elkann si dimostra ottimista anche per il futuro, perché dichiara che c’è da aspettarsi tante buone notizie. All’assemblea è intervenuto anche Sergio Marchionne, il quale, dopo aver confermato gli obiettivi finanziari del 2014, fa presente i 4,35 milioni di auto vendute lo scorso anno. L’amministratore delegato del gruppo ha ricordato che Fiat e Chrysler nel 2003 si trovavano in posti importanti nella classifica dei produttori mondiali. Adesso insieme occupano la settima posizione, potendo contare su un utile di 3,4 miliardi. Entro il 2018, secondo Marchionne, la Fiat riuscirà a produrre più di 6 milioni di vetture. La sede fiscale di Fiat sarà spostata nel Regno Unito.

Giornata storica per Fiat che saluta definitivamente l’Italia. Nuovo nome con la scelta di Fiat Chrysler Automobiles e la sigla FCA per il nuovo logo, nuova sede legale in Olanda e sede fiscale a Londra. L’ad Sergio Marchionne ha proposto al consiglio d’amministrazione, riunito mercoledì 29 gennaio, il piano della nuova Fiat-Chrysler, nata dopo l’acquisizione del 100% della società statunitense da parte del Lingotto. Nuovo nome, nuova sede legale e fiscale, nuova Borsa e tutto in chiave “meno tasse da pagare”. Confermate anche le indiscrezioni raccolte prima da Repubblica e poi dal Wall Street Journal: FCA sbarcherà a Wall Street come prima Borsa di quotazione, mantenendo un mercato secondario a Milano. Tutto questo dopo aver già delocalizzato la produzione e aver goduto di soldi e incentivi da parte dello Stato Italiano.

Il piano era già nell’aria: Fiat, la più grande casa automobilistica italiana, da sempre aiutata dallo Stato nei momenti più difficili della sua storia, è pronta a lasciare il “suolo natio” per approdare oltreoceano e oltremanica, mettendo piede anche nei Paesi Bassi. A Milano dovrebbe rimanere solo una quotazione secondaria.

I finanziamenti statali alla Fiat

In occasione del salone di Detroit e su pressione della stampa italiana, Marchionne aveva asicurato che il gruppo continuerà a pagare le tasse anche in Italia: anche con il cambio di sede fiscale, Fiat dovrebbe pagare “le tasse nei Paesi in cui opera. Per gli stabilimenti e insediamenti italiani paghiamo e continueremo a pagare le tasse in Italia”.

Nel comunicato emesso dopo la nascita della nuova FCA, Marchionne ha aggiunto che “tutte le attività che confluiranno nel gruppo proseguiranno senza alcun impatto sui livelli occupazionali“. Rassicurazioni che lasciano l’amaro in bocca allo Stato Italiano, che ha più di una volta contribuito a salvare l’azienda di Torino.

Il computo del totale dei finanziamenti statali alla Fiat è stato fatto dalla Cgia di Mestre che ha condotto uno studio per il periodo dal 1977 al 2009, arrivando al totale di 7,6 miliardi di euro. Negli anni Ottanta, quando il mercato automobilistico globale attraversò un periodo di ristrutturazione, l’azienda di Torino prese 5,1 mld di euro. Nel decennio successivo fu la volta di investimenti e ristrutturazioni: 1,279 miliardi di euro per gli impianti di Melfi e Pratola Serra e 272,7 milioni di euro per la ristrutturazione degli impianti di Melfi e Foggia tra il 1997 e il 2003.

Il capitolo “incentivi alla rottamazione” vede un totale di 465 milioni di euro versati dallo Stato, a cui si aggiungono 1,15 mld di euro per gli ammortizzatori sociali nel periodo tra il 1991 e il 2002, voce questa che è stata sostenuta anche dalla Fiat e dai suoi lavoratori. In nome dell’italianità, Fiat è stata per oltre 70 anni l’unico fornitore di automezzi alla Pubblica Amministrazione, godendo di un vantaggio unico.

Soldi e incentivi per mantenere lo status quo e nulla per il futuro? No, visto che anche progetti di ricerca e sviluppo della Fiat sono finiti nel Piano Operativo Nazionale (Pon) “Ricerca e competitività” mediante fondi in parte europei, in parte nazionali, Nel maggio 2011 sono arrivati oltre 50 milioni di euro da parte del Cipe per tre società del Lingotto: 22,5 milioni alla Fiat Powertrain di Verrone (Biella), 18,7 all’Iveco di Foggia e 11,2 milioni alla Sevel di Chieti.

Ci sono poi le vendite o “svendite” che hanno visto Fiat acquisire nel 1986 lo storico marchio Alfa Romeo, detenuto dall’IRI, dopo una lunga battaglia con Ford, unito nello stesso anno nell’Alfa-Lancia Industriale, dopo la chiusura di Lancia, già acquisita dal Lingotto: la riorganizzazione del gruppo ha poi portato alle divisioni dei due marchi all’interno del gruppo Fiat Group Automobiles.

La delocalizzazione della produzione

L’operazione di Chrysler è stato il suggello finale di un percorso che da tempo sta portando Fiat fuori dai confini (e dai controlli) nazionali.

La delocalizzazione della produzione è stato uno dei capitoli più discussi della gestione Marchionne. Apertura verso nuovi mercati e più possibilità commerciali, ha ripetuto l’ad; meno tasse per il gruppo e più guadagni con stipendi molto più bassi agli operai stranieri, hanno contestato i sindacati.

Il piano industriale ha comunque prodotto lo spostamento della produzione in Polonia, Serbia, Russia, Brasile, Argentina: secondo i calcoli dell’Espresso, tutto questo ha portato alla perdita di oltre 20mila posti di lavoro (dai 49.350 occupati nel 2000 si è arrivati a 31.200 nel 2009).

Il cambio di sede fiscale

Il nuovo modello aziendale vede la sede fiscale a Londra dove il gruppo potrà pagare meno tasse sui dividendi.

Con la nuova sede fiscale, si pagheranno meno tasse e comunque si pagheranno ad altri Stati che non hanno mai avuto rapporti con il gruppo industriale; anche la nuova quotazione in Borsa a Wall Street porterà ricchezza al listino statunitense, a discapito di quello italiano.

Con l’addio di Fiat all’Italia sembrano concretizzarsi paure ormai ataviche: il cambio di sede significherà portare nuovo lavoro in altri paesi, a discapito degli stabilimenti in Italia? Secondo Marchionne è un processo già in atto, che non si può fermare: pur garantendo la continuità delle fabbriche italiana, ormai Fiat è una multinazionale che guarda più agli Stati Uniti che all’Italia. Il piano di Barack Obama per il salvataggio della Chrysler ha avuto più importanza di tutti i soldi e gli aiuti che lo Stato italiano ha dato a Fiat nel corso dei decenni? Secondo l’ad italo-canadese sì.

Il cambio di sede legale

La nuova sede legale è in Olanda, ad Amsterdam. Secondo il diritto industriale olandese, questo porterà a un grande vantaggio per gli azionisti di maggioranza che avrebbero azioni con maggior valore in sede di assemblea

L’ad e il presidente del gruppo John Elkann sono stati ricevuti anche dal premier Enrico Letta che vorrebbe rassicurazioni sull’italianità del gruppo. Insomma, anni di sacrifici da parte dello Stato italiano (e dei contribuenti), sembrano essere stati dimenticati da Fiat e dallo stesso Marchionne, in nome di una multinazionale che di italiano non avrà neppure il nome.

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