Ebola: servono altri 5.000 operatori sanitari

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I Paesi dell’Africa occidentale colpiti dall’epidemia di ebola hanno bisogno di altri 5mila operatori sanitari per riuscire a sconfiggere la malattia. Lo ha annunciato il presidente della Banca mondiale, Jim Yong Kim, in una conferenza stampa insieme al segretario generale delle Nazioni Unite, Ban KI-moon e al presidente dell’Unione africana Nkosazana Dlamini-Zuma. Yong Kim si è detto preoccupato sulle condizioni lavorative degli operatori dato il diffuso timore per il contagio. Dlamini-Zuma ha fatto sapere che gli Stati dell’Unione africana si sono impegnati a inviare più di 2mila operatori sanitari in Africa occidentale, nonostante non abbia precisato quando arriveranno nei tre Paesi più colpiti, Liberia, Guinea e Sierra Leone.

Dal canto suo, Ban KI-moon ha aggiunto che la trasmissione del virus continua a superare la risposta della comunità internazionale e ha fatto appello ai 54 stati membri dell’Unione africana perché non impongano restrizioni di viaggio legate all’epidemia o chiudano le loro frontiere.

Il sostegno della Commissione Europea

La Commissione Europea continuerà a lavorare per sostenere gli sforzi del Mali contro l’epidemia di ebola. Lo ha annunciato il dipartimento della Commissione Europea per gli aiuti umanitari e la protezione civile (Echo). “Un buon coordinamento degli attori è fondamentale per fermare la diffusione del virus nel Paese“, ha precisato Patrick Barbier, capo dell’ufficio Echo in Mali. “Dobbiamo contenere questa malattia proprio come hanno fatto il Senegal e la Nigeria, aumetando le misure di sorveglianza e rafforzando la capacità del Paese di isolare e trattare ogni caso eventuale“, ha aggiunto. Con il coordinamento del ministero della Salute del Mali, diverse azioni sono state intraprese da Echo e i suoi partner, si legge in una nota della Commissione europea: la creazione di una unità di isolamento e di un centro per il trattamento di pazienti a Kayes, dove è stato confermato il primo caso di ebola.

Da aprile, l’Unione Europea, attraverso Echo, “ha risposto mobilitando risorse finanziarie, umane e tecniche a sostegno delle attività di organizzazioni umanitarie come Medici Senza Frontiere e la Federazione internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa“, continua la nota. “La Commissione europea – inoltre – è riuscita a mobilitare circa 200 milioni di euro di cui 52milioni sono andati agli Stati membri per gli aiuti umanitari. L’Unione da parte è riuscita a mobilitare più di 600 milioni di euro“. Il Mali ha ricevuto il sostegno di 775mila dollari dalla Cina e attrezzature mediche dalla Organizzazione Mondiale della Sanità per aiutarlo a combattere l’epidemia.

Il primo caso a New York

E’ risultato positivo al test per l’Ebola il medico ricoverato in ospedale a New York come caso sospetto a sei giorni dal suo rientro dalla Guinea, dove aveva lavorato per Medici senza frontiere (Msf) occupandosi di pazienti con il virus. Lo riferiscono fonti ufficiali. L’uomo diventa così il primo caso confermato di Ebola a New York e il quarto diagnosticato negli Stati Uniti, dopo il paziente zero liberiano Thomas Eric Duncan e le due infermiere contagiate dopo avere curato lo stesso Duncan in Texas. Il dottor Craig Spencer, questo il nome dell’uomo, giovedì mattina aveva avuto i primi sintomi, con febbre a 39,4 e diarrea. Adesso si trova in isolamento nell’ospedale Bellevue di Manhattan, designato come centro per l’Ebola a New York. L’appartamento di Spencer ad Harlem è stato recintato.

Il Centers for Disease Control and Prevention (Cdc), che compierà un ulteriore test per verificare i risultati iniziali, ha inviato a New York una squadra di risposta all’Ebola. Le autorità stanno provvedendo a individuare le persone che sono venute a contatto con il medico in modo da identificare i possibili soggetti a rischio. La commissaria alla Salute di New York, Mary Bassett, riferisce che la fidanzata di Spencer e due amici sono stati messi in quarantena ma non mostrano sintomi del virus. Nei giorni precedenti a quando si è sentito male, il medico era andato a fare jogging per 5 chilometri, era andato al parco High Line, aveva preso la metropolitana e mercoledì sera aveva preso un taxi fino a una sala da bowling a Brooklyn.

La commissaria fa sapere che l’uomo ha cominciato a sentirsi affaticato, ma ha avuto la febbre solo il giorno dopo. Secondo Bassett, la probabilità che la corsa in metro di Spencer costituisca un rischio è “vicina allo zero”. La sala da bowling è stata chiusa per precauzione. I rappresentanti del dipartimento della Salute giovedì sera sono stati a disposizione dei residenti davanti all’appartamento dell’uomo per dare informazioni. Spencer, quando ha cercato aiuto aveva la febbre a 38 e non a 39,4 come riferito in un primo momento. Lo ha annunciato il governatore dello Stato di New York, Andrew Cuomo, parlando alla Cnn. Spencer “si è presentato” in ospedale quando aveva 100,3 gradi Fahrenheit e non 103 gradi, ha detto Cuomo. L’epidemia di Ebola in Africa occidentale ha già ucciso circa 4.800 persone.


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Il sindaco rassicura

I newyorkesi “non hanno ragione di essere allarmati” dalla diagnosi di un caso di Ebola in città e le autorità di New York hanno seguito alla lettera i protocolli. Così il sindaco di New York, Bill De Blasio, confermando la notizia che il medico di Medici senza frontiere è risultato positivo all’Ebola a New York a sei giorni dal suo rientro dalla Guinea. Secondo le autorità sanitarie, le possibilità che un newyorkese medio abbia contratto l’Ebola sono poche. Il virus si trasmette tramite il contatto con i fluidi corporei di una persona infetta. Il contagio non può avvenire semplicemente stando vicino a qualcuno che sia malato. Chi ha il virus non diventa contagioso finché in lui non si manifestano i sintomi, come per esempio febbre alta e diarrea.

Le dichiarazioni di Obama

Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha parlato nella notte con il sindaco di New York e con il governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo e ha offerto loro il sostegno federale nella risposta al primo caso di Ebola registrato nella Grande mela. Lo riferisce la Casa Bianca, spiegando che Obama ha chiesto a Cuomo e de Blasio di stare a stretto contatto con lo ‘zar dell’Ebola’ di Obama Ron Klain, nominato commissario per l’emergenza legata al virus negli Usa, e con le autorità sanitarie di Washington. Una squadra del Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) si trova già a New York e un’altra dovrebbe arrivare a breve. Inoltre Obama ha promesso che darà ulteriore aiuto per fornire cure appropriate al paziente e sicurezza agli operatori sanitari e ai cittadini.

Intanto l’Unione Europea alza l’aiuto finanziario fino a 1 miliardo di euro per combattere il virus dell’Ebola nell’Africa occidentale. Lo ha annunciato oggi con un tweet il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, durante il secondo giorno del summit in corso a Bruxelles. Ieri la Ue aveva fatto sapere di aver messo a disposizione altri 24,4 milioni di euro del suo budget per accelerare la ricerca sul virus Ebola.

OMS: “Vaccino dal 2015”

Milioni di dosi di due vaccini sperimentali contro l’ebola potrebbero essere pronti all’uso nel 2015, mentre altri cinque vaccini entreranno in fase di sperimentazione nel marzo prossimo. Lo ha annunciato oggi l’Organizzazione mondiale della sanità, avvertendo però che non è ancora chiaro se uno di questi cinque nuovi vaccini potrà essere usato contro il virus. Intanto, se i primi test dimostreranno che i due vaccini già presenti sono sicuri ed efficaci, milioni di dosi potranno essere disponibili nel 2015, secondo quanto ha spiegato la dottoressa Marie-Paule Kieny dell’agenzia sanitaria dell’Onu. I test sui due farmaci (uno sviluppato dalla GlaxoSmithKline in collaborazione con il National Institute of Health, l’altro sviluppato dall’Agenzia di sanità pubblica canadese) sono già cominciati negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Mali. “Il vaccino non è una bacchetta magica” – ha precisato Kieny – “ma quando saranno pronti potranno contribuire in buona parte allo sforzo per cambiare le sorti di questa epidemia“.

Se le sperimentazioni sul vaccino avranno successo, nei Paesi dell’Africa occidentale colpiti dall’epidemia potranno iniziare quanto prima grandi prove di collaudo dei farmaci. Inizialmente i test non dovevano iniziare prima di gennaio 2015. Ma, con l’evidente aumento di diffusione del virus che ha piegato molti tentativi per fermare l’epidemia, Kieny ha ammesso che i piani stanno cambiando di settimana in settimana in base a come governi, agenzie sanitarie e Paesi donatori stanno cercando di accelerare gli sforzi per combattere la malattia.

L’infermiera di Dallas

La prima infermiera di Dallas contagiata dal virus dell’ebola, Nina Pham, è guarita e sarà dimessa oggi dall’ospedale in cui era ricoverata, vicino a Washington. Lo ha annunciato l’Istituto nazionale della sanità Usa (Nih), aggiungendo che Pham rilascerà una breve dichiarazione. La 26enne era stata trasferita la settimana scorsa dal Texas Presbyterian Hospital di Dallas nel Centro clinico del Nih a Bethesda, nel Maryland. Pham è una delle due infermiere di Dallas rimaste contagiate dall’ebola mentre curavano il paziente zero negli Stati Uniti, l’uomo liberiano Thomas Eric Duncan, morto l’8 ottobre.

C’è anche chi scherza

Il virus Ebola desta preoccupazione in tutto il mondo, ma c’è anche chi ha deciso di scherzarci sopra. E’ il caso del texano James Faulk, che per Halloween ha ricoperto la sua casa di decorazioni che la fanno sembrare un’abitazione isolata a causa della presenza del virus. Nel giardino sono sistemati barili con la scritta ‘pericolo biologico’, mentre su porte e finestre è stato applicato un nastro bianco con la dicitura ‘quarantena’. Scene simili si erano viste fuori da tre case di Dallas, in cui risiedono o erano state le tre persone contagiate nella città. “E’ tutto fatto per divertimento“, ha detto Faulk, aggiungendo però di aspettarsi anche delle rimostranze da qualcuno. Mentre parlava con i giornalisti che lo hanno invervistato, Faulk indossava una tuta protettiva con il cartellino ‘apprendista del Cdc’ e una maschera trasparente. Le case davvero isolate a Dallas dalle autorità sanitarie erano quelle di Thomas Eric Duncan, il paziente zero degli Usa, e delle due infermiere contagiate dopo averlo curato prima che morisse, Nina Pham e Amber Vinson.

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