Detenuto pubblica selfie su Facebook dal van della polizia, è polemica

Carcerato posta su Facebook

Una storia davvero assurda quella che vede protagonista un carcerato di nome Shane Holbrook e, suo malgrado, Facebook. L’uomo ha infatti pensato bene di scattarsi alcuni selfie – anche in compagnia di altri detenuti – sul cellulare, ossia sul furgoncino che trasportava i prigionieri dal tribunale alla cella. Cosa c’è di strano in tutto ciò? Che il signor Holbrook non avrebbe dovuto affatto aver la possibilità di scattarsi una foto perchè non avrebbe mai dovuto avere uno smartphone. Eppure ce l’aveva (ed era pure connesso al web), ma non ha resistito al fascino del social network e del narcisisimo.

La fame di notorietà e l’irrestibile richiamo dell’apparire sempre e comunque ha giocato un brutto scherzo a Shane Holbrook. Anzi, in realtà lo scherzo se l’è giocato da solo, con una supponenza e una superficialità piuttosto rare. La cronaca: l’uomo è in prigione per rapina e aggressione con ferite gravi inferte, ma ha appena aggiunto un “bonus” ossia l’aggravante del contrabbando dopo che ha scattato alcuni selfie dall’interno del van della prigione e averli pubblicati su Facebook. Il motivo?

Semplice e chiaro: non sta tanto nell’aver pubblicato su un social network un autoscatto il grande problema, quanto la potenziale “arma” di comunicazione che il criminale deteneva illegalmente e all’oscuro delle (più che colpevoli) forze dell’ordine. Grazie a uno strumento come un telefonino, collegato per di più al web e ai suoi tantissimi servizi, Shane avrebbe (e probabilmente “ha”) portato avanti le sue attività illecite, alla facciazza della legge. Il signor Holbrook, peraltro, stava tornando in prigione dal tribunale dopo essersi visto respingere le richieste di destituzione del caso. Subito dopo essere uscito all’aperto, intervistato da una reporter locale, ha affermato di non curarsi più del peso e delle conseguenze delle proprie azioni.

Shane ha affermato di aver scattato le foto per rassicurare parenti e amici che erano preoccupati sulle sue condizioni fisiche e, interrogato sul dispositivo utilizzato, ha ironicamente ammesso che “Probabilmente un cellulare è stato coinvolto nell’atto”. Come fosse passato ai controlli sia in prigione sia soprattutto sulla via verso il tribunale e ritorno rimane un mistero. Ma è come spiare sotto gli angoli di una pagina: ci sono migliaia di casi simili, che rimangono all’oscuro.

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