DDL Zan: così è stata affossata la legge contro l’omotransfobia

La destra esulta e applaude accompagnando con cori da stadio il risultato della votazione che sancisce lo stop all’iter parlamentare del Ddl Zan in Senato. Il disegno di legge contro l’omotransfobia, che era passato alla Camera lo scorso novembre, è stato vittima della ”tagliola” voluta da Lega e Fratelli d’Italia. Ma cosa è e cosa succederà ora al testo presentato dal deputato Zan?

Cos’è la tagliola che ha fermato il DDL Zan

La ”tagliola” che ha di fatto fermato il DDL Zan è una procedura parlamentare prevista dal regolamento del Senato all’articolo 96, che permette di non passare all’esame degli articoli di un disegno di legge, dopo richiesta espressa da un senatore.

La domanda è dunque stata fatta da Lega e Fratelli d’Italia con l’aggiunta del voto segreto richiesto dai senatori Roberto Calderoli e Ignazio La Russa. La presidente di Palazzo Madama Elisabetta Casellati l’ha accolta, e nel segreto della votazione i cosiddetti ‘franchi tiratori’ hanno potuto bloccare l’iter del disegno di legge. Infatti la votazione si è conclusa con 154 voti favorevoli a fronte di 131 contrari (2 gli astenuti).

Chi ha votato la tagliola?

La delusione di Pd, M5S e Leu si è contrapposta all’esaltazione del centrodestra che ha esultato dopo l’affossamento di un testo su cui si sono dati battaglia per mesi senza trovare un’intesa. Obiettivamente è difficile capire chi ha votato contro, il Pd pensava di poter contare su 145 voti, da contrapporre ai 140 del centrodestra. Dopo la votazione si è capito che decine di senatori hanno votato con il centrodestra per far scattare la ”tagliola”.

Il voto segreto sul DDL Zan ha alimentato sospetti sui possibili franchi tiratori anche all’interno dei singoli partiti. Sono partite le accuse incrociate ma di fatto l’unico dato certo sono state le assenze al momento del voto. FdI era compattamente presente, nella Lega e nel Pd mancavano 2 Senatori, 3 in Forza Italia (con la senatrice Barbara Masini che ha votato in dissenso dal gruppo), 4 in Iv (compreso Matteo Renzi che si trovava in Arabia Saudita) e nel M5S, uno nel gruppo Per le Autonomie e 16 nel Misto.

Perché il disegno di legge è stato fermato?

Senato
Foto Getty Images | Franco Origlia

I punti critici del testo presentato da Alessandro Zan erano gli articoli 1, 4 e 7 della legge. Renzi e Salvini avevano proposto di cancellare l’espressione ‘identità di genere’, ed eliminare la richiesta sulla Giornata contro l’omofobia nelle scuole. La mediazione non è riuscita perché i due punti erano in sostanza determinanti per chi li ha scritti.

A caldo le parole dello stesso Alessando Zan esprimono tutta la sua amarezza: “È una pagina nera per la nostra democrazia e i diritti. Purtroppo una forza politica si è sfilata dalla maggioranza. FI si è compattata con la destra sovranista – aggiunge – per un gioco legato alla partita del Quirinale”.

Anche Bersani (Leu, ex PD) sostiene che le elezioni del presidente della Repubblica abbiano pesato in questa votazione: “È stata una prova generale per il quarto scrutinio per il Quirinale. È tempo che il campo progressista prenda piena coscienza della situazione”, ha concluso.

Cosa succederà adesso al DDL Zan?

In teoria il testo dovrebbe tornare in Commissione Giustizia, ma secondo regolamento non può restare lo stesso, dopo lo stop agli articoli. Dunque occorrerà lavorare ad un nuovo testo, che però non potrà essere trattato per almeno sei mesi dalla tagliola. Il nuovo testo depositato dovrà poi essere calendarizzato e passare al vaglio della Camera e del Senato, dunque di fatto il Ddl Zan non vedrà mai luce in questa legislatura.

Sono almeno 25 anni che l’Italia aspetta una legge che tuteli tutte le minoranze dalle violenze. Per Enrico Letta, le destre “hanno voluto fermare il futuro. Hanno voluto riportare l’Italia indietro – scrive su Twitter il segretario dem -. Sì, oggi hanno vinto loro e i loro inguacchi, al Senato. Ma il Paese è da un’altra parte. E presto si vedrà”.

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