Dario Fo era tifoso dell’Inter: le sue critiche al calcio

Giuseppe Meazza

Per quale squadra tifava Dario Fo? Il compianto premio Nobel per la letteratura 1997 non era molto appassionato di sport, ma in un’intervista del 2014 concessa al Corriere dello Sport raccontava che “Ero tifoso dell’Inter di Meazza, ma ho smesso di seguire da vicino questo sport quando sono iniziate le manfrine e lo si usava per fare politica. Certe cose non mi piacciono. Adesso mi appassiono soprattutto per la Nazionale che spero torni ad essere vincente come nel 2006″. Insomma, una preferenza per i colori nerazzurri che è però non è proseguita a lungo e che ha perso completamente ogni senso nell’ultimo periodo in cui il calcio è stato sommerso da scandali e episodi da dimenticare.

Dario Fo è scomparso oggi all’età di 90 anni e l’Italia intera (ma anche al di fuori) gli rende omaggio. Anche il mondo dello sport fa sentire la propria voce con tweet e comunicati ufficiali. Non da parte di Inter e Milan ossia le due squadre del capoluogo lombardo, che il poliedrico artista non ha mai fatto mistero di seguire. Certo, l’Inter era la sua preferita, ma anche le vittorie dei rossoneri erano ben apprezzate dall’autore di Mistero Buffo. Non aveva però mai parlato ampiamente di calcio ed è nell’intervista del 2014 al Corriere dello Sport che Fo si lasciava un po’ andare a esternazioni sportive, naturalmente incentrate sugli avvenimenti dell’epoca.

E così affermava: “Nerazzurri e Milan non sono più i club di una volta, Thohir vede l’Inter come un affare. Berlusconi? È finito“. La denuncia di un lento e ineluttabile declino che oggi sta proseguendo nella sua corsa verso un baratro sempre più profondo e oscuro. “Lo sport è lo specchio della società e in questo caso della città – aveva dichiarato – Io fingo di non interessarmene ma in realtà il calcio un po’ lo seguo e non posso non accorgermi che si sono perse la chiarezza, la pulizia e l’esempio che Milano ha dato per anni“. Ma qual era il male che affliggeva questo mondo? “Sfoglio i giornali e leggo solo di ‘business’, di ‘progetti’, di giocatori da comprare e vendere come se il mondo del pallone fosse diventato il mercato degli Obej Obej. Prima le due società milanesi non erano così“.

Non le mandava certo a dire all’allora presidente neroazzurro Thohir: “Pensate che si senta a casa a Milano? Che abbia dentro lo spirito milanese? Oppure credete che sia venuto qua perché considera l’Inter un affare? Purtroppo non c’è più la dimensione greca dello sport, la voglia di confrontarsi che avevano tutte le Polis. Gli anni sono passati e i valori sono diversi“. Altrettanto ovviamente non era dolce con la controparte, Berlusconi: “Si sbatte per farsi considerare, ma in realtà è finito. La gente è stanca di parlare di lui e lo ha cancellato. Se uno calpesta Milano, la città ti può anche far credere che lo accetta, ma al momento giusto la dignità dei milanesi viene a galla e il conto da pagare arriva“. Dopo due anni, la frase “In realtà mi sembra che Inter e Milan in questo momento tirino a campare. Non sono più i due club che erano l’orgoglio della nazione per come facevano crescere e diventare campioni i ragazzi del loro vivaio. Adesso se c’è da concludere un affare, anche a Milano si vende chiunque” suona ancora terribilmente attuale.

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