Corruzione in Italia: danneggiate anche le imprese che pagano le tangenti

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«Le imprese che, anziché investire nella ricerca e quindi far crescere la propria impresa, mettendosi in competizione con il mondo, hanno preferito investire in tangenti hanno portato l’Italia al disastro in cui siamo finiti oggi, sul baratro». Lo denuncia senza troppi giri di parole la Senatrice Lucrezia Ricchiuti nella nostra esclusiva video-intervista.

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E la denuncia della Senatrice Ricchiuti, che è voluta entrare a far parte della Commissione Parlamentare Antimafia «perché vuole il rispetto delle regole anche nel suo paese, dove non sono mai state rispettate», è complicata ma tristemente pericolosa.

Le aziende che, per aggiudicarsi le gare d’appalto e quindi assicurarsi un guadagno immediato, hanno investito fondi per corrompere, hanno dovuto necessariamente ridurre o addirittura azzerare completamente gli investimenti per la ricerca, perché ovviamente parte del loro capitale era già stato impiegato.

Questo, però, ha provocato una sostanziale stanzialità delle imprese italiane che, non investendo nella ricerca, non si sono evolute, aggiornate e messe al passo con i tempi e quindi si sono fatte vincere dalla concorrenza delle aziende straniere.

La corruzione, quindi, non solo ha danneggiato le imprese italiane che non hanno voluto o potuto prendere parte al fenomeno corruttivo e che quindi sono state escluse dagli affari fino a dover ridimensionarsi o addirittura chiudere, ma alla lunga anche quelle che si sono dimostrate disponibili a pagare le tangenti. L’aver speso i fondi di cui disponevano per la corruzione invece che per altri investimenti, come la ricerca, li ha infatti indebolite.

«La corruzione – ha concluso l’onorevole Ricchiuti – è lo strumento principe delle mafie: la violenza infatti è visibile e quindi soprattutto al Nord la si utilizza raramente, mentre la corruzione è invisibile e permette di arrivare fino agli angoli dello Stato. La corruzione è il polmone delle mafie e quindi chi si fa corrompere o corrompe sta facendo il male dell’Italia, degli italiani e delle future generazioni».

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