Coppia dell’acido, la forza di Stefano Savi: ‘Non li odio, spero che restino in carcere’ – L’intervista a Le Iene

Stefano Savi in tribunale

Stefano Savi è una delle vittime della cosiddetta coppia dell’acido, Martina Levato e Alexander Boettcher, condannati in primo grado per i due procedimenti a loro carico rispettivamente a 30 e 37 anni di reclusione. Nell’intervista rilasciata a Le Iene, andata in onda giovedì 7 aprile 2016, Stefano Savi si racconta a Nadia Toffa: dalla notte dell’aggressione all’incontro in tribunale con Boettcher, passando per le lente e dolorose cure che deve affrontare, senza perdere la speranza. L’obiettivo di Savi è uno solo e lo dichiara subito: riprendere in mano la sua vita.

Nei tredici di minuti di intervista concessa a Le Iene, Stefano Savi ripercorre senza indugi il percorso che ha dovuto intraprendere, suo malgrado, dalla folle notte dell’aggressione.

I fatti: la notte del 2 novembre 2014 sta rientrando a casa dopo aver trascorso la serata al Divina, una discoteca milanese; a pochi passi dall’ingresso, viene colpito al volto dall’acido. Non vede il suo aggressore, che pochi secondi dopo scappa. Lo incontrerà mesi dopo in un’aula di tribunale. I loro sguardi si incroceranno, ma Alexander Boettcher risulterà impassibile. E’ d’uopo sottolineare che Savi non era l’obiettivo: per uno strano scherzo del destino, è stato confuso con il prescelto da sacrificare, Giuliano Carparelli, ‘colpevole’ di aver avuto un breve flirt con Martina Levato e per questo destinato ad essere punito, ad essere sfregiato.

Quando Nadia Toffa chiede a Stefano Savi cosa ha provato quando ha visto Alexander, questi risponde: ‘imbarazzo’. ‘Hai provato rancore?’, chiede la Iena. Domanda lecita, plausibile, prevedibile. La risposta, però, non lo è altrettanto: ‘Un po’ di rabbia sicuramente sì perché mi hanno rovinato, però l’odio non fa parte di me; la rabbia sì, però penso al mio, l’importante è che siano in carcere’.

Stefano Savi Le Iene

Nelle parole di Stefano è racchiusa tutta la speranza che solo chi attraversa l’inferno e ha la fortuna di salvarsi può comprendere. Un inferno fatto di tanta sofferenza, ma anche speranza e determinazione a non perdere l’equilibrio e riprendere in mano la propria quotidianità. Col tempo l’aggressione esce dalla tua vita, non te ne curi più, anche se speri che il responsabile sconti tutta la sua pena senza riduzione alcuna.

C’è da imparare da Stefano Savi, vittima di un sadico scherzo del destino, che lo ha messo a dura prova.

Rilasciare un’intervista in televisione e mostrare il proprio volto offeso, sfregiato, cancellato, è segno di grande forza. Scegliere di utilizzare parole incisive, ma prive di sentimenti negativi, è segno di grande umanità, nonostante tutto, dove ‘nonostante’ sottende un insieme di eventi di non poco conto: aver dovuto dire addio alla propria immagine, doversi sottoporre a cure dolorose e trattamenti continui, dover indossare una maschera di silicone per quindici ore al giorno.

Rilasciare un’intervista in televisione e non gridare vendetta, inoltre, è un grande atto di coraggio: mostrare il risultato di un’azione efferata, assurda, illogica e dire a gran voce ‘hanno sbagliato, ma non mi interessa, vado avanti con la mia vita’, è la ricompensa peggiore che un criminale possa ricevere; come a dire: ‘dovrò prendere confidenza con il mio nuovo volto, ma sono sempre io. Tu, invece, marcirai in galera’.

La tv dovrebbe proporre più spesso racconti-verità: interpellare le vittime reali e mostrarle senza filtri. Il telespettatore, quindi l’opinione pubblica, deve abituarsi a conoscere gli effetti e le conseguenze di determinate azioni, affinché elabori un pensiero univoco, non soggetto a interpretazione.

Tra le tante riflessioni fatte da Stefano Savi, ne spicca una, ovvero la risposta alla domanda di Nadia Toffa ‘Quanto è importante che (Martina Levato e Alexander Boettcher, ndr) stiano in galera?’: ‘E’ importante, però per me è più importante curarmi‘.

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