Come sono andate le partite della 21esima giornata di Serie A

La 21esima giornata (infinita) della Serie A si è conclusa oggi con la vittoria della Juventus di Massimiliano Allegri contro la Salernitana, uno scontro diretto, come lo ha definito il tecnico livornese prima della gara. Ma il secondo turno del girone di ritorno è stato importante per almeno altri due motivi: l’Inter ha superato di misura il Milan nel derby della Madonnina, mandando ancora di più in crisi i “cugini” che neanche con la nuova difesa a tre sono riusciti ad avere la meglio, e il Napoli ha stravinto anche contro lo Spezia, dimostrando ancora una volta che non ce n’è per nessuno.

Lautaro Inzaghi
Lautaro Martinez, autore del gol vittoria per l’Inter, e il suo allenatore, Simone Inzaghi, che festeggiano il derby vinto contro il Milan – Nanopress.it

Nelle zone alte della classifica, l’obiettivo terzo posto della Lazio è sfumato nella serata del Bentegodi, a causa del primo gol con la maglia dell’Hellas Verona di Cyril Ngonge, appena arrivato dal Groningen. Di questo, ne ha tratto beneficio soprattutto la Roma, che ha battuto l’Empoli e si è portata alle spalle della squadra di Simone Inzaghi. Male, invece, l’Atalanta che in nove è stata battuta da un Sassuolo ritrovato. La Cremonese non ha saputo rispondere presente alla vittoria dell’Olimpico in Coppa Italia ed è caduta contro il Lecce, mentre la Sampdoria ha subito la beffa di un rigore concesso quasi a tempo scaduto al Monza e non è riuscita a portare a casa i tre punti, in compenso si è sbloccata segnando due gol con Manolo Gabbiadini.

Serie A, il derby di Milano va all’Inter. Napoli sempre più primo

La 21esima giornata della Serie A ci ha regalato due certezze: un Milan in crisi di risultati che, nel primo tempo del derby contro l’Inter, non è riuscito a fare neanche un tiro in porta, e anche nella ripresa è andato pochissimo volte vicino al pareggio, e un Napoli che ha ulteriormente ipotecato il primo posto in solitaria battendo uno Spezia che, comunque, gli ha dato del filo da torcere, almeno nella prima parte della partita. In realtà, però, ci sono anche altre conferme: la lotta per la Champions League e per l’Europa in generale, esattamente come quella per la salvezza, è piuttosto affollato, e servirà mettercela tutta per non finire in cadetteria, in tutti i sensi.

CREMONESE-LECCE 0-2 – La gara che ha aperto le danze del secondo turno (infinito) del nostro massimo campionato è stata quella tra la Cremonese di Davide Ballardini, che in settimana si era qualificata alle semifinali di Coppa Italia battendo la Roma allo stadio Olimpico, e il Lecce di Marco Baroni, che lontano dal Via del mare ha sempre raccolto poco e nulla. Ecco, con questi presupposti ci si aspettava che fossero i padroni di casa, ancora a zero vittorie dal ritorno in Serie A, ad avere la meglio, e invece no.

Dopo un primo tempo di studio, in cui nessuna delle due squadre punge l’altro, e in cui c’è da segnalare solo l’infortunio del centrocampista giallorosso Alexis Blin, e le proteste per un rigore, sempre per gli ospiti, non dato da Daniele Orsato, dopo un’ora di gioco la partita si sblocca con la terza rete in campionato del difensore Federico Baschirotto, che stacca bene di testa sul cross di Morten Hjulmand e batte un incolpevole Marco Carnesecchi, il migliore in campo dei grigiorossi.

Il raddoppio del solito Gabriel Strefezza arriva poco più di dieci minuti dopo, che raccoglie l’assist di Joan Gonzales, e dal limite dell’area lancia un missile che finisce dritto dritto sotto il sette, mettendo ancora una volta il numero 12 della Cremonese nella posizione di non poter neanche pensare di arrivarci, e parare. Mancano ancora venti minuti più recupero (che sarà di cinque minuti) e ci si aspetta una reazione da parte della squadra che lotta per non retrocedere, una reazione che, però, non arriva neanche con la cattiveria e sancisce la tredicesima sconfitta per gli uomini di Ballardini, chiamato al miracolo dopo l’esonero di Massimiliano Alvini.

In compenso, però, gli avversari confermano di non voler essere solo una comparsa nel massimo campionato e si assicurano di dormire sonni tranquilli (ma non troppo) fino alla fine della stagione: d’altronde mancano solo 17 punti per la quota salvezza, fissata a 40, che potrebbe ulteriormente abbassarsi considerato che dietro c’è un grande mischione e, pare, non si riesca ad andare oltre il pareggio. Poi, chissà, tutto può succedere, anche perché c’è ancora una sentenza che può arrivare, cambiando o lasciando tutto com’è.

ROMA-EMPOLI 2-0 – La Roma non può cullarsi sugli allori e per diversi motivi. È vero, la classifica non piange, anzi vede i giallorossi in piena corsa per la Champions League e lì al passo nel gruppo dietro al Napoli dei marziani. L’altalena di José Mourinho, però, non si è fermata e la piena dimostrazione è arrivata qualche giorno prima nel match più importante della stagione fino a questo momento o giù di lì. È vero, la Coppa Italia non è lo scudetto, ma un accesso alla semifinale contro la Fiorentina avrebbe permesso ai campioni di Conference League di accedere più facilmente del previsto alla finale di un trofeo prestigioso. Invece, contro una Cremonese ultima in classifica in Serie A, è arrivata una sconfitta che fa rumore e che bisogna subito riscattare per non finire nuovamente in un turbinio di delusioni, spirali negative e chi più ne ha più ne metta. Poi a turbare l’ambiente ci sono anche i casi Rick Karsdorp e Nicolò Zaniolo. Il primo è stato esposto in pubblica piazza dopo l’alterco con Mourinho, il secondo è ormai un separato in casa per sua volontà. Un caso, si può dire, gestito male da entrambe le parti in causa e la cui soluzione ha ben ricamata sopra la bandiera turca, nonostante la tragedia delle ultime ore che non ha comunque bloccato i milioni e il calciomercato.

In tutto ciò, c’è una sfida all’Empoli che non può essere sottovalutata per il valore degli avversari, dimostrato anche nella partita di San Siro contro l’Inter. I giovani e baldanzosi toscani non fanno sconti e vanno a caccia di gioie, quasi fosse un’ossessione per riscattarsi dalla noia di metà classifica. Un purgatorio che è comunque meglio dell’inferno della zona retrocessione. E comunque, pronti via, la Roma il suo marchio alla partita lo imprime subito. Bastano solo due minuti a Roger Ibanez per sbloccare l’incontro, ovviamente su assist di Paulo Dybala, la cosa migliore per distacco di questa squadra.

Ibanez Abraham Smalling
Roger Ibanez, Tammy Abraham e Chris Smalling che festeggiano il gol dell’inglese contro l’Empoli – Nanopress.it

Al sesto minuto è già tempo di raddoppio: ci pensa Tammy Abraham stavolta ad andare in cielo, sempre su cross della Joya, e ampliare il distacco dagli avversari. Insomma, basta veramente poco tempo alla Roma per mettere la partita sui binari giusti e farlo attraverso i pezzi forti del repertorio che combaciano esattamente con le debolezze degli ospiti: la fisicità e i calci piazzati. L’altra buona notizia è che il centravanti inglese ex Chelsea sembra finalmente quello del finale della scorsa stagione, capace di segnare con continuità e sbagliare il giusto sotto porta. Un valore aggiunto non da poco nello spezzone di stagione rimasto che è ancora ampio e prevede anche diversi impegni europei (spera Mourinho).

Il primo tempo se ne va così, senza troppi spunti di reazione e con un Empoli che difficilmente riesce a mettere in crisi Rui Patricio e la difesa arcigna e abbottonata della squadra della Capitale. Nella ripresa gli ospiti tentano anche di mischiare le carte per fare più male in attacco, ma serve a poco. La partita è nella direzione che piace ai giallorossi: coprirsi le spalle e poi ripartire in contropiede con gli spazi larghi lasciati da una squadra che ha bisogno di attaccare. In realtà, non succedono più tante cose, se non l’ennesima dimostrazione che Guglielmo Vicario è veramente un portiere affidabile e un talento che difficilmente non approderà in una big di qui a poco. Il suo triplo intervento (soprattutto quello su Abraham) è per palati fini, per chi ama l’arte dei guantoni e dei tuffi per proteggere la porta. Il Bayern Monaco ne sa qualcosa e potrebbe portarselo via a breve se non ci penseranno le big nostrane. Comunque la Roma vola in classifica con otto punti in più rispetto a un anno fa. Un bel modo di dimenticare la Coppa Italia per concentrarsi sul presente e anche per non rimpiangere uno Zaniolo che poteva essere, ma non è mai stato.

SASSUOLO-ATALANTA 1-0 – Sassuolo-Atalanta è la partita del divertimento da un po’ di anni a questa parte. Parliamo di due squadre che gongolano sulla loro forza, sul loro calcio offensivo, a volte con un pragmatismo d’altri tempi, altre specchiandosi nella fierezza di chi gioca un calcio spregiudicato e non potrebbe fare altrimenti. I moduli sono diversi, ma quella voglia di andare uomo contro uomo, attaccare gli spazi, recuperare subito la palla per far male e innescare la forza offensiva degli uni o degli altri è comune. Per questo dalla sfida del Mapei ci si aspetta che i pop corn escano direttamente dalla tv, ma in realtà non va esattamente così.

I neroverdi vogliono dare continuità alla clamorosa vittoria contro il Milan e con un Domenico Berardi così è lecito crederci. L’Atalanta, invece, deve dare prova di esserci sempre e una vittoria in trasferta su un campo complicato potrebbe dare l’iniezione di fiducia per tenere il passo in un momento decisivo della stagione. A dire il vero, lo spettacolo si trasforma in una partita decisamente diversa: l’agonismo c’è, i ritmi alti e la corsa pure, ma anche un nervosismo generale che aumenta con il passare dei minuti. Ne sa qualcosa Joakim Maehle che viene espulso già nel primo tempo con rosso diretto per un fallaccio in scivolata.

A questo punto, i padroni di casa prendono il sopravvento sul campo e fanno girare orizzontalmente il pallone, in modo da trovare impreparati gli avversari. Il colpo di genio che sblocca la partita a inizio secondo tempo è di Armand Lauriente. L’esterno d’attacco punta la porta avversaria, salta un paio di avversari e poi dalla media distanza fa partire un destro incrociato che gonfia la rete. Uno a zero e palla al centro, anche l’ennesimo copione tattico da recitare nella partita per l’Atalanta. A questo punto, Gian Piero Gasperini sbilancia la squadra mettendo in campo Duvan Zapata e Mario Pasalic, poi anche Luis Muriel.

Il Sassuolo non forza la mano in contropiede, ma i nerazzurri non hanno neanche i risultati sperati. Solo una buona dose di nervosismo, quella del colombiano ex Lecce e Udinese che viene espulso nei minuti finali del match. I bergamaschi si fermano sul più bello e con due rossi sventolati sulla testa dei diretti interessati, ma sono ancora in piena corsa Champions. Nuove certezze, invece, per il Sassuolo alla seconda vittoria illustre consecutiva e con lo spettro della retrocessione che è ormai solo un lontano incubo da lasciare in dote ad altri.

SPEZIA-NAPOLI 0-3 – Il menù di domenica all’ora di pranzo prevede un Napoli che non ha alcuna intenzione di fermarsi e che pensa partita dopo partita per non guardare al distacco abissale dalle altre e non sentirsi lo scudetto già in bacheca o cucito sul petto. I partenopei, però, hanno di fronte uno Spezia che non può essere affatto sottovalutato, perché è vero che ha tante assenze ed è vero che gli ultimi risultati non sono quelli sperati, ma comunque è una squadra coraggiosa, ben messa in campo e che se lasciata libera di giocare sa come fare male.

Di contro, la capolista ha il sangue che pulsa forte nelle vene e le gambe non tremano per l’altezza, anche per via di un gioco spettacolare e cinico, di quelli che fanno sempre gli undici che man mano Luciano Spalletti sceglie dei marziani, prima ancora che gli omini in tv con la playstation accesa. Il primo tempo, però, non è semplice come ci si potrebbe aspettare rispetto ai valori in campo. I bianconeri partono con aggressività, cercano di chiudere ogni spazio a loro disposizione e si fanno vedere anche nella metà campo avversaria cercando di sorprendere un Napoli ordinato a centrocampo, ma un po’ distratto in fase difensiva. La prima frazione di gioco se ne va un po’ così con l’incertezza delle sorprese e la caparbietà di chi non molla, ma anche con la sicurezza che le cose migliori debbano ancora succedere.

Osimhen
Victor Osimhen, sempre più il capocannoniere della Serie A e autore di una doppietta contro lo Spezia – Nanopress.it

L’equilibrio, però, si spezza già all’alba del secondo tempo quando una follia di Arkadiusz Reca spiana la strada al Napoli. Il difensore concede un calcio di rigore evitabile che Khvicha Kvaratskhelia non sbaglia. Lo 0-1 apre i cancelli a una partita a senso unico e in cui l’attacco del Napoli spicca ancora una volta. Lo show, tanto per cambiare, è di Victor Osimhen. Il nigeriano e capocannoniere del campionato al 68esimo firma il raddoppio, pochi minuti dopo su assist del solito Kvara fa anche tris. Una meraviglia e la scuola di bomber in diretta visione, a dispetto delle inefficienze targate DAZN e Tim. L’ex Lille ha una falcata impressionante, va in cielo a prenderla di testa, fa salire la squadra e conclude con una continuità spaventosa: su questo campionato c’è il suo marchio indelebile e probabilmente sarà suo lo scettro di miglior punta centrale. Spalletti fa anche qualche cambio, inserisce forze fresche, ma la musica non cambia per sua fortuna: il Napoli vola in testa alla classifica e guarda con estrema serenità al derby di Milano. Comunque sia, i partenopei restano saldamente al comando e sanno di dover fare la corsa solo sui propri record.

TORINO-UDINESE 1-0 – Torino e Udinese si affrontano nel girone dei tranquilli, ma non apatici che Dante non ha inventato, però è una consuetudine per le squadre nella fascia centrale della classifica e che non hanno più tantissimo da chiedersi, se non la serenità fino a fine stagione e chissà un abbagli d’Europa a dare qualche motivazione in più. Parliamo anche delle due squadre che forse hanno operato di più e meglio nell’ultimo calciomercato con colpi intelligenti in entrata, ma anche con delle uscite importanti (quest’ultima vale più per i granata). Insomma, la partita non promette grosse sorprese, ma tanta fisicità e ritmo che sono i cavalli di battaglia di due squadre che amano spezzare il gioco degli avversari e poi ripartire sugli esterni. In attacco poi c’è da fare i conti con i difetti di entrambe, acuiti dal fatto di giocare a specchio con un 3-5-2 che non lascia molto spazio alla fantasia. Da un lato c’è la lunga assenza di Gerard Deulofeu che è finito sotto i ferri e ha costretto la dirigenza a correre ai ripari tesserano un Florian Thauvin che non sarà quello dei tempi migliori, ma ha comunque tanta qualità e fiuto per il gol. Dall’altra un Antonio Sanabria che è in ottima forma, ma che non garantisce ancora quelle reti necessarie per essere considerato decisivo in un campionato come quello di Serie A.

Ivan Juric, però, toglie dal cilindro anche un talento per lunghi tratti dimenticato. Questa è la partita di Yann Karamoh, il francese dalla velocità fulminante che molti da ragazzino paragonavano a Kylian Mbappé, ma che poi con la crescita si è perso per strada, anche perché all’Inter non ha sfondato. Il primo tempo, intanto, regala diverse occasioni da una parte e dall’altra, senza troppo divertimento, ma lasciando una buona dose di incertezza su quale sarà l’esito finale del match. A inizio ripresa, poi, ci pensa proprio Karamoh a sbloccare il risultato: l’attaccante si inserisce bene alle spalle della difesa e sfrutta un cross dalla destra per inserirsi con una zampata di mancino che non lascia scampo a Marco Silvestri. L’1-0 costringe l’Udinese a spingersi in attacco e c’è anche l’esordio di Thauvin per tentare di riportare la partita sui binari giusti. Il francese dà anche quel brio che serve, ma senza incidere sul tabellino. Esattamente come le altre occasioni di un Udinese che sbatte puntualmente sulla difesa avversaria, anche quando sembra metterla sui binari giusti per scardinarla. Vittoria importante e di misura per il Torino che scopre nuove certezze e fa un balzo in avanti in classifica. I friulani, invece, si leccano le ferite ma senza drammatizzare che la squadra c’è e darà fastidio a tutti fino alla fine.

FIORENTINA-BOLOGNA 1-2 – Alle 18, prima del derby vero e proprio, va in scena quello dell’Appenino tra una Fiorentina, qualificata sì alle semifinali di Coppa Italia, ma anche non brillante in campionato, e un Bologna che con Thiago Motta si è ritrovato ed è in corsa per un posto in Europa, visto e considerato che la Juventus si è messa da sola i bastoni tra le ruota, o meglio lo ha fatto la Corte d’appello federale per lei.

Partono subito meglio gli ospiti che ci provano con Lewis Ferguson, lo stacco di testa su corner, però, non va a buon fine perché Pietro Terracciano è attento e neutralizza il pericolo. Nell’azione che potrebbe portare i rossoblù in vantaggio, gli uomini di Vincenzo Italiano commettono un fallo che da prima l’arbitro della gara, Luca Pairetto, non vede, ma che, poi, dopo il consulto del Var, diventa un rigore che, al 14esimo, porta avanti, e per davvero, i felsinei con Riccardo Orsolini. I Viola non si perdono d’animo e dopo cinque minuti trovano il pareggio con un altro Riccardo, stavolta Saponara, che approfitta di una ribattuta di Łukasz Skorupski e mette il piede prima di tutti per battere il portiere del Bologna.

La partita si fa quindi più interessante, e ci vuole la migliore versione del numero 28 polacco per sventare gli attacchi della Fiorentina, soprattutto di Luka Jovic, che, alla ripresa, viene subito beffata dal secondo gol di fila del difensore austriaco, Stefan Posch, che riesce a bucare ancora la porta dei padroni di casa con un colpo di testa su un calcio d’angolo dell’autore della prima rete rossoblù. Ci vuole ancora Skorupski per evitare il pareggio della Viola, anche se l’occasione per aumentare il gap è ancora tra i piedi di Orsolini che, dopo una bella ripartenza della squadra dell’italo brasiliano, viene murato dalla difesa viola.

Nicolas Gonzales, che aveva segnato il gol del pareggio all’Olimpico contro la Lazio, ha l’occasione di bissare poco più tardi approfittando di una mischia in area del Bologna che, ancora, non va a buon fine. Sono le sliding door del match che condanna i padroni di casa a una situazione di classifica comoda, sì, ma non di certo entusiasmante, perché l’Europa è sempre più lontana, pure quel settimo posto che l’anno scorso è valso la qualificazione in Conference League, sempre più vicina, invece, per la squadra di Motta che ora può sognare per davvero – e il fatto di non essere oberata dagli impegni è un aspetto da non sottovalutare.

INTER-MILAN 1-0 – Il derby non ha bisogno di tante presentazioni, è semplicemente una partita a sé con tutto ciò che lo riguarda e per un contorno che è pura magia calcistica, invidiata e celebrata in tutto il mondo. All’ombra della Madonnina, però, stavolta si sfidano squadre diverse e in un momento ben diverso rispetto al maggio scorso che ha permesso ai rossoneri di salire sul tetto d’Italia e dei pullman, ma anche di far partire gli sfottò e le celebrazioni (goliardiche e inopportune) verso i cugini sulla carta più attrezzati. Sembra passata una vita, ma sono solo pochi mesi. Ora l’Inter vola sulle ali delle sue matrici di gioco impostate da Antonio Conte e proseguite da Simone Inzaghi. Vola soprattutto con la spinta di un Lautaro Martinez che dopo il Mondiale è sbocciato del tutto, imponendosi come uno dei migliori attaccanti d’Europa: un calciatore completo in grado di seminare gli avversari, creare la superiorità numerica, vincere duelli e segnare pure tanto.

Il Milan, invece, le sue certezze le ha perse quasi tutte, a partire da una difesa sempre più traballanti. E non è solo colpa di Ciprian Tatarusanu, spesso messo sul patibolo come perfetto capro espiatorio anche dai suoi stessi compagni, ma di dinamiche di gioco che non funziona proprio più. In aggiunta a questo, c’è da sottolineare i periodi neri di Theo Hernandez e Olivier Giroud, due che dal Mondiale sono tornati con le pile scariche, e quello nerissimo di Rafael Leao. Non è solo per il rinnovo di contratto che non ha ancora visto la sua fumata bianca, ma il portoghese sta avendo un rendimento ben inferiore alle attese da qualche settimana a questa parte. Non conclude, non è decisivo, segna poco o nulla e Stefano Pioli l’ha pure panchinato ed era successo anche contro il Sassuolo. A proposito del tecnico campione d’Italia, beh lui viene sommerso di critiche già prima della partita, dato che decide di schierare un attento 3-5-2 contro la maestra di questo stile di gioco, relegandosi a una partita difensiva e lasciando fuori proprio l’ex Lille, il contropiedista della squadra.

Giroud
Olivier Giroud durante la partita tra Inter e Milan – Nanopress.it

Insomma, un quadro vecchio e fatto male che sconfessa i principi di gioco che per anni ha cercato di infondere al Milan. Scelte che proprio non vanno giù, non solo ai tifosi ma in generale a chi ama il calcio in tutte le sue sfaccettature, ma da cui l’allenatore non ha intenzione di fare retromarcia neanche nelle prossime partite.

Tornando a noi e al calcio vero, quello sul campo, una volta spesi i Wow per le coreografie stupende di entrambe le curve si entra nel vivo di una partita a senso unico. L’Inter attacca, tiene il baricentro alto, spezza i raddoppi difensivi del Milan e non subisce praticamente mai gli attacchi avversari. Crea anche tanto, ma manca un po’ di cinismo negli ultimi trenta metri per sbloccare subito la gara. Di sicuro meglio dei rossoneri, rinunciatari e inconsistenti, pure spaventati dai tanti gol presi nelle ultime uscite e da un assetto tattico che non sembra proprio calzare a pennello agli uomini di Pioli. Alla fine l’Inter trova il vantaggio già nel primo tempo: Hakan Calhanoglu batte l’ennesimo calcio d’angolo tagliato e Lautaro Martinez di testa anticipa tutti battendo Tatarusanu. Uno a zero e la sensazione che si più che giusto per i valori espressi in campo. La Beneamata, però, non cambia gli intenti del suo gioco: semplicemente continua ad attaccare con qualità, forza e coraggio, concedendosi anche delle sortite rischiose con i suoi braccetti di difesa e con i centrocampisti. Il Milan chiude il primo tempo senza neanche un tiro in porta verso la porta di André Onana e con zero occasioni create. Numeri che fanno male, ma che non sorprendono per l’atteggiamento in campo del Diavolo.

Nel secondo tempo ci si attende una reazione, ma non è tanto di più. Entra anche Leao e Pioli man mano cerca di inserire più attaccanti possibile per pareggiare la partita. Ad andare più vicino al gol, però, è ancora l’Inter che intanto regala Romelu Lukaku al match e il belga ripaga con una prestazione consistente e in crescita rispetto alle ultime uscite. L’ex Anderlecht sfiora anche il gol in almeno due occasioni, ma Tatarusanu stavolta è bravo a respingere in calcio d’angolo. La partita si spegne così, con un 1-0 che poteva essere ancora più largo e con la sensazione che il Milan non sia affatto vicino a uscire dalla crisi di gioco e risultati, anche con un 3-5-2 che proprio non pare funzionare per questi giocatori. L’Inter, invece, vola al secondo posto in solitaria in classifica che non sarà scudetto, ma non è affatto male se si considerano le difficoltà di inizio anno e un calciomercato che non è stato così abbondante. Anche perché le coppe stanno regalando ben più soddisfazioni e non di poco conto.

VERONA-LAZIO 1-1 – La Lazio affronta il Verona con la consapevolezza della grande squadra, ma anche di chi deve trovare ancora la continuità auspicata. I biancocelesti, infatti, dopo la roboante e storica vittoria contro il Milan si sono un po’ fermati e per diversi motivi. L’attacco sembra un po’ stanco e Ciro Immobile non è ancora tornato ai livelli delle ultime stagioni dopo l’ennesimo infortunio che ha condizionato il suo stato di forma e forse anche le gerarchie nell’attacco di Maurizio Sarri. In ogni caso, è veramente difficile criticare una squadra come quella biancoceleste che con mezzi inferiori sul calciomercato ha trovato degli acquisti giovani e furbi e un assetto tattico tra i più convincenti della Serie A.

Immobile Hien
Ciro Immobile e Isak Hien in un’azione di Verona-Lazio – Nanopress.it

Di contro, però, c’è un Verona che ora vuole credere nella salvezza dopo l’arrivo di Marco Zaffaroni in panchina che ha portato nuova grinta, maggiori motivazioni e dato una quadratura diversa alla squadra. Il match si configura, dunque, come una partita divertente, ma anche una di quelle che nessuna delle due può perdere per restare aggrappati ai principali obiettivi stagionali.

L’inizio è segnato da una partenza forte da parte dei veneti. Un avvio scatenato nel segno di Cyril Ngogne: l’attaccante si mette tra le linee e crea spesso il panico nella difesa avversaria. In generale, il Verona sembra più aggressivo sul pallone, riesce a conquistare con maggiore veemenza il pallone e anche ad attaccare in maniera corale e più convinta. La Lazio perde troppi contrasti e lascia spesso lo spazio ai gialloblù tra le linee, una novità rispetto alle consuete prestazioni. Josh Doig ha anche ben presto l’occasione per firmare il gol del vantaggio, ma la fallisce clamorosamente a porta praticamente vuota dopo una respinta corta di Ivan Provedel.

Gli attacchi del Verona alla lunga non vengono premiati, anzi alla fine del primo tempo arriva anche la beffa che poi ha le sembianze di una magia. Pedro Rodriguez si gira in un fazzoletto e mette all’angolo un tiro stupendo che non lascia scampo ai padroni di casa. L’inizio di secondo tempo, però, vede un dominio in piena regola dei veneti che viene subito concretizzato. La difesa della Lazio è distratta su calcio piazzato e Ngonge punisce per il suo primo gol in Serie A e l’1-1 sul tabellino. Con il tempo cala il pressing degli uomini di Zaffaroni ed emergono le qualità della Lazio. Ci provano soprattutto Mattia Zaccagni e il subentrato Felipe Anderson, ma non c’è nulla da fare: il Verona si salva e porta a casa un punto importante per la classifica. I biancocelesti si fermano ancora, ma non è un grave danno nella corsa alla Champions League.

MONZA-SAMPDORIA 2-2 – La Sampdoria scende in campo all’U-Power Stadium, o al Brianteo per gli amici, sapendo già che i gialloblu di Zaffaroni hanno fallito l’appuntamento di allungare in classifica e con l’obiettivo di racimolare punti utili anche sullo Spezia, un’impresa non da poco considerato che di fronte si ritrova la squadra che ha battuto la Juventus, e per due volte, e che ha fermato anche l’Inter, in casa. Eppure non ci pensano, o meglio, non sono intimoriti tanto che sono loro, al 12esimo, con Manolo Gabbiadini ad aprire le marcature, mettendo fine anche a un digiuno che durava dalla sfida vinta contro il Sassuolo del 4 gennaio.

L’attaccante ex Napoli, infatti, è abilissimo a fiondarsi sul cross di Sam Lammers in area e sbloccare la partita contro il Monza, che risponde, però, venti minuti dopo con Andrea Petagna, buttato nella mischia da Raffaele Palladino dal primo minuto per la gara contro i blucerchiati. L’ex Spal, uno dei migliori in campo dei brianzoli, riceve palla da Carlos Augusto in area, si gira e fa perno su se stesso prima di mettere ko Emil Audero che fino a quel momento aveva retto la baracca per la squadra di Dejan Stankovic.

Il primo tempo finisce così, con poche altre occasioni sia da una parte, sia dall’altra. Nella ripresa, però, si vede che la Sampdoria ha molta più fame: una sventagliata dell’autore del momentaneo 0-1 arriva a Tommaso Augello che angola troppo e fa finire la palla di poco a lato della porta difesa da Michele Di Gregorio. È ancora il centrocampista doriano a mettersi in mostra, stavolta evitando il sorpasso della squadra di Silvio Berlusconi che poteva arrivare da Dany Mota.

Gli ospiti sono in fiducia, e da un cross del subentrato Nicola Murru nasce il gol del raddoppio: perché il portiere del Monza riesce a compiere un miracolo sul colpo di testa di Mehdi Pascal Marcel Leris, ma non può nulla sul tap-in di Gabbiadini, ancora. È il 58esimo, e gli uomini di Palladino ci provano solo un’altra volta ad affacciarsi nell’area degli avversari, e ci arrivano quasi a tempo scaduto. Da una palla lanciata dal capitano Matteo Pessina nasce l’azione che porta al rigore per i padroni di casa, che lo stesso ex Atalanta trasforma mandando in frantumi i sogni di gloria dei blucerchiati, che si portano a Genova solo un punto, che di fatto serve a poco. A qualcosa in più, però, serve al Monza, a meno quattro lunghezze da un posto che significa Conference League, e un traguardo inimmaginabile quando ancora c’era Giovanni Stroppa a guidarli.

SALERNITANA-JUVENTUS 0-2 – La Juventus arriva al match contro la Salernitana con molti cerotti e poche certezze. Infatti, è inutile negarlo, il campo sta lasciando spazio alle dinamiche giudiziarie che, a stagione in corso, fanno ancora più rumore soprattutto se si tratta di un -15 che ha ricadute dirette per l’esito finale del campionato. Nelle ultime sfide le cose non sono andate affatto bene neanche sul terreno di gioco, dato che il Monza ha sbancato l’Allianz Stadium e ancor prima l’Atalanta ha bloccato la Vecchia Signora sul punteggio di 3-3. Nel giro di pochi giorni, anche Massimiliano Allegri ha ridimensionato gli obiettivi e non di poco: il tecnico ha parlato addirittura di corsa per la salvezza che rispetto al sogno in Europa è sicuramente una diminutio non indifferente.

Vlahovic
Dusan Vlahovic esulta dopo il gol alla Salernitana – Nanopress.it

Una reazione contro la Salernitana, dunque, è d’obbligo per dimostrare di essere ancora vivi e di crederci davvero a un posizionamento importante, nonostante tutto. Per farlo la Vecchia Signora non può contare ancora su Paul Pogba, ma il ritorno dal primo minuto di Dusan Vlahovic dopo mesi di pubalgia, stop e ripartenze lente è sicuramente la notizia migliore per una squadra che ha bisogno di gol e di peso offensivo, anche di scrollarsi di dosso un eccessivo difensivismo che ha portato diversi punti, ma ha anche ricevuto molte critiche e inibito qualsiasi progetto tattico definito e moderno. Al giro di boa i bianconeri hanno veramente poco da salvare, dunque, solo gettarsi a capofitto sul campo e sulle partite per evitare di pensare a quello che sarà.

Di contro, c’è una squadra come la Salernitana che ha avuto degli alti e bassi, ma che comunque occupa una posizione di classifica piuttosto tranquilla a differenza di altre che, invece, sono affondate in un girone d’andata frenetico e pieno di insidie. Fin da inizio partita, la Juventus impone una mentalità e una qualità diversa riuscendo ben presto a controllare il gioco, senza subire il gioco dei campani. Al 26esimo i frutti vengono raccolti: Hans Nicolussi Caviglia fa fallo da rigore e Dusan Vlahovic trasforma senza problemi il penalty del vantaggio. Al 37esimo il serbo, in netta crescita rispetto alle ultime uscite, si rende protagonista di un grande assolo in area di rigore, ma stavolta non trova il gol. La Juventus, però, non dà respiro alla Salernitana e continua ad attaccare. Al 45esimo arriva anche il raddoppio con Filip Kostic, autore di una bellissima rete. Le due squadre vanno a riposo sul 2-0 per gli ospiti e la sensazione che la partita abbia veramente ben poche altre sorprese da regalare.

Al 47esimo la musica riprende sulla stessa melodia e ancora con uno scatenato Vlahovic. Il centravanti serbo dopo solo due minuti da inizio ripresa sfrutta l’assist di Nicolò Fagioli e centra il tris. I bianconeri gestiscono il pallone e fanno passare i minuti tentando di vanificare gli attacchi dei padroni di casa. Neanche i cambi offensivi di Davide Nicola risollevano una situazione ormai compromessa. La Juventus torna alla vittoria e lo fa nel momento più importante, proprio quando i tre punti erano vitali per regalarsi una speranza e con i gol del suo uomo migliore.

La classifica dopo la 21esima giornata, la Juventus respira. Samp, Verona e Cremonese no

NAPOLI 56

INTER 43

ROMA 40

LAZIO 39

ATALANTA, MILAN 38

TORINO 30

UDINESE, BOLOGNA 29

MONZA, *JUVENTUS, EMPOLI 26

FIORENTINA 24

LECCE, SASSUOLO 23

SALERNITANA 21

SPEZIA 18

VERONA 14

SAMPDORIA 10

CREMONESE 8

*15 PUNTI DI PENALIZZAZIONE

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