Ciclismo, l’imbecillità degli spettatori non tifosi

Quanto vale un selfie con il ciclista in arrivo alle spalle o una foto del gruppo lanciato ai 65km/h in volata? Nel caso vale anche una frattura scomposta all’omero, ovviamente non per lo pseudofotografo quanto per un innocente corridore che stava sprintando – e parliamo di Daniele Colli, non uno qualsiasi – e una sublussazione per la maglia rosa Alberto Contador. L’ennesimo caso di imbecillità ha purtroppo colpito il Giro d’Italia 2015 con uno spettatore, perché chiamarlo tifoso non è corretto, che ha scatenato una caduta di massa a poche centinaia di metri dal traguardo di Castiglione della Pescaia.

Premessa: gli imbecilli sono sempre esistiti, ci sono casi documentati di cadute di corridori causate dal pubblico anche nella preistoria del ciclismo perché purtroppo o per fortuna questo è uno sport senza barriere, con gli atleti che ti passano a pochi centrimetri. E così, ben prima dell’avvento delle fotocamere analogiche, poi digitali, poi dei cellulari e ancora dei tablet, aste per selfie, ecc… già si potevano annoverare incidenti spaventosi dovuti alla distrazione di uno spettatore o, al contrario, alla stupidità di non rendersi conto che un contatto può generare un disastro immane. Con la tecnologia moderna, tutto questo è aumentato in modo esagerato.

E così, se sulle salite è tutto una pacca sulle spalle (provate voi a pedalare al 10-15% dopo anche 200km con qualcuno che ti colpisce ripetutamente sulla schiena) e cretini che corrono a fianco dei corridori, urlando nelle orecchie, gettando secchiate d’acqua e – in generale – cercando di mostrarsi alla telecamera, nelle volate tutto questo raggiunge il livello di tentato omicidio. Già, perché nelle volate si va anche a 70km/h e i ciclisti hanno solo la protezione del casco: una caduta può essere inevitabilmente fatale e, quasi sempre, genera un effetto domino che può coinvolgere anche centinaia di partecipanti. A Castiglione della Pescaia, un deficiente si è sporto dalle transenne con il suo lungo obiettivo senza nemmeno provare a controllare di quanto era proiettato nel percorso.

Così Daniele Colli, che aveva iniziato lo sprint, ha avuto appena il tempo di alzare la testa, vedere l’obiettivo, abbassarsi alla disperata e centrare in pieno col braccio sinistro la fotocamera che – nel frattempo – si era anche lei abbassata. Un urto spaventoso che l’ha catapultato a terra e ha fatto rotolare almeno una ventina di altri corridori, tra i quali la maglia rosa Alberto Contador (dal lato opposto della strada) che ora soffre di una sublussazione alla spalla. Colli è un ragazzo sfortunatissimo, che in passato ha vinto la battaglia contro il tumore e ha dovuto superare brutti infortuni.

Ma da ragazzo spettacolare qual è si è subito messo a sorridere posando per l’obiettivo (e mandando affa) per rassicurare i tifosi e per confermare che nemmeno questa sfortuna lo abbatterà. Cosa sarebbe capitato se la fotocamera l’avesse colpito in testa? Saremmo qui a raccontare tutt’altro, inutile negarlo. L’appello è sempre il solito: basta con questi selfie e foto che tanto vengono uno schifo perché non siete fotografi professionisti e, se lo siete e agite in questo modo, non avete imparato l’etica del lavoro. Ma poi che etica? È questione di buon senso, per una decina di mi piace su Facebook piuttosto state a casa, ci vuole rispetto per questi ragazzi.

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