Chinatown in Italia, i cinesi proibiscono ai cristiani di pregare

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Nella parrocchia della comunità cinese di Prato, i dipendenti cristiani delle aziende tessili possono ritenersi fortunati: a loro viene concesso il “lusso” di potersi recare in chiesa per pregare, nonostante i datori di lavoro siano buddisti. Per tutti gli altri, purtroppo, non è possibile e di domenica lavorano come sempre. A celebrare la messa in cinese nella festa comandata è Paolo Hui, che racconta del duro lavoro da 18 ore giornaliere svolto dagli impiegati nei “pronto moda” e delle pretese dei proprietari, aggiungendo che farà rapporto a Sua Santità per tale mancanza di rispetto nei confronti dei cristiani.

Nella cultura orientale il riposo non è previsto: «Chi viene a Prato lo fa per mettere da parte i soldi e tornare a casa, se gli fai notare che non è cristiano lavorare dall’alba a notte fonda, e anzi è disumano, ribatte che allora tanto valeva non partire», spiega padre Francesco Bellato, torinese residente da anni in Toscana.

Papa Bergoglio è proprio da Prato che comincerà la visita fiorentina, meta scelta «perché qui si incontrano i problemi della società multietnica e multireligiosa, dell’accoglienza e dell’integrazione, insomma della periferia esistenziale», secondo quanto riportato dal vescovo Franco Agostinelli.

E’ infatti a Prato la più grande comunità cinese d’Italia: oltre 30 mila membri fra censiti e clandestini, tanto che c’è voluto un accordo fra la vigilanza della Lince e la Questura con 150 aziende di moda per salvaguardare i dipendenti, che sono soliti aggirarsi per le strade della città con i guadagni addosso e sono spesso oggetto di aggressioni: «Quando un malvivente dell’alta Toscana ha bisogno di soldi viene a Prato, aggredisce un cinese e si rifornisce di contante», spiega il coordinatore del progetto Francesco Rossi.

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