Chi sono le donne curde, combattenti coraggiose che si oppongono all’Isis

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Chi sono le donne curde, combattenti coraggiose che si oppongono all’Isis? Sono il volto semi-sconosciuto del mondo islamico, che ha scelto di schierarsi contro l’oppressione del terrorismo fondamentalista islamico. I media occidentali hanno parlato di queste donne che hanno scelto di imbracciare le armi contro uno dei nemici più forti di questi tempi, ma forse non lo hanno fatto con la stessa enfasi con cui mostrano costantemente il lato più violento dell’Islam, i messaggi di minaccia dell’Isis e i suoi video di decapitazione. Le donne curde sono portatrici sane di un messaggio di pace e democrazia, in una terra che da troppo tempo è travolta dal sangue e dalla violenza.

Le donne curde, ogni giorno della loro vita, imbracciano il kalashnikov per lottare contro l’oppressione dei regimi e dei vecchi modelli feudali e patriarcali. Sono ben coscienti che sia sbagliato uccidere, tuttavia non hanno altra alternativa. E badate bene, sono contro i regimi del mondo islamico, non contro l’Islam inteso come religione: sostengono infatti che non si tratti affatto di una religione oppressiva e misogina, del resto la linea folle e violenta dell’Isis, non ha nulla a che vedere con la religione di Allah. 

L’obiettivo finale delle combattenti curde non si limita tuttavia alla sconfitta dei regimi fondamentalisti e delle orde di terroristi dell’Isis, loro hanno l’ambizione di ricostruire una società nuova, che volga al recupero delle radici culturali, da troppo sopite sotto il manto soffocante della realtà odierna. 

Si tratta di donne degne di medaglie al valore: hanno scelto di non rimanere imprigionate nelle briglie di una sistema che ha annullato la libertà civile e in particolare quella delle donne, hanno deciso di diventare protagoniste del cambiamento. Si sono armate fino ai denti per garantire la sicurezza propria e dei propri cittadini, gettando nel contempo le basi per costruire una nuova società democratica, basata sull’eguaglianza effettiva tra i generi.

LE DONNE CURDE E I CURDI 
Le donne curde appartengono all’Ypg, un’organizzazione creata per garantire l’autonomia del Kurdistan siriano sia dinanzi al regime di Assad che ai tagliagole dell’Isis e simili, come ad esempio Al Nousra. La loro battaglia ha avuto inizio nel settembre del 2014, quando l’Isis lanciò un’offensiva totale contro Kobane: in quel momento i membri delle Unità femminili di protezione e una milizia curda maschile indipendente decisero di schierarsi contro l’avanzata degli estremisti islamici. 

I curdi che combattono lo Stato Islamico sono un gruppo piuttosto eterogeneo di militanti che hanno messo da parte le loro diversità politiche per unirsi contro il nemico comune, ovvero l’Isis. Nella regione autonoma del Kurdistan iracheno, accanto alle forze governative del PDK, ci sono quelle dell’UPK, l’Unione Patriottica del Kurdistan, e anche gli uomini del PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan. Secondo quanto dichiarato dalla Nbc, un terzo dei combattenti delle Unità di protezione curde sono donne: se ne contano circa 10mila. La maggioranza di loro è single e viene sottoposta ad allenamenti fisici durissimi: possono dormire al massimo sei ore e si alzano all’alba per i turni di sorveglianza. Hanno abbandonato tutta la loro vita per sostenere la causa del popolo curdo.

LA VITTORIA DI KOBANE 
Kobane, città situata al nord della Siria, è stata per lungo tempo sotto il controllo dell’Isis. Dopo diversi mesi di battaglie e resistenza, la città è stata liberata: l’organizzazione terrorista ha ammesso la sconfitta. Tra le macerie è stata posta una fotografia di Abdulá Ocalan, il fondatore del movimento indipendentista curdo. Un simbolo di speranza per le donne: Ocalan infatti, ha combattuto contro l’infibulazione nel Kurdistan iracheno, dove ancora si pratica la mutilazione dei genitali femminili.

TESTIMONIANZE DI DONNE CURDE 
Hasrad è una ragazza curda, orgogliosa di lottare contro il terrorismo: ‘Contro uomini che stuprano e vendono donne. Saremmo capaci di suicidarci per evitare di essere schiave. Qui non sono libera, ma lotto e resisto per esserlo’. Secondo Berman, una combattente curda di 28 anni, l’80% della vittoria di Kobane è stata possibile grazie alle donne. In un reportage della Bbc, la ventenne Pervin Agri, ha raccontato: ‘Prima di Kobane la gente non credeva nelle donne. Pensavano che fossimo inutili nella guerra contro Isis. Invece vincendo abbiamo dimostrato che non è così. Le donne lottano e proteggono. Le donne daranno vita ad una nuova generazione a Rojava (Kurdistan siriano)’.

Le donne curde sono il simbolo della forza, la dimostrazione che con l’ardore della speranza si può arrivare molto lontano.

‘GULISTAN, LAND OF ROSES’ 
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E proprio delle combattenti curde del Pkk (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) parla il lungometraggio ‘Gulîstan, Land of Roses’ di Zaynê Akyol, in concorso al Milano Film Festival. Non è affatto un film di guerra, è un documentario sulla lotta alla libertà, dove chi combatte per ottenerla ha i capelli lunghi raccolti in una coda ordinata. Sono vere e proprie donne soldato che si avventurano con coraggio e temerarietà in scontri feroci e sanguinari, come se sotto quelle divise ci fossero degli uomini. C’è solo un’unica differenza: quando le combattenti curde perdono una battaglia, preferiscono scegliere la morte piuttosto che finire nelle mani dell’Isis, dove conoscerebbero l’inferno della violenza e della tortura, operata per mano di fondamentalisti, ai quali verrebbero vendute come schiave.

La regista segue le donne curde in ogni attimo della giornata e dalle loro vite non emerge alcuna forma di fanatismo, niente a che vedere con i kamikaze che si fanno esplodere in preda ad attimi di follia ‘religiosa’. Le combattenti del PKK sono guerriere dal cuore d’oro, che scelgono di abbandonare la propria vita per salvare quella di tutte le donne. Nei loro occhi non si scorge vendetta, bensì voglia di libertà.

‘Gulîstan, Land of Roses’ è senza dubbio un film potente, che lascia lo spettatore attonito, a tratti confuso. Guardarlo dovrebbe essere obbligatorio, tutti dovrebbero conoscere la forza di queste donne.

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