Cesare Battisti arrestato ed estradato in Italia, il figlio di una vittima: “Provo gioia per mio padre”

Dopo una lunga latitanza, Cesare Battisti è in Italia dove è stato estradato a seguito del suo arresto in Bolivia avvenuto il 12 gennaio. L’operazione, portata a termine dopo la fuga dell’ex terrorista dei Pac dal Brasile in collaborazione tra la Polizia italiana e quella boliviana, ha permesso di scrivere la parola fine su una delle pagine più nere della recente storia nostrana. Condannato all’ergastolo per 4 omicidi, l’ex terrorista rosso è ora atteso in Italia dove sconterà l’ergastolo, probabilmente a Rebibbia, come ha fatto sapere il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. Secondo quanto confermato dal Guardasigilli, Battisti sarà trasferito subito nel carcere romano nel circuito di alta sicurezza riservato ai terroristi dove lo attendono anche sei mesi di isolamento diurno. Nel frattempo, ha parlato il figlio di una delle vittime, Adriano Sabbadin, il cui padre Lino viene ucciso dai Pac: “Non provo odio, solo gioia per mio padre”.

L’arresto del terrorista rosso è avvenuto in un mutato clima politico internazionale, come ha chiarito anche il procuratore generale di Milano Roberto Alfonso e il suo sostituto, Antonio Lamanna, che hanno curato le indagini. L’elezione di Jair Bolsonaro in Brasile ha infatti accelerato un processo che era già in corso da tempo e che i governi brasiliani precedenti avevano invece ostacolato.

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La stessa risposta del figlio del neo presidente gialloverde al ministro Salvini aveva lasciato intravedere una soluzione al caso Battisti.

“La pacchia è finita”, ha scritto in una lettera inviata a Leggo lo stesso Salvini. “L’abbiamo preso. E ora dovrà marcire in galera. Cesare Battisti non è un perseguitato o un semplice scrittore di romanzetti: è un terrorista comunista. Un assassino. Un codardo”, si legge nella lettera in cui il ministro punta il dito anche contro “donne e uomini di sinistra, presunti intellettuali, vip e politici” che negli anni lo hanno “protetto e coccolato”.

Il figlio della vittima: “Perdono? Non ancora”

Adriano Sabbadin mostra una foto del padre Lino, ucciso dall’ex terrorista Cesare Battisti, arrestato ieri in Bolivia dopo trent’anni di latitanza, nel corso di una rapina compiuta dal Battisti e due complici il 16 febbraio 1979 a Santa Maria di Sala (VE), 13 gennaio 2019. ANSA/ANDREA MEROLA

“Ho aspettato questo momento per 40 anni. Adesso speriamo che sia la volta buona, anche se la strada è ancora lunga”. Sono queste le prime parole rilasciate alla stampa da Adriano Sabbadin. Il padre Lino, macellaio di Santa Maria di Sala, in provincia di Venezia, fu trucidato da terroristi dei Pac di Battisti il 16 febbraio 1979 perché due mesi prima aveva ucciso un ladro durante una rapina.

“Non provo né odio né vendetta, solo gioia per mio padre”, ha dichiarato al Messaggero. “Mi ha fatto piangere la mia bambina più piccola. Ha soltanto 8 anni, non ha mai conosciuto il nonno. Quando le ho detto che Battisti era stato arrestato, mi ha risposto: Finalmente, era ora. Non sono riuscito a trattenere le lacrime”.

Tra le tante dichiarazioni di politici arrivati in queste ore, Adriano ricorda con affetto quelle del presidente Sergio Mattarella con cui condivide il dolore di aver visto un familiare ucciso (ricordiamo che il fratello del Presidente, Piersanti Mattarella, fu assassinato dalla mafia).

“Bisogna vivere la stessa esperienza, per capire veramente cosa voglia dire. Per questo a Battisti augurerei di provare quello che abbiamo dovuto subire noi”.

“Il perdono? Questo è un tasto dolente”, conclude. “Bisogna vedere cosa fa Battisti. Per ora no, ma in futuro non lo escludo. Sono cattolico, credente, praticante. Per questo mi dispiace che nessun Papa, né Ratzinger prima né Francesco dopo, abbia mai risposto alla mia richiesta di incontro”.

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