Elezioni Roma, le regole per i candidati grillini: chi sgarra paga 150mila euro

Casaleggio

Gianroberto Casaleggio, guru del Movimento 5 Stelle, detta le regole ai candidati sindaci alle elezioni di Roma. Dieci ferree regole da rispettare per non finire fuori dal movimento e… sul lastrico. Già, perché chi sbaglia paga, e tanto: la punizione è una multa di 150mila euro. Avete letto bene: centocinquantamila euro. A rivelarlo è La stampa, entrata in possesso di un documento di tre pagine con il decalogo del grillino futuro sindaco o consigliere nella Capitale.

Il decalogo è stato fatto firmare ai candidati sindaci da Roberta Lombardi, leader del M5S a Roma. Questi gli articoli principali. Il 9b stabilisce che “il sindaco, ciascun assessore o consigliere assumono l’incarico etico di dimettersi qualora sia ritenuto inadempiente al presente codice (…) con decisione assunta da Beppe Grillo o Gianroberto Casaleggio o dagli iscritti M5S mediante consultazione online”. Il punto 7B stabilisce che “le proposte di nomina dei collaboratori dovranno preventivamente esser approvate dallo staff coordinato dai garanti del M5S” (Beppe Grillo e Casaleggio). Così come, sancisce il 4b, lo staff di comunicazione “sarà definito da Grillo e Casaleggio in termini di organizzazione, strumenti, scelta dei membri; dovranno coordinarsi col Gruppo comunicazione al Parlamento”. E ancora, decreta l’articolo 2b: “Le proposte di atti di alta amministrazione, e le questioni giuridicamente complesse verranno preventivamente sottoposte a parere tecnico legale a cura dello staff coordinato dai garanti del M5S”.

Questo il paragrafo clou, quella della multa: “Il candidato accetta la quantificazione del danno d’immagine che subirà il M5S nel caso di violazioni dallo stesso poste in essere alle regole contenute nel presente codice e si impegna pertanto al versamento dell’importo di 150mila euro, non appena gli sia notificata formale contestazione a cura dello staff coordinato da Beppe Grillo e Gianroberto”.

L’interpretazione della vicenda fatta dal quotidiano torinese è inquietante: “È un decalogo brutale ed eloquente politicamente, pur nella sua impugnabilità giuridica, perché commissaria di fatto il futuro candidato sindaco del M5S, e i consiglieri eletti, vincolandoli totalmente alla volontà, nell’ordine, di Casaleggio, del suo staff e del direttorio”. Scrive ancora La stampa: “Si capisce che gli eletti del M5S a Roma non avranno nessun potere decisionale, che ogni autonomia locale dei territori – tanto sbandierata fin dalla fondazione del Movimento – è disattesa, e soprattutto che al minimo dissenso dall’asse Casaleggio-direttorio saranno sanzionati con l’espulsione e una procedura di richiesta di danni per 150mila euro; persino l’eventuale sindaco non è immune da tali sanzioni. Immaginate una situazione del genere in una città come Roma e avrete dinanzi lo spettro del caos”.

E così i grillini tornano nel calderone delle polemiche, dopo la contestata decisione del voto al ddl Cirinnà. Il deputato grillino Alessandro Di Battista difende il decalogo e grida al complotto: “L’attacco al M5S continua. In un Paese dove arrestano un esponente del partito di governo al giorno il problema è sempre tutto quel che fa il M5S. Hanno distrutto ogni cosa, la sanità pubblica è allo sbando, ci tolgono il diritto al lavoro, alla casa, all’istruzione. Ma il dramma è un codice di comportamento a Roma che serve a far rispettare regole e programma”.

Una dei dissidenti espulsi dal movimento, la senatrice Serenella Fucksia, ora al gruppo Misto, spara a zero su Facebook: “Per sindaco di Roma meglio un uomo che come tale può sbagliare che un burattino etero-diretto. Dai grandi ideali per una democrazia più estesa e partecipata a una deriva più che autoritaria direi folle. Ma anche un po’ paracula. A chi andrebbero infatti gli introiti delle multe?”.

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