Bruxelles in stato di massima allerta: la testimonianza di un’italiana

Laura Bordin

Non so cosa stiano dicendo in Italia, ma a Bruxelles mi sento al sicuro”. A parlare con noi è Laura Bordin, giovane italiana che vive nella capitale belga da due anni, da quando si è trasferita per lavorare in una società che gestisce progetti legati al trasporto del gas in Europa, con i finanziamenti dell’Unione Europea. Qualcosa è cambiato dopo gli attacchi di Parigi. Il commando che ha seminato terrore e morte nella capitale francese era partito da Bruxelles, più precisamente da Molenbeek, quartiere ad alto tasso di immigrazione. Da giorni, tutta la città vive uno stato di tensione permanente, con il livello di allerta 4, il massimo grado previsto prima di un attentato. Abbiamo chiesto a Laura come si vive in questi giorni anche per avere un quadro più simile alla realtà: ecco cosa ci ha raccontato.

Al telefono Laura è tranquilla. Ci racconta che suo fratello, la sera prima, le aveva chiesto come faceva a uscire a cena con un’amica se c’era il coprifuoco, segno che non tutte le informazioni che arrivano da noi sono esatte. Su una cosa è certa. “Tutte le precauzioni che sono state prese d’obbligo perché c’è una persona potenzialmente pericolosa che sta girando forse ancora armata”, dice riferendosi a Salah Abdesalam, ricercato numero uno in tutto il Paese.

Personalmente non mi sento in pericolo. La città è controllata in ogni punto e credo che in questo momento sia la più sicura d’Europa” confessa. I momenti peggiori sembrano passati. Lo scorso weekend, ci conferma Laura, “era tutto chiuso, tutti gli eventi sono stati annullati, ci è stato consigliato di stare in casa ed evitare luoghi più affollati”. Non è stato un ordine da coprifuoco appunto: lei, per esempio, sabato è uscita, ma molti hanno preferito stare a casa.

È una cosa soggettiva: da due giorni in ufficio siamo in 5-6 su 35. Tutti gli altri lavorano da casa perché non vogliono uscire”, svela. “Sinceramente non vedo perché la vita non debba andare avanti in questo momento”.

I primi giorni di allerta sono stati diversi. “Sabato sera siamo usciti a mangiare una pizza in un ristorante che era aperto e le strade erano deserte. Tra l’altro la metro è chiusa quindi anche raggiungere alcuni luoghi è difficile”, racconta. La vita è ripresa pian piano. “Già lunedì, la gente è andata al lavoro, gli autobus funzionavano e la maggior parte dei bar, ristoranti e negozi erano aperti”.

La situazione sembra surreale a noi che, in Italia, siamo abituati a vivere le strade delle nostre città, ma per chi è di Bruxelles e come lei, lavora nella zona europea, non è una novità assoluta. “Dove lavoro ci sono sempre militari e Polizia. Sono abituata a vedere i soldati con il mitra o le camionette che mi passano di fianco. In questi giorni semplicemente ne ho viste di più: c’erano i cecchini sui tetti della Commissione, ma io personalmente non mi sento spaventata da questa situazione”.

Di certo, l’impatto emotivo per i fatti di Parigi, in Belgio è stato forte, ma lo è stato in tutti i Paesi europei. “Siamo scioccati per quello che è successo, sappiamo che potrebbe succedere anche qui, come in Italia o in altri Paesi purtroppo. Siamo moralmente colpiti, ma Bruxelles è sicura. Qui stiamo tutti bene”.

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