Aziende in crisi salvate dai dipendenti: in aumento i workers buyout

La Ora Acciaio, una delle aziende salvate

Workers buyout, quando le aziende in crisi vengono salvate dai dipendenti. Il fenomeno, sottolinea Euricse (l’istituto europeo di ricerca sull’impresa cooperativa e sociale) è in forte crescita in Italia. Emblema dei lavoratori che non vogliono rassegnarsi, mettono insieme le forze e riescono a salvare azienda e stipendio.

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Per workers buyout si intende l’acquisto di un’impresa da parte dei dipendenti. I lavoratori, attraverso risparmi, Tfr e indennità di mobilità, riescono ad acquistare un’azienda (o parte di essa) già fallita o sull’orlo del fallimento. Il fenomeno ha preso piede negli Stati Uniti ma dal 2008, colpa della crisi economica, si è diffuso anche in Italia. Tra 2007 e 2014, afferma Euricse, si è passati da 81 a 122 casi, con un aumento del 50%. Secondo il rapporto “Le imprese recuperate in Italia” stilato nel 2015, in Italia si sono registrati 252 casi di workers buyout dal 1979 a oggi. A fine 2014 le aziende salvate sono risultate 122.

Secondo l’istituto di ricerca il boom è dovuto all’aumento della disoccupazione, alla contrazione del settore manifatturiero e all’aumento delle aziende in chiusura rispetto a quelle nuove. Euricse racconta di “un buon tasso di sopravvivenza delle fabbriche recuperate”: la vita media di un workers buyout è di 13 anni, poco meno rispetto alla media delle imprese italiane dove non si è ricorso a questa pratica. A sostegno del workers buyout fondi dello Stato e del movimento cooperativo.

Ecco alcune aziende salvate. L’ultimo caso è quello della Ora Acciaio di Pomezia (Roma), che produce mobili per ufficio. Dopo aver conquistato nei decenni passati un posto importante nel mercato internazionale, a dicembre 2014 è fallita. Il 20 gennaio scorso l’azienda è ripartita grazie alla società cooperativa per azioni creata da venti dipendenti. 51 lavoratori hanno fatto rinascere a dicembre l’azienda siderurgica Italcables di Caivano (Napoli). In Friuli, nel 2014, la Ideal Standard di Orcenico (Pordenone), ditta produttrice di arredo da bagno, è stata chiusa dalla casa madre, che ha lasciato a spasso 400 dipendenti. A luglio cinquanta di loro ha fondato la cooperativa Ceramiche Ideal Scala: l’obiettivo è la riassunzione di 150 lavoratori entro il 2018. E ancora, la copisteria Zanardi di Padova è rinata con una cooperativa fondata da 24 ex lavoratori. L’azienda era entrata in liquidazione a febbraio di due anni fa: l’imprenditore che l’aveva fondata, Giorgio Zanardi, fu trovato impiccato.

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